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Cerimonia di preghiera (Dhikr) dei fedeli della confraternita Rifậ’is alla tekkia di Skopje (Macedonia del Nord) (29 gennaio 2005)
Il video ritrae alcune parti della celebrazione di preghiera dei fedeli della confraternita sufi (tarikat) dei Rif ậ’is nella tekkia situata nel vecchio quartiere di “Gazi - Baba” a Skopje (Repubblica di Macedonia del Nord), un tempo a forte densità di popolazione turca e musulmana, il giorno 29 gennaio 2005.
Si tratta delle celebrazione settimanale di invocazione del nome di Allah (il c.d. Dhikr), che si svolge ogni sabato sera raccogliendo solitamente un numero ristretto di fedeli, e avente una durata limitata (cc. 45 minuti), rispetto al grande dhikr che ha luogo il 21/22 marzo, giorno della nascita dell’Imam Alì, venerato dalle confraternite Sufi così come dall’islamismo sciita, e che coincide con il giorno di inizio d’anno nel calendario persiano/iranico (“Nevruz-i Sultan”), che può durare anche 4 ore.
La tekkia Rifậ’is nel quartiere Gazi - Baba di Skopje, posta sotto la protezione del Ministero dei Beni
Culturali della Repubblica di Macedonia del Nord, ha un’origine relativamente recente, risalente all’inizio dell’800, ai tempi in cui la città di Skopje, allora chiamata Üsküb, faceva parte dell’Impero Ottomano.
Dopo la vasta emigrazione della popolazione di origine turca dalla Macedonia jugoslava verso la Turchia, avvenuta nel periodo 1952-1957, anche a seguito del provvedimento delle autorità comuniste jugoslave di allora di bandire dalla vita pubblica le confraternite sufi, queste hanno conosciuto nuova linfa anche dall’adesione di fedeli di etnia rom.
Nel dhikr sufi, l’invocazione ritmata e collettiva del nome di Allah è accompagnata dall’inclinazione della testa e del busto ai lati, la cui velocità aumenta con il progredire del rituale e segue inspirazioni ed espirazioni profonde, pure ritmate e calcolate sul ritmo cardiaco. In tal modo, i fedeli raggiungono uno stato di estasi mistica che esprime il senso del misticismo sufi, l’unione del terreno con il divino attraverso l’abbandono dell’esperienza del primo (superamento del sé terreno).
Riprese e testo di Walter Citti