INFERNO XIV Poi che la carità del natio loco mi strinse, raunai le fronde sparte e rende'le a colui, ch'era già fioco. 3 Indi venimmo al fine ove si parte lo secondo giron dal terzo, e dove si vede di giustizia orribil arte. 6 A ben manifestar le cose nove, dico che arrivammo ad una landa che dal suo letto ogne pianta rimove. 9 La dolorosa selva l'è ghirlanda intorno, come 'l fosso tristo ad essa; quivi fermammo i passi a randa a randa. 12 Lo spazzo era una rena arida e spessa, non d'altra foggia fatta che colei che fu da' piè di Caton già soppressa. 15 O vendetta di Dio, quanto tu dei esser temuta da ciascun che legge ciò che fu manifesto a li occhi mei! 18 D'anime nude vidi molte gregge che piangean tutte assai miseramente, e parea posta lor diversa legge. 21 Supin giacea in terra alcuna gente, alcuna si sedea tutta raccolta, e altra andava continüamente. 24 Quella che giva 'ntorno era più molta, e quella men che giacëa al tormento, ma più al duolo avea la lingua sciolta. 27 Sovra tutto 'l sabbion, d'un cader lento, piovean di foco dilatate falde, come di neve in alpe sanza vento. 30 Quali Alessandro in quelle parti calde d'Indïa vide sopra 'l süo stuolo fiamme cadere infino a terra salde, 33 per ch'ei provide a scalpitar lo suolo con le sue schiere, acciò che lo vapore mei si stingueva mentre ch'era solo: 36 tale scendeva l'etternale ardore; onde la rena s'accendea, com'esca sotto focile, a doppiar lo dolore. 39 Sanza riposo mai era la tresca de le misere mani, or quindi or quinci escotendo da sé l'arsura fresca. 42 I' cominciai: “Maestro, tu che vinci tutte le cose, fuor che ' demon duri ch'a l'intrar de la porta incontra uscinci, 45 chi è quel grande che non par che curi lo 'ncendio e giace dispettoso e torto, sì che la pioggia non par che 'l marturi?”. 48 E quel medesmo, che si fu accorto ch'io domandava il mio duca di lui, gridò: “Qual io fui vivo, tal son morto. 51 Se Giove stanchi 'l suo fabbro da cui crucciato prese la folgore aguta onde l'ultimo dì percosso fui; 54 o s'elli stanchi li altri a muta a muta in Mongibello a la focina negra, chiamando "Buon Vulcano, aiuta, aiuta!", 57 sì com'el fece a la pugna di Flegra, e me saetti con tutta sua forza: non ne potrebbe aver vendetta allegra”. 60 Allora il duca mio parlò di forza tanto, ch'i' non l'avea sì forte udito: “O Capaneo, in ciò che non s'ammorza 63 la tua superbia, se' tu più punito; nullo martiro, fuor che la tua rabbia, sarebbe al tuo furor dolor compito”. 66 Poi si rivolse a me con miglior labbia, dicendo: “Quei fu l'un d'i sette regi ch'assiser Tebe; ed ebbe e par ch'elli abbia 69 Dio in disdegno, e poco par che 'l pregi; ma, com'io dissi lui, li suoi dispetti sono al suo petto assai debiti fregi. 72 Or mi vien dietro, e guarda che non metti, ancor, li piedi ne la rena arsiccia; ma sempre al bosco tien li piedi stretti”. 75 Tacendo divenimmo là 've spiccia fuor de la selva un picciol fiumicello, lo cui rossore ancor mi raccapriccia. 78 Quale del Bulicame esce ruscello che parton poi tra lor le peccatrici, tal per la rena giù sen giva quello. 81 Lo fondo suo e ambo le pendici fatt'era 'n pietra, e ' margini dallato; per ch'io m'accorsi che 'l passo era lici. 84 “Tra tutto l'altro ch'i' t'ho dimostrato, poscia che noi intrammo per la porta lo cui sogliare a nessuno è negato, 87 cosa non fu da li tuoi occhi scorta notabile com'è 'l presente rio, che sovra sé tutte fiammelle ammorta”. 90 Queste parole fuor del duca mio; per ch'io 'l pregai che mi largisse 'l pasto di cui largito m'avëa il disio. 93 “In mezzo mar siede un paese guasto”, diss'elli allora, “che s'appella Creta, sotto 'l cui rege fu già 'l mondo casto. 96 Una montagna v'è che già fu lieta d'acqua e di fronde, che si chiamò Ida; or è diserta come cosa vieta. 99 Rëa la scelse già per cuna fida del suo figliuolo, e per celarlo meglio, quando piangea, vi facea far le grida. 102 Dentro dal monte sta dritto un gran veglio, che tien volte le spalle inver' Dammiata e Roma guarda come süo speglio. 105 La sua testa è di fin oro formata, e puro argento son le braccia e 'l petto, poi è di rame infino a la forcata; 108 da indi in giuso è tutto ferro eletto, salvo che 'l destro piede è terra cotta; e sta 'n su quel, più che 'n su l'altro, eretto. 111 Ciascuna parte, fuor che l'oro, è rotta d'una fessura che lagrime goccia, le quali, accolte, fóran quella grotta. 