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Ben trovato. Ti presento ancora un’opera di Duccio Da Buoninsegna. Si tratta della «Guarigione del cieco di Gerico», particolare della Maestà, realizzata tra il 1308 e il 1311. La formella oggi si trova alla National Gallery di Londra.
Gesù, in viaggio verso Gerusalemme, raggiunge Gerico, ridente e verdeggiante cittadina, ricca di acqua, posta nel territorio desertico del Mar Morto. Il pittore senese raffigura, con minuziosa abilità, alle spalle dei personaggi, la città di Gerico, come quinta scenografica di un palcoscenico. Trasportando Cristo in un paesaggio urbano italiano, il pittore attualizza l’episodio evangelico, facendo sì che lo spettatore possa sentirsi pienamente partecipe al miracolo. Appena fuori la città avviene l’incontro con il cieco Bartimeo. L’evangelista Marco ci informa che costui sedeva di solito fuori le mura per elemosinare qualcosa dai viaggiatori diretti alla città santa di Gerusalemme. Per questo motivo, Bartimeo, figlio di Timeo, era volto noto a molti.
Immagine suggestiva di quanti vivono ai margini della società per una variegata moltitudine di disagi. Simbolo di quando ti poni ai margini della tua esistenza, quando non riesci ad essere protagonista della tua quotidianità.
«Avendo inteso che c’era Gesù Nazareno, incominciò a gridare dicendo: “Gesù, figlio di David, abbi pietà di me”». Il cieco fa scandalo, grida! Tutti sentono il dovere di placare e zittire quella voce, ma «Lui gridava ancora più forte: “Figlio di David, abbi pietà di me!”».
Il volto di Gesù occupa il centro della tavola, è vestito, con il tradizionale abito rosso e mantello blu, simboli del suo essere vero uomo e vero Dio. A lui interessa quell’uomo che molti altri non consideravano più, anzi ignoravano. «Gesù fermatosi, disse: “Chiamatelo”».
Gesù incontra il cieco, crea con lui un contatto e un dialogo; compie con la mano il gesto di guarigione che sembra piuttosto una benedizione. Il Maestro non si rivolge al passato, guarda al futuro. Soccorre l’uomo, lo risolleva dalla sua prostrazione, lo incontra nella sua difficoltà. Nella tua vita, anche se segnata da dolore e sofferenza, Gesù è capace di manifestare la sua opera, la sua onnipotenza d’amore. Non si perde in chiacchiere. Al centro della sua azione c’è l’uomo nella concretezza della sua esistenza, l’uomo che desidera la luce, ma che da solo non riesce.
Alle spalle di Gesù gli apostoli formano un gruppo compatto, con espressioni incerte e dubbiose, tradendo così una certa "cecità" spirituale. In primo piano si riconoscono Pietro e Giovanni. Duccio invita il discepolo a rileggere nella situazione del cieco, la propria situazione.
«Chiamano il cieco e gli dicono: “Coraggio, alzati! Ti chiama”. Egli, allora, gettato via il mantello, balzò in piedi e raggiunse Gesù». Il mantello è simbolo della vita di chi lo indossa. Viene qui descritta una conversione: quell’uomo, gettando via il mantello, getta via il suo passato, la storia che lo costringeva a mendicare. Accoglie invece pienamente la novità della Parola e della proposta di Gesù. Il pittore sintetizza tutto questo con un espediente: duplica la raffigurazione del cieco. Quasi un’immagine speculare, ciò che cambia è la direzione dello sguardo. Si è appena lavato gli occhi alla piscina, qui a forma di un fontanile medievale. Prende coscienza della sua guarigione, spalanca le braccia e lascia cadere il