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Vi siete mai chiesti che differenza ci sia tra agricoltura di pianura e di montagna? Sicuramente fare l’agricoltore in montagna comporta maggiori difficoltà e non solo per le pendenze. Infatti, uno degli obiettivi chiave dell’agricoltura moderna è quello di promuovere l’occupazione, la crescita economica, l’inclusione sociale e lo sviluppo locale nelle zone rurali, soprattutto in quei territori a rischio di abbandono e che hanno anche grandi ripercussioni sulla sicurezza del territorio stesso.
Per raccontare di questo la puntata ci porta in Veneto, nel Parco Regionale Naturale della Lessinia, che si estende su un’area di oltre 10.000 ettari tra i 1200 e i 1800 metri di altezza. Il paesaggio qui è quello tipico degli alti pascoli dove si trovano tanti piccoli allevatori che si spostano in estate nelle zone più alte per portare le vacche in alpeggio nelle tipiche malghe di montagna.
Nel Parco si è assistito tra il 2013 e il 2023 ad una perdita di quasi il 30%, da 46 a 34, di malghe, con un calo di oltre 500 capi dei bovini in alpeggio, con il conseguente rischio per la perdita dell’importante patrimonio zootecnico.
Il territorio di montagna è per sua natura fragile e se si sgretola ne risente anche la pianura: per questo motivo non può essere lasciato a sé stesso e deve essere gestito oculatamente, anche attraverso attività quali agricoltura e allevamento che va accompagnata da attività di prevenzione di disastri ambientali, come alluvioni, frane e altri fenomeni estremi: la prevenzione è fondamentale non solo per evitare i danni ma anche per abbattere i costi di risposta alle emergenze. Tra i vari problemi, negli ultimi anni si è anche assistito a quello legato all’attacco di predatori, come il lupo, che ha aumentato la sua presenza.
Nonostante l’importanza per le comunità e il territorio, l’agricoltura di montagna continua a rimanere un’attività di nicchia. Le difficoltà sono innanzitutto geografiche e morfologiche: questo è un lavoro eroico che - tra alte pendenze e basse temperature - richiede passione e spirito di sacrificio e queste caratteristiche incidono, ovviamente, anche sui margini e sui profitti per gli imprenditori agricoli.
In questo scenario, la diversificazione delle attività di vario tipo come il turismo possono rappresentare una soluzione e un aiuto per le aziende capaci di attrarre visitatori nelle malghe, compensando, almeno in parte, i costi delle attività imprenditoriali.
Nel nostro viaggio incontriamo, nella piccola località di Campo Levà, il giovane Luca Campara, che con le sorelle porta avanti una piccola azienda agrituristica, allevando bovini da latte e maiali, commercializzando latte e prodotti caseari trasformati internamente, oltre che a salumi tipici di montagna. Tutto viene offerto nel piccolo agriturismo, immerso nella natura incontaminata del parco. A Sant’Anna d’Alfaedo ci accoglie poi Sara Giacopuzzi che con il marito e i cognati porta avanti un allevamento di bovine per la produzione di latte, che in gran parte viene conferito alla locale centrale del latte. Parte della mandria però in estate viene trasferita in altura, alla malga Camporettratto, dove ci attende Ettore, il vero custode della malga, un canuto allevatore ultraottantenne che già all’età di 15 anni aveva imparato a mungere le vacche. Oggi i suoi figli producono formaggio di alpeggio, fanno i deliziosi gnocchi di malga, tipici della Lessinia, e ospitano visitatori in un caratteristico agriturismo da cui si gode una meravigliosa vista.
Incontriamo poi il Presidente del Parco, Massimo Sauro, impegnato nella promozione e nella realizzazione di tutte le iniziative che possono portare beneficio al territorio, consapevole del meraviglioso patrimonio che la Regione Veneto ha chiamato a tutelare, valorizzare e promuovere.