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Visitiamo il Museo con l’antica barca di Ercolano, ritrovata esattamente 40 anni fa e restaurata in due anni di lavoro.
Ritrovata nella zona davanti alle terme suburbane, la nostra guida Maria ci racconta che fu capovolta molto probabilmente dalla furia dell’eruzione, dallo tsunami..
Lo scafo si è ben conservato perché protetto dai flussi piroclastici che l’anno sigillato e custodito, grazie alla mancanza di ossigeno, fino ai giorni nostri.
Ci ricorda le barche vichinghe che abbiamo visto ad Oslo, splendide. Questa è un po’ più piccola e malconcia, lunga 9 metri e larga poco più di 2. Aveva tre scalmi per lato e un timone esterno a remo. La punta della prua conserva miracolosamente ancora tracce del colore rosso cinabro di cui era dipinta.
Casa della Gemma
Questa casa romana, sepolta come il resto dall’eruzione vesuviana del 79 dC, è chiamata così per il ritrovamento di un gioiello al suo interno. Apparteneva a Marco Nonio Balbo e costituiva un grosso complesso, nei pressi delle Terme Suburbane. Ci sono affreschi con pannelli in rosso e pavimentazione in nero con inserti di marmi policromi. Si entra nell’atrio con l’imluvium centrale e pilastri alle pareti che sostenevano il tetto. Il pavimento è a mosaico con le tessere in bianco e nero. L’atrio è circondato da piccole stanze da letto, i cubicoli, e da una fila di colonne doriche mentre un corridoio porta alle cucine e alla latrina. E’ qui che Maria ci mostra quanto avanti fossero avanti con le comodità questi abitanti di Ercolano, che fruivano di terme, hot dog, gelati, fognature, affreschi. E ci fa notare che un graffito ad opera del medico di Tito, Apollinare, tiena a far sapere al mondo che aveva fruito del servizio igienico con soddisfazione, quando scrive “Apollinaris medicus Titi imperatoris hic cacavit bene”.
Opus reticulatum è la tecnica edilizia romana tramite cui si realizzava il paramento di un muso in opera cementizia. Già, dopo 2 mila anni vedere ancora su queste strutture, dopo terremoti, eruzioni e l’ingiuria del tempo, fa impressione pensando a quanto fragili sono oggi i nostri ponti e i nostri manufatti. Le pietre venivano lavorate e messe in opera a forma irregolarmente piramidale a base quadrata e disposte quindi con la base in vista, mentre la punta affondava nel cementizio. L’effetto è quello di un reticolo regolare disposto in diagonale.
Casa di Nettuno e Anfitrite
Deve il nome al suo mosaico. Era di proprietà di un ricco commerciante ed è stata restaurata dopo il terremoto del 62, 17 anni prima della drammatica eruzione del Vesuvio. Venne esplorata mediante cunicoli dagli archeologi borbonici del 18simo secolo e in seguito portata alla luce dagli scavi del 1932.
Il triclinio estivo ha funzione di giardino e di pozzo di luce; presenta al centro una vasca in marmo e sul fondo un ninfeo con tre nicchie, decorato a mosaici in pasta vitrea che riproduce scene floreali e di caccia. A dimostrare lo sfarzo del proprietario, nei 200 mq della casa un piccolo spazio nei pressi del ninfeo era utilizzato dall'orchestra per l'intrattenimento durante le feste.