CARDO DEI LANAIOLI PIANTA SPONTANEA CARDARE LANA PECORE CAPRE PREISTORIA SICANI ÈLIMI SÌCULI SICILIA

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Enzo Mulè

Enzo Mulè

11 ай бұрын

Il cardo dei lanaioli (Dipsacus fullonum) è una pianta spontanea che, a dispetto del nome, non appartiene alla famiglia dei cardi veri e propri .
Le lingue greca e latina, nella loro infinita espressività, danno il massimo descrivendo il cardo dei lanaioli nel suo nome scientifico, Dipsacus fullonum: dipsacus, infatti, proviene dal greco e significa “togliere la sete”, perché in questa pianta ciascuna coppia di foglie opposte si salda alla base formando una specie di coppa in cui si fermano la pioggia e la rugiada, che molti animali, uccelli soprattutto, poi bevono avidamente. I Celti credevano che gli elfi bevessero da queste coppe fogliari.
Lo specifico fullonum è di origine latina e deriva da fullones, cioè gli antichi lanaioli che utilizzavano i ricettacoli dei capolini per cardare la lana, donde quindi anche il nome comune con cui conosciamo oggi la pianta.
Le foglie e le radici della pianta contengono numerosi principi attivi (glucosidi, tannini, sali minerali fra cui il potassio in abbondanza) che le conferiscono preziose proprietà diuretiche, sudorifere, depurative e aperitive.
Si tratta di un’erbacea biennale, che nel primo anno produce solo una rosetta di foglie basali e solo nel secondo diventa alta da 80 cm a 2 m, con foglie lanceolate prive di picciolo e dotate di nervatura spinosa nella pagina inferiore.
Il fusto, che compare nel secondo anno, è eretto, ramificato, anch’esso spinoso, e termina con infiorescenze a capolino ovoidali, lunghe 4-8 cm, che hanno alla base foglie modificate appuntite.
In luglio e agosto, nel secondo anno di vita, compaiono piccoli fiori color rosa-lilla che si dispongono in cerchio a metà del capolino e poi si aprono man mano verso l’alto e verso il basso, mai contemporaneamente. I fiori cominciano ad aprirsi formando una banda a metà dell'infiorescenza, poi col procedere della stagione questi primi fiori disseccano, nuovi fiori si aprono e si formano così 2 bande. Il frutto è un achenio angoloso, lungo 5 mm, racchiuso nel tubo persistente dell’involucro. Pianta a torto poco diffusa, ha forme scultoree, che ben si addicono a chi ama le piante ben definite e spinose, e la bellezza che assumono i capolini una volta sfioriti: si essiccano facilmente sulla pianta, permanendo in perfetta forma fino alla primavera successiva. In alternativa si possono tagliare ed essiccare a testa in giù, per utilizzarli in composizioni di fiori secchi. Questo cardo richiede solo un po’ di umidità nel terreno, alla cui tipologia è del tutto indifferente, e una buona dose di sole per crescere nel primo anno e fiorire nel secondo. Cresce spontaneo un po’ ovunque nei luoghi assolati: lungo i fossi, nei terreni incolti e argillosi, accanto ai ruderi delle vecchie case, spingendosi dalle zone pianeggianti dell’area mediterranea fino a un’altitudine di 800 metri. Un accorgimento particolaro in fase di raccolta. Il primo: munitevi di un paio di robusti guanti, per evitare il contatto con le cruente spine che pervadono tutta la pianta. Le foglie devono essere utilizzate fresche e quindi hanno un periodo di raccolta limitato alla primavera; le radici, invece, si estirpano in autunno, da piante al primo anno di vegetazione; dopodiché si lavano, si tagliano a pezzetti lunghi 4-5 cm, si essiccano in luogo fresco, aerato e ombroso, e si conservano per circa un anno in barattoli di vetro scuro.
Rimedi naturali con il cardo dei lanaioli
Per depurare l’organismo: infondete 20g di radici in 1l di acqua bollente per 10 minuti, filtrate, lasciate intiepidire e bevete un bicchiere ogni mattina a digiuno senza olcificare, il tutto per tre settimane. Sospendete per due settimane e ripetete il ciclo di tre settimane. L’assunzione è consigliata due volte l’anno, in prile e in ottobre.
Per combattere l’acne giovanile: preparate un decotto facendo bollire per 10 minuti 50 g di radici in 1 litro di acqua, fate raffreddare, filtrate, bevete due tazze al giorno addolcendo con miele di acacia o di tarassaco.
Fra realtà, storia e leggenda
• I fullones, i mercanti romani che si dedicavano alla lavorazione e alla vendita della lana, si servivano dei capolini secchi della pianta, duri e al tempo stesso elastici, per cardare la lana. Questo utilizzo è durato nei secoli ed è stato applicato anche ad altre fibre, come il cotone, per ottenere i velluti, rendendo così necessaria la coltivazione della pianta su vasta scala. Il lavoro di cardatura inizialmente era manuale, ma poi i capolini vennero infilati, come in uno spiedo, in un’asta metallica e quindi inseriti in un sistema meccanico girevole che velocizzò notevolmente il procedimento.• Veniva veramente usato per districare la lana fino a meno di 2 secoli fa ed è da questa pianta che deriva il termine "cardare". Ancora oggi alcune manifatture pregiate utilizzano il cardo per produrre tessuti di qualità superiore, ad esempio per i panni da biliardo.

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