@@TheCyberDeaf Riguardo alla tua domanda, ritengo che ci siano delle differenze significative tra le sfide affrontate da uno psicoterapeuta italiano che lavora con pazienti di culture diverse e quelle affrontate nella psicoterapia con pazienti sordi. Quando si tratta di pazienti di culture diverse, le difficoltà principali risiedono nella barriera linguistica e nelle differenze culturali. Tuttavia, entrambi terapeuta e paziente utilizzano lo stesso canale di comunicazione verbale, sebbene con potenziali difficoltà di comprensione linguistica. Nel caso della psicoterapia con pazienti sordi, le sfide sono più profonde, poiché la modalità comunicativa è completamente diversa. Un terapeuta udente deve adattarsi a usare la lingua dei segni o altre forme di comunicazione visiva, il che richiede un adattamento significativo. Inoltre, un terapeuta sordo che lavora con un paziente sordo può comprendere meglio le esperienze vissute da una persona sorda, dato che condividono un contesto di vita simile. Questo elemento di condivisione esperienziale è qualcosa che un terapeuta udente potrebbe non essere in grado di offrire allo stesso livello. Quindi, mentre ci sono delle somiglianze nel bisogno di adattamento e comprensione culturale, la profondità delle sfide nella comunicazione e nella comprensione esperienziale è più marcata nel lavoro con pazienti sordi rispetto a quello con pazienti di altre culture.

Sono d'accordo in parte su quello che dici mauro. Perché 1) se è vero che un terapeuta sordo possa capire e empatizzare meglio con un paziente sordo non è detto che questa sia sempre una buona cosa, si potrebbe correre il rischio di essere troppo coinvolti, di dare per scontato certe cose ecc.. 2) portando questo discorso all'assurdo, allora solo una terapeuta donna può capire "veramente" una donna, solo un terapeuta uomo un uomo, solo un/una terapeuta padre o madre puo capire un padre o una madre, solo un terapeuta giapponese puo capire veramente un paziente giaponese e cosi via all'infinito. Io credo invece che il problema principale sia la barriera linguistica nel caso dei sordi segnanti. Il resto lo fa la relazione terapeutica, che si può instaurare con qualsiasi terapeuta, indipendente dal suo background.

@@davidetorchetti1534 Un terapeuta sordo può comprendere profondamente cosa significhi sentirsi isolato durante situazioni sociali, come ad esempio durante una discussione a tavola dove gli altri presenti non capiscono quando il paziente sordo cerca di comunicare. Questa esperienza personale può essere estremamente significativa nel facilitare una connessione empatica più autentica con il paziente sordo. Penso sia importante sottolineare come questa comprensione personale possa arricchire la relazione terapeutica, consentendo al terapeuta di offrire un supporto più mirato e empatico. Tuttavia, come hai giustamente evidenziato, è cruciale evitare di dare per scontate le esperienze del paziente o di diventare troppo coinvolto emotivamente. La capacità di comunicazione efficace e la costruzione di una relazione terapeutica solida restano fondamentali in ogni caso, indipendentemente dal background personale del terapeuta. L’obiettivo principale è sempre quello di lavorare insieme per affrontare le sfide specifiche del paziente, offrendo un sostegno che sia rispettoso e sensibile alle sue esigenze individuali. Grazie ancora per il tuo contributo prezioso a questa discussione. È un tema che merita attenzione e riflessione continua nel nostro lavoro.

Ciao,sono Angela.

Posso chiederti un argomento diverso stasera o martedì mattina?

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