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Sono 150 anni che la neuroscienze cercano la coscienza nel cervello e sono ancora al punto 0. Nulla assoluto. Una visione nuova - come quella di Faggin o Penrose - sono auspicabili e plausibili...

@@paolorosati5200 Anno zero

@@andrealongoni9746 Anno zero, se preferisci. Non si assolutamente come si possa tradurre simboli classici in coscienza. L'approccio emergentista ha dato come risultato il nulla assoluto. Una visione diversa è auspicabile. La soluzione potrebbe venire dai fisici piuttosto che dai neuroscienzati

@@paolorosati5200 la soluzione è Faggin

​@@paolorosati5200 esatto, e il motivo per il quale non sanno come fa ad "emergere" la coscienza è che, messa in questi termini, sarebbe un atto magico (visto che "emergere" è inteso come "si crea": persino il termine è quindi improprio; ciò che emerge esiste già). Riccardo Manzotti (che credo sia un filosofo della scienza più che uno scienziato come Faggin) è un altro che ha capito questo problema. Anche se non la mette su di un piano di fisica fondamentale (e parla un po' troppo di oggetti reali in senso classico), ha per lo meno capito che la coscienza è intrinseca all'universo, e che non è generata né localizzata nel cervello o nel corpo. Anzi: ha capito che non esiste la coscienza intesa come informazione presa da un esterno e duplocata da una interiorità, ma che coscienza ed esistenza sono la stessa cosa e che esteriorità ed interiorità sono una dualità fittizia. Quel che dice lui e quel che dice Faggin andrebbe integrato reciprocamente.