114 Lor corso in questa valle si diroccia; fanno Acheronte, Stige e Flegetonta; poi sen van giù per questa stretta doccia, 117 infin, là ove più non si dismonta, fanno Cocito; e qual sia quello stagno tu lo vedrai, però qui non si conta”. 120 E io a lui: “Se 'l presente rigagno si diriva così dal nostro mondo, perché ci appar pur a questo vivagno?”. 123 Ed elli a me: “Tu sai che 'l loco è tondo; e tutto che tu sie venuto molto, pur a sinistra, giù calando al fondo, 126 non se' ancor per tutto 'l cerchio vòlto; per che, se cosa n'apparisce nova, non de' addur maraviglia al tuo volto”. 129 E io ancor: “Maestro, ove si trova Flegetonta e Letè? ché de l'un taci, e l'altro di' che si fa d'esta piova”. 132 “In tutte tue question certo mi piaci”, rispuose, “ma 'l bollor de l'acqua rossa dovea ben solver l'una che tu faci. 135 Letè vedrai, ma fuor di questa fossa, là dove vanno l'anime a lavarsi quando la colpa pentuta è rimossa”. 138 Poi disse: “Omai è tempo da scostarsi dal bosco; fa che di retro a me vegne: li margini fan via, che non son arsi, 141 e sopra loro ogne vapor si spegne”. 142
@pensalettor11 күн бұрын
INFERNO XII Era lo loco ov'a scender la riva venimmo, alpestro e, per quel che v'er' anco, tal, ch'ogne vista ne sarebbe schiva. 3 Qual è quella ruina che nel fianco di qua da Trento l'Adice percosse, o per tremoto o per sostegno manco, 6 che da cima del monte, onde si mosse, al piano è sì la roccia discoscesa, ch'alcuna via darebbe a chi sù fosse: 9 cotal di quel burrato era la scesa; e 'n su la punta de la rotta lacca l'infamïa di Creti era distesa 12 che fu concetta ne la falsa vacca; e quando vide noi, sé stesso morse, sì come quei cui l'ira dentro fiacca. 15 Lo savio mio inver' lui gridò: “Forse tu credi che qui sia 'l duca d'Atene, che sù nel mondo la morte ti porse? 18 Pàrtiti, bestia, ché questi non vene ammaestrato da la tua sorella, ma vassi per veder le vostre pene”. 21 Qual è quel toro che si slaccia in quella c'ha ricevuto già 'l colpo mortale, che gir non sa, ma qua e là saltella, 24 vid'io lo Minotauro far cotale; e quello accorto gridò: “Corri al varco; mentre ch'e' 'nfuria, è buon che tu ti cale”. 27 Così prendemmo via giù per lo scarco di quelle pietre, che spesso moviensi sotto i miei piedi per lo novo carco. 30 Io gia pensando; e quei disse: “Tu pensi forse a questa ruina, ch'è guardata da quell'ira bestial ch'i' ora spensi. 33 Or vo' che sappi che l'altra fïata ch'i' discesi qua giù nel basso inferno, questa roccia non era ancor cascata. 36 Ma certo poco pria, se ben discerno, che venisse colui che la gran preda levò a Dite del cerchio superno, 39 da tutte parti l'alta valle feda tremò sì, ch'i' pensai che l'universo sentisse amor, per lo qual è chi creda 42 più volte il mondo in caòsso converso; e in quel punto questa vecchia roccia, qui e altrove, tal fece riverso. 45 Ma ficca li occhi a valle, ché s'approccia la riviera del sangue in la qual bolle qual che per vïolenza in altrui noccia”. 48 Oh cieca cupidigia e ira folle, che sì ci sproni ne la vita corta, e ne l'etterna poi sì mal c'immolle! 51 Io vidi un'ampia fossa in arco torta, come quella che tutto 'l piano abbraccia, secondo ch'avea detto la mia scorta; 54 e tra 'l piè de la ripa ed essa, in traccia corrien centauri, armati di saette, come solien nel mondo andare a caccia. 57 Veggendoci calar, ciascun ristette, e de la schiera tre si dipartiro con archi e asticciuole prima elette; 60 e l'un gridò da lungi: “A qual martiro venite voi che scendete la costa? Ditel costinci; se non, l'arco tiro”. 63 Lo mio maestro disse: “La risposta farem noi a Chirón costà di presso: mal fu la voglia tua sempre sì tosta”. 66 Poi mi tentò, e disse: “Quelli è Nesso, che morì per la bella Deianira, e fé di sé la vendetta elli stesso. 69 E quel di mezzo, ch'al petto si mira, è il gran Chirón, il qual nodrì Achille; quell'altro è Folo, che fu sì pien d'ira. 72 Dintorno al fosso vanno a mille a mille, saettando qual anima si svelle del sangue più che sua colpa sortille”. 75 Noi ci appressammo a quelle fiere isnelle: Chirón prese uno strale, e con la cocca fece la barba in dietro a le mascelle. 78 Quando s'ebbe scoperta la gran bocca, disse a' compagni: “Siete voi accorti che quel di retro move ciò ch'el tocca? 81 Così non soglion far li piè d'i morti”. E 'l mio buon duca, che già li er' al petto, dove le due nature son consorti, 84 rispuose: “Ben è vivo, e sì soletto mostrar li mi convien la valle buia; necessità 'l ci 'nduce, e non diletto. 87 Tal si partì da cantare alleluia che mi commise quest'officio novo: non è ladron, né io anima fuia. 90 Ma per quella virtù per cu' io movo li passi miei per sì selvaggia strada, danne un de' tuoi, a cui noi siamo a provo, 93 e che ne mostri là dove si guada, e che porti costui in su la groppa, ché non è spirto che per l'aere vada”. 96 Chirón si volse in su la destra poppa, e disse a Nesso: “Torna, e sì li guida, e fa cansar s'altra schiera v'intoppa”. 99 Or ci movemmo con la scorta fida lungo la proda del bollor vermiglio, dove i bolliti facieno alte strida. 102 Io vidi gente sotto infino al ciglio; e 'l gran centauro disse: “E' son tiranni che dier nel sangue e ne l'aver di piglio. 105 Quivi si piangon li spietati danni; quivi è Alessandro, e Dïonisio fero che fé Cicilia aver dolorosi anni. 108 E quella fronte c'ha 'l pel così nero, è Azzolino; e quell'altro ch'è biondo, è Opizzo da Esti, il qual per vero 111 fu spento dal figliastro sù nel mondo”. Allor mi volsi al poeta, e quei disse: “Questi ti sia or primo, e io secondo”. 114 Poco più oltre il centauro s'affisse sovr'una gente che 'nfino a la gola parea che di quel bulicame uscisse. 117 Mostrocci un'ombra da l'un canto sola, dicendo: “Colui fesse in grembo a Dio lo cor che 'n su Tamisi ancor si cola”. 120 Poi vidi gente che di fuor del rio tenean la testa e ancor tutto 'l casso; e di costoro assai riconobb'io. 123 Così a più a più si facea basso quel sangue, sì che cocea pur li piedi; e quindi fu del fosso il nostro passo. 126 “Sì come tu da questa parte vedi lo bulicame che sempre si scema”, disse 'l centauro, “voglio che tu credi 129 che da quest'altra a più a più giù prema lo fondo suo, infin ch'el si raggiunge ove la tirannia convien che gema. 132 La divina giustizia di qua punge quell'Attila che fu flagello in terra, e Pirro e Sesto; e in etterno munge 135 le lagrime, che col bollor diserra, a Rinier da Corneto, a Rinier Pazzo, che fecero a le strade tanta guerra”. 138 Poi si rivolse e ripassossi 'l guazzo. 139
@pensalettor21 күн бұрын
INFERNO XI In su l'estremità d'un'alta ripa che facevan gran pietre rotte in cerchio, venimmo sopra più crudele stipa; 3 e quivi, per l'orribile soperchio del puzzo che 'l profondo abisso gitta, ci raccostammo, in dietro, ad un coperchio 6 d'un grand'avello, ov'io vidi una scritta che dicea: 'Anastasio papa guardo, lo qual trasse Fotin de la via dritta'. 9 “Lo nostro scender conviene esser tardo, sì che s'ausi un poco in prima il senso al tristo fiato; e poi no i fia riguardo”. 12 Così 'l maestro; e io “Alcun compenso”, dissi lui, “trova che 'l tempo non passi perduto”. Ed elli: “Vedi ch'a ciò penso”. 15 “Figliuol mio, dentro da cotesti sassi”, cominciò poi a dir, “son tre cerchietti di grado in grado, come que' che lassi. 18 Tutti son pien di spirti maladetti; ma perché poi ti basti pur la vista, intendi come e perché son costretti. 21 D'ogne malizia, ch'odio in cielo acquista, ingiuria è 'l fine, ed ogne fin cotale o con forza o con frode altrui contrista. 24 Ma perché frode è de l'uom proprio male, più spiace a Dio; e però stan di sotto li frodolenti, e più dolor li assale. 27 Di vïolenti il primo cerchio è tutto; ma perché si fa forza a tre persone, in tre gironi è distinto e costrutto. 30 A Dio, a sé, al prossimo si pòne far forza, dico in loro e in lor cose, come udirai con aperta ragione. 33 Morte per forza e ferute dogliose nel prossimo si danno, e nel suo avere ruine, incendi e tollette dannose; 36 onde omicide e ciascun che mal fiere, guastatori e predon, tutti tormenta lo giron primo per diverse schiere. 39 Puote omo avere in sé man vïolenta e ne' suoi beni; e però nel secondo giron convien che sanza pro si penta 42 qualunque priva sé del vostro mondo, biscazza e fonde la sua facultade, e piange là dov'esser de' giocondo. 45 Puossi far forza ne la deïtade, col cor negando e bestemmiando quella, e spregiando natura e sua bontade; 48 e però lo minor giron suggella del segno suo e Soddoma e Caorsa e chi, spregiando Dio col cor, favella. 51 La frode, ond'ogne coscïenza è morsa, può l'omo usare in colui che 'n lui fida e in quel che fidanza non imborsa. 54 Questo modo di retro par ch'incida pur lo vinco d'amor che fa natura; onde nel cerchio secondo s'annida 57 ipocresia, lusinghe e chi affattura, falsità, ladroneccio e simonia, ruffian, baratti e simile lordura. 60 Per l'altro modo quell'amor s'oblia che fa natura, e quel ch'è poi aggiunto, di che la fede spezïal si cria; 63 onde nel cerchio minore, ov'è 'l punto de l'universo in su che Dite siede, qualunque trade in etterno è consunto”. 66 E io: “Maestro, assai chiara procede la tua ragione, e assai ben distingue questo baràtro e 'l popol ch'e' possiede. 69 Ma dimmi: quei de la palude pingue, che mena il vento, e che batte la pioggia, e che s'incontran con sì aspre lingue, 72 perché non dentro da la città roggia sono ei puniti, se Dio li ha in ira? e se non li ha, perché sono a tal foggia?”. 75 Ed elli a me “Perché tanto delira”, disse, “lo 'ngegno tuo da quel che sòle? o ver la mente dove altrove mira? 78 Non ti rimembra di quelle parole con le quai la tua Etica pertratta le tre disposizion che 'l ciel non vole, 81 incontenenza, malizia e la matta bestialitade? e come incontenenza men Dio offende e men biasimo accatta? 84 Se tu riguardi ben questa sentenza, e rechiti a la mente chi son quelli che sù di fuor sostegnon penitenza, 87 tu vedrai ben perché da questi felli sien dipartiti, e perché men crucciata la divina vendetta li martelli”. 90 “O sol che sani ogne vista turbata, tu mi contenti sì quando tu solvi, che, non men che saver, dubbiar m'aggrata. 93 Ancora in dietro un poco ti rivolvi”, diss'io, “là dove di' ch'usura offende la divina bontade, e 'l groppo solvi”. 96 “Filosofia”, mi disse, “a chi la 'ntende, nota, non pure in una sola parte, come natura lo suo corso prende 99 dal divino 'ntelletto e da sua arte; e se tu ben la tua Fisica note, tu troverai, non dopo molte carte, 102 che l'arte vostra quella, quanto pote, segue, come 'l maestro fa 'l discente; sì che vostr' arte a Dio quasi è nepote. 105 Da queste due, se tu ti rechi a mente lo Genesì dal principio, convene prender sua vita e avanzar la gente; 108 e perché l'usuriere altra via tene, per sé natura e per la sua seguace dispregia, poi ch'in altro pon la spene. 111 Ma seguimi oramai che 'l gir mi piace; ché i Pesci guizzan su per l'orizzonta, e 'l Carro tutto sovra 'l Coro giace, 114 e 'l balzo via là oltra si dismonta”. 115
@vivibattaglino2465Ай бұрын
Excelente convocatoria. Aprendimos y nos divertimos. Un lujo
@pensalettorАй бұрын
INFERNO IV Ruppemi l'alto sonno ne la testa un greve truono, sì ch'io mi riscossi come persona ch'è per forza desta; 3 e l'occhio riposato intorno mossi, dritto levato, e fiso riguardai per conoscer lo loco dov'io fossi. 6 Vero è che 'n su la proda mi trovai de la valle d'abisso dolorosa che 'ntrono accoglie d'infiniti guai. 9 Oscura e profonda era e nebulosa tanto che, per ficcar lo viso a fondo, io non vi discernea alcuna cosa. 12 “Or discendiam qua giù nel cieco mondo”, cominciò il poeta tutto smorto. “Io sarò primo, e tu sarai secondo”. 15 E io, che del color mi fui accorto, dissi: “Come verrò, se tu paventi che suoli al mio dubbiare esser conforto?”. 18 Ed elli a me: “L'angoscia de le genti che son qua giù, nel viso mi dipigne quella pietà che tu per tema senti. 21 Andiam, ché la via lunga ne sospigne”. Così si mise e così mi fé intrare nel primo cerchio che l'abisso cigne. 24 Quivi, secondo che per ascoltare, non avea pianto mai che di sospiri che l'aura etterna facevan tremare; 27 ciò avvenia di duol sanza martìri, ch'avean le turbe, ch'eran molte e grandi, d'infanti e di femmine e di viri. 30 Lo buon maestro a me: “Tu non dimandi che spiriti son questi che tu vedi? Or vo' che sappi, innanzi che più andi, 33 ch'ei non peccaro; e s'elli hanno mercedi, non basta, perché non ebber battesmo, ch'è porta de la fede che tu credi; 36 e s'e' furon dinanzi al cristianesmo, non adorar debitamente a Dio: e di questi cotai son io medesmo. 39 Per tai difetti, non per altro rio, semo perduti, e sol di tanto offesi che sanza speme vivemo in disio”. 42 Gran duol mi prese al cor quando lo 'ntesi, però che gente di molto valore conobbi che 'n quel limbo eran sospesi. 45 “Dimmi, maestro mio, dimmi, segnore”, comincia' io per volere esser certo di quella fede che vince ogne errore: 48 “uscicci mai alcuno, o per suo merto o per altrui, che poi fosse beato?”. E quei che 'ntese il mio parlar coverto, 51 rispuose: “Io era nuovo in questo stato, quando ci vidi venire un possente, con segno di vittoria coronato. 54 Trasseci l'ombra del primo parente, d'Abèl suo figlio e quella di Noè, di Moïsè legista e ubidente; 57 Abraàm patrïarca e Davìd re, Israèl con lo padre e co' suoi nati e con Rachele, per cui tanto fé, 60 e altri molti, e feceli beati. E vo' che sappi che, dinanzi ad essi, spiriti umani non eran salvati”. 63 Non lasciavam l'andar perch'ei dicessi, ma passavam la selva tuttavia, la selva, dico, di spiriti spessi. 66 Non era lunga ancor la nostra via di qua dal sonno, quand'io vidi un foco ch'emisperio di tenebre vincia. 69 Di lungi n'eravamo ancora un poco, ma non sì ch'io non discernessi in parte ch'orrevol gente possedea quel loco. 72 “O tu ch'onori scïenzïa e arte, questi chi son c'hanno cotanta onranza, che dal modo de li altri li diparte?”. 75 E quelli a me: “L'onrata nominanza che di lor suona sù ne la tua vita, grazïa acquista in ciel che sì li avanza”. 78 Intanto voce fu per me udita: “Onorate l'altissimo poeta; l'ombra sua torna, ch'era dipartita”. 81 Poi che la voce fu restata e queta, vidi quattro grand'ombre a noi venire: sembianz' avevan né trista né lieta. 84 Lo buon maestro cominciò a dire: “Mira colui con quella spada in mano, che vien dinanzi ai tre sì come sire: 87 quelli è Omero poeta sovrano; l'altro è Orazio satiro che vene; Ovidio è 'l terzo, e l'ultimo Lucano. 90 Però che ciascun meco si convene nel nome che sonò la voce sola, fannomi onore, e di ciò fanno bene”. 93 Così vid'i' adunar la bella scola di quel segnor de l'altissimo canto che sovra li altri com'aquila vola. 96 Da ch'ebber ragionato insieme alquanto, volsersi a me con salutevol cenno, e 'l mio maestro sorrise di tanto; 99 e più d'onore ancora assai mi fenno, ch'e' sì mi fecer de la loro schiera, sì ch'io fui sesto tra cotanto senno. 102 Così andammo infino a la lumera, parlando cose che 'l tacere è bello, sì com'era 'l parlar colà dov'era. 105 Venimmo al piè d'un nobile castello, sette volte cerchiato d'alte mura, difeso intorno d'un bel fiumicello. 108 Questo passammo come terra dura; per sette porte intrai con questi savi: giugnemmo in prato di fresca verdura. 111 Genti v'eran con occhi tardi e gravi, di grande autorità ne' lor sembianti: parlavan rado, con voci soavi. 114 Traemmoci così da l'un de' canti, in loco aperto, luminoso e alto, sì che veder si potien tutti quanti. 117 Colà diritto, sovra 'l verde smalto, mi fuor mostrati li spiriti magni, che del vedere in me stesso m'essalto. 120 I' vidi Eletra con molti compagni, tra ' quai conobbi Ettòr ed Enea, Cesare armato con li occhi grifagni. 123 Vidi Cammilla e la Pantasilea; da l'altra parte vidi 'l re Latino che con Lavina sua figlia sedea. 126 Vidi quel Bruto che cacciò Tarquino, Lucrezia, Iulia, Marzïa e Corniglia; e solo, in parte, vidi 'l Saladino. 129 Poi ch'innalzai un poco più le ciglia, vidi 'l maestro di color che sanno seder tra filosofica famiglia. 132 Tutti lo miran, tutti onor li fanno: quivi vid'ïo Socrate e Platone, che 'nnanzi a li altri più presso li stanno; 135 Democrito che 'l mondo a caso pone, Dïogenès, Anassagora e Tale, Empedoclès, Eraclito e Zenone; 138 e vidi il buono accoglitor del quale, Dïascoride dico; e vidi Orfeo, Tulïo e Lino e Seneca morale; 141 Euclide geomètra e Tolomeo, Ipocràte, Avicenna e Galïeno, Averoìs che 'l gran comento feo. 144 Io non posso ritrar di tutti a pieno, però che sì mi caccia il lungo tema, che molte volte al fatto il dir vien meno. 147 La sesta compagnia in due si scema: per altra via mi mena il savio duca, fuor de la queta, ne l'aura che trema. 150 E vegno in parte ove non è che luca. 151
@pensalettorАй бұрын
INFERNO II Lo giorno se n'andava, e l'aere bruno toglieva li animai che sono in terra da le fatiche loro; e io sol uno 3 m'apparecchiava a sostener la guerra sì del cammino e sì de la pietate, che ritrarrà la mente che non erra. 6 O muse, o alto ingegno, or m'aiutate; o mente che scrivesti ciò ch'io vidi, qui si parrà la tua nobilitate. 9 Io cominciai: “Poeta che mi guidi, guarda la mia virtù s'ell' è possente, prima ch'a l'alto passo tu mi fidi. 12 Tu dici che di Silvïo il parente, corruttibile ancora, ad immortale secolo andò, e fu sensibilmente. 15 Però, se l'avversario d'ogne male cortese i fu, pensando l'alto effetto ch'uscir dovea di lui, e 'l chi e 'l quale 18 non pare indegno ad omo d'intelletto; ch'e' fu de l'alma Roma e di suo impero ne l'empireo ciel per padre eletto: 21 la quale e 'l quale, a voler dir lo vero, fu stabilita per lo loco santo u' siede il successor del maggior Piero. 24 Per quest'andata onde li dai tu vanto, intese cose che furon cagione di sua vittoria e del papale ammanto. 27 Andovvi poi lo Vas d'elezïone, per recarne conforto a quella fede ch'è principio a la via di salvazione. 30 Ma io, perché venirvi? o chi 'l concede? Io non Enëa, io non Paulo sono; me degno a ciò né io né altri 'l crede. 33 Per che, se del venire io m'abbandono, temo che la venuta non sia folle. Se' savio; intendi me' ch'i' non ragiono”. 36 E qual è quei che disvuol ciò che volle e per novi pensier cangia proposta, sì che dal cominciar tutto si tolle, 39 tal mi fec'ïo 'n quella oscura costa, perché, pensando, consumai la 'mpresa che fu nel cominciar cotanto tosta. 42 “S'i' ho ben la parola tua intesa”, rispuose del magnanimo quell'ombra, “l'anima tua è da viltade offesa; 45 la qual molte fïate l'omo ingombra sì che d'onrata impresa lo rivolve, come falso veder bestia quand'ombra. 48 Da questa tema acciò che tu ti solve, dirotti perch'io venni e quel ch'io 'ntesi nel primo punto che di te mi dolve. 51 Io era tra color che son sospesi, e donna mi chiamò beata e bella, tal che di comandare io la richiesi. 54 Lucevan li occhi suoi più che la stella; e cominciommi a dir soave e piana, con angelica voce, in sua favella: 57 "O anima cortese mantoana, di cui la fama ancor nel mondo dura, e durerà quanto 'l mondo lontana, 60 l'amico mio, e non de la ventura, ne la diserta piaggia è impedito sì nel cammin, che vòlt'è per paura; 63 e temo che non sia già sì smarrito, ch'io mi sia tardi al soccorso levata, per quel ch'i' ho di lui nel cielo udito. 66 Or movi, e con la tua parola ornata e con ciò c'ha mestieri al suo campare, l'aiuta sì ch'i' ne sia consolata. 69 I' son Beatrice che ti faccio andare; vegno del loco ove tornar disio; amor mi mosse, che mi fa parlare. 72 Quando sarò dinanzi al segnor mio, di te mi loderò sovente a lui". Tacette allora, e poi comincia' io: 75 "O donna di virtù sola per cui l'umana spezie eccede ogne contento di quel ciel c'ha minor li cerchi sui, 78 tanto m'aggrada il tuo comandamento, che l'ubidir, se già fosse, m'è tardi; più non t'è uo' ch'aprirmi il tuo talento. 81 Ma dimmi la cagion che non ti guardi de lo scender qua giuso in questo centro de l'ampio loco ove tornar tu ardi". 84 "Da che tu vuo' saver cotanto a dentro, dirotti brievemente", mi rispuose, "perch'i' non temo di venir qua entro. 87 Temer si dee di sole quelle cose c'hanno potenza di fare altrui male; de l'altre no, ché non son paurose. 90 I' son fatta da Dio, sua mercé, tale, che la vostra miseria non mi tange, né fiamma d'esto 'ncendio non m'assale. 93 Donna è gentil nel ciel che si compiange di questo 'mpedimento ov' io ti mando, sì che duro giudicio là sù frange. 96 Questa chiese Lucia in suo dimando e disse: - Or ha bisogno il tuo fedele di te, e io a te lo raccomando -. 99 Lucia, nimica di ciascun crudele, si mosse, e venne al loco dov'i' era, che mi sedea con l'antica Rachele. 102 Disse: - Beatrice, loda di Dio vera, ché non soccorri quei che t'amò tanto, ch'uscì per te de la volgare schiera? 105 Non odi tu la pieta del suo pianto, non vedi tu la morte che 'l combatte su la fiumana ove 'l mar non ha vanto? -. 108 Al mondo non fur mai persone ratte a far lor pro o a fuggir lor danno, com'io, dopo cotai parole fatte, 111 venni qua giù del mio beato scanno, fidandomi del tuo parlare onesto, ch'onora te e quei ch'udito l'hanno". 114 Poscia che m'ebbe ragionato questo, li occhi lucenti lagrimando volse, per che mi fece del venir più presto. 117 E venni a te così com'ella volse: d'inanzi a quella fiera ti levai che del bel monte il corto andar ti tolse. 120 Dunque: che è? perché, perché restai, perché tanta viltà nel core allette, perché ardire e franchezza non hai, 123 poscia che tai tre donne benedette curan di te ne la corte del cielo, e 'l mio parlar tanto ben ti promette?”. 126 Quali fioretti dal notturno gelo chinati e chiusi, poi che 'l sol li 'mbianca, si drizzan tutti aperti in loro stelo, 129 tal mi fec'io di mia virtude stanca, e tanto buono ardire al cor mi corse, ch'i' cominciai come persona franca: 132 “Oh pietosa colei che mi soccorse! e te cortese ch'ubidisti tosto a le vere parole che ti porse! 135 Tu m'hai con disiderio il cor disposto sì al venir con le parole tue, ch'i' son tornato nel primo proposto. 138 Or va, ch'un sol volere è d'ambedue: tu duca, tu segnore e tu maestro”. Così li dissi; e poi che mosso fue, 141 intrai per lo cammino alto e silvestro. 142
@pensalettorАй бұрын
Grazie per aver condiviso questo splendido lavoro!
@pensalettorАй бұрын
INFERNO I Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita. 3 Ahi quanto a dir qual era è cosa dura esta selva selvaggia e aspra e forte che nel pensier rinova la paura! 6 Tant'è amara che poco è più morte; ma per trattar del ben ch'i' vi trovai, dirò de l'altre cose ch'i' v'ho scorte. 9 Io non so ben ridir com'i' v'intrai, tant'era pien di sonno a quel punto che la verace via abbandonai. 12 Ma poi ch'i' fui al piè d'un colle giunto, là dove terminava quella valle che m'avea di paura il cor compunto, 15 guardai in alto e vidi le sue spalle vestite già de' raggi del pianeta che mena dritto altrui per ogne calle. 18 Allor fu la paura un poco queta, che nel lago del cor m'era durata la notte ch'i' passai con tanta pieta. 21 E come quei che con lena affannata, uscito fuor del pelago a la riva, si volge a l'acqua perigliosa e guata, 24 così l'animo mio, ch'ancor fuggiva, si volse a retro a rimirar lo passo che non lasciò già mai persona viva. 27 Poi ch'èi posato un poco il corpo lasso, ripresi via per la piaggia diserta, sì che 'l piè fermo sempre era 'l più basso. 30 Ed ecco, quasi al cominciar de l'erta, una lonza leggera e presta molto, che di pel macolato era coverta; 33 e non mi si partia dinanzi al volto, anzi 'mpediva tanto il mio cammino, ch'i' fui per ritornar più volte vòlto. 36 Temp'era dal principio del mattino, e 'l sol montava 'n sù con quelle stelle ch'eran con lui quando l'amor divino 39 mosse di prima quelle cose belle; sì ch'a bene sperar m'era cagione di quella fiera a la gaetta pelle 42 l'ora del tempo e la dolce stagione; ma non sì che paura non mi desse la vista che m'apparve d'un leone. 45 Questi parea che contra me venisse con la test'alta e con rabbiosa fame, sì che parea che l'aere ne tremesse. 48 Ed una lupa, che di tutte brame sembiava carca ne la sua magrezza, e molte genti fé già viver grame, 51 questa mi porse tanto di gravezza con la paura ch'uscia di sua vista, ch'io perdei la speranza de l'altezza. 54 E qual è quei che volontieri acquista, e giugne 'l tempo che perder lo face, che 'n tutti suoi pensier piange e s'attrista; 57 tal mi fece la bestia sanza pace, che, venendomi 'ncontro, a poco a poco mi ripigneva là dove 'l sol tace. 60 Mentre ch'i' rovinava in basso loco, dinanzi a li occhi mi si fu offerto chi per lungo silenzio parea fioco. 63 Quando vidi costui nel gran diserto, “Miserere di me”, gridai a lui, “qual che tu sii, od ombra od omo certo!”. 66 Rispuosemi: “Non omo, omo già fui, e li parenti miei furon lombardi, mantoani per patrïa ambedui. 69 Nacqui sub Iulio, ancor che fosse tardi, e vissi a Roma sotto 'l buono Augusto nel tempo de li dèi falsi e bugiardi. 72 Poeta fui, e cantai di quel giusto figliuol d'Anchise che venne di Troia, poi che 'l superbo Ilïón fu combusto. 75 Ma tu perché ritorni a tanta noia? perché non sali il dilettoso monte ch'è principio e cagion di tutta gioia?”. 78 “Or se' tu quel Virgilio e quella fonte che spandi di parlar sì largo fiume?”, rispuos'io lui con vergognosa fronte. 81 “O de li altri poeti onore e lume, vagliami 'l lungo studio e 'l grande amore che m'ha fatto cercar lo tuo volume. 84 Tu se' lo mio maestro e 'l mio autore, tu se' solo colui da cu' io tolsi lo bello stilo che m'ha fatto onore. 87 Vedi la bestia per cu' io mi volsi; aiutami da lei, famoso saggio, ch'ella mi fa tremar le vene e i polsi”. 90 “A te convien tenere altro vïaggio”, rispuose, poi che lagrimar mi vide, “se vuo' campar d'esto loco selvaggio; 93 ché questa bestia, per la qual tu gride, non lascia altrui passar per la sua via, ma tanto lo 'mpedisce che l'uccide; 96 e ha natura sì malvagia e ria, che mai non empie la bramosa voglia, e dopo 'l pasto ha più fame che pria. 99 Molti son li animali a cui s'ammoglia, e più saranno ancora, infin che 'l veltro verrà, che la farà morir con doglia. 102 Questi non ciberà terra né peltro, ma sapïenza, amore e virtute, e sua nazion sarà tra feltro e feltro. 105 Di quella umile Italia fia salute per cui morì la vergine Cammilla, Eurialo e Turno e Niso di ferute. 108 Questi la caccerà per ogne villa, fin che l'avrà rimessa ne lo 'nferno, là onde 'nvidia prima dipartilla. 111 Ond'io per lo tuo me' penso e discerno che tu mi segui, e io sarò tua guida, e trarrotti di qui per loco etterno; 114 ove udirai le disperate strida, vedrai li antichi spiriti dolenti, ch'a la seconda morte ciascun grida; 117 e vederai color che son contenti nel foco, perché speran di venire quando che sia a le beate genti. 120 A le quai poi se tu vorrai salire, anima fia a ciò più di me degna: con lei ti lascerò nel mio partire; 123 ché quello imperador che là sù regna, perch'i' fu' ribellante a la sua legge, non vuol che 'n sua città per me si vegna. 126 In tutte parti impera e quivi regge; quivi è la sua città e l'alto seggio: oh felice colui cu' ivi elegge!”. 129 E io a lui: “Poeta, io ti richeggio per quello Dio che tu non conoscesti, acciò ch'io fugga questo male e peggio, 132 che tu mi meni là dov'or dicesti, sì ch'io veggia la porta di san Pietro e color cui tu fai cotanto mesti”. 135 Allor si mosse, e io li tenni dietro. 136
@pensalettorАй бұрын
Grazie per la bellissima lettura, così ricca e dettagliata!
@MarceloMartinezPaschini-sm3wh2 ай бұрын
Ich finde im skulptural-architektonischen Werk von Meister Francisco Salomone eine lineare Verbindung mit dem Bildhauermeister Jacob Epstein. Schule des Vortizismus und seine Verbündeten. Siehe Arbeit 60 Trades Union Congress War Memorial 1956-7, in Roman Stone, at Congress House Great Russell St. London. Tante grazie caro amicci.
@corneliaarendsen13582 ай бұрын
Beautiful❤❤❤
@pianistaulisesbelen2 ай бұрын
¡Grazie per l'opportunità!
@mariaalbapalmeiro22953 ай бұрын
¿ Me podrian enviar la receta de la friulata ? .Creo que se hace con patatas y un buen queso. Soy María Alba de Argentina.
@mauroprimon73167 ай бұрын
Ma che bello, Anna Tifu straordinaria... spicca sul magnifico gruppo di musicisti. Grazie!
@jorgerickydansey8 ай бұрын
SUBLIME!!
@nataliagneccoblog67878 ай бұрын
Excelente. Vale la pena escucharla toda!
@exeduran8 ай бұрын
Hola. Podrían cargar la disertación completa de Luigi Zoja? Muchas gracias
@nataliagneccoblog67878 ай бұрын
Aqui encontrarás una entrevista muy completa con Luigi Zoja en italiano Saludos kzbin.info/www/bejne/Z6Gtf2poh8mBmbcsi=_L7sDvFvZy7tOQSg
@fernandochinellato68339 ай бұрын
Pregunta se lee toda la divina comedia? Me gustaría empezar con la maestra speiee, pero no quiero terminar leyendo la mitad😅
@linomandile7348 Жыл бұрын
Hasta cuándo estás?
@mariacristinasacramento1493 Жыл бұрын
Complementi Chef! Magari andiamo al tuo ristorante a Rieti anche per un caffè e una chiacchierata. Venite presto in Brasile, ti prego!
@adoratricirsm9952 Жыл бұрын
Paolo Fresu sempre stratosferico!
@mariaconcettacannova1819 Жыл бұрын
Quanto lavoro, brava👏👏👏
@carinariveros Жыл бұрын
Complimenti!
@anadurante7646 Жыл бұрын
Realmente no me imrtesa esta persona
@grachulgt8792 Жыл бұрын
Muchas gracias, lo estaba esperando!
@grachulgt87922 жыл бұрын
Gracias por subir los cantos Alice.
@grachulgt87922 жыл бұрын
Gracias por continuar subiendo cantos
@antoniogomez-pineda73002 жыл бұрын
Beatrice es un placer verte y oirte de directora
@marielashandi94012 жыл бұрын
Grazie mille!
@titacongedo74102 жыл бұрын
Mi piace da moriré!!
@anamaritamansillabelleza28312 жыл бұрын
Per favore ¿come si chiama la prima canzone? É bella.
@luisaesperanza88742 жыл бұрын
Alguien sabe como se llama la primera canción ??
@MariaDAlessandro2 жыл бұрын
Una interesante puesta en escena !
@teresitaghiggeri24552 жыл бұрын
Buenisimo!!!!GRACIAS
@mariadelcarmenlujan57822 жыл бұрын
He perdido la posibilidad de seguir este curso. Necesito saber cómo poder volver a recibirlo.
@laradionisio76742 жыл бұрын
Felicitaciones! Hermoso!
@noemipaviglianiti23222 жыл бұрын
me interesa muchisimo el programa cultural del INSTITUTO COMO ESTUVE OPERADA NO PUDE ASISTIR A SU PROGRAMACION ESPERO LA NUEVA PROGRAMACION "SOY NIETA DE ITALIANOS Y ME APASIONA TODO LO REFERENTE A ITALIA !!!!
@marcelosalvioli12 жыл бұрын
Desde su comodidad pequeño burguesa, el artista y el curador nos dicen que cada tanto es buena una pandemia y que la muerte de miles de conciudadanos purifica la especie. Vergonzosa lectura de la actualidad y vergonzoso el papel del arte contemporáneo justificando la ´no ideología´ del poder. Italia representada desde una visón no humanista, fascista y profundamente reaccionaria. Les falta calle, les falta vida. Se conforman con poco en lo estético. Confunden y son funcionales a la mediocridad.
@marcelosalvioli12 жыл бұрын
Desde hace unos 60 años el arte contemporáneo es funcional a lo peor del poder; el arte ha dejado de ser una alternativa para asumirse como su vergonzosa extensión. Un tema sobre el que nadie está trabajando y que asiente y permite expresiones fascistas y neo darwinianas como lo es el pabellón italiano de la presente bienal.
@marcelosalvioli12 жыл бұрын
es neo darwinismo. es fascismo, en palabras y hechos.
@marcelosalvioli12 жыл бұрын
Italia ya tuvo suficiente fascismo como para promover este tipo de arte, funcional al poder, que da permisos y justificaciones al mismo. ´cientificamente comprobado ´ : por quién? El arte moderno es la voz del amo, se produce de la misma manera en que el poder se reproduce, sin empatía y cosificando al otro.
@fabi17132 жыл бұрын
Felicitaciones! Excelente herramienta para acceder a la lengua y la cultura italianas. Me haré socio para poder utilizarla. Gracias
@susanaf68212 жыл бұрын
magnifico
@gracielaorsini71872 жыл бұрын
Maravillosa la obra que realizan!!! Tante grazie!!!
@grachulgt87922 жыл бұрын
Soy asistente de Lectura Dantis. Ante la imposibilidad de inscribirme con el nuevo sistema lo estoy siguiendo a través de youtube, pero el último canto que figura es el cuarto, no subirán más cantos? Muchas gracias
@marceloyahari64832 жыл бұрын
Es maravillosa la obra, no se la pierdan, es Excelente el despliegue y la energía que sale del escenario. Que orgullo tener un ballet así
@julialaspiur99412 жыл бұрын
Donde se inscribe para el canto segundo?
@anaperrotta71172 жыл бұрын
maravilloso espectáculo!!!!Sali bailando!!!!!!
@ceciliaquinn90572 жыл бұрын
Gracias! Publicarán también la introducción de la sesión del 10/3? Muchas gracias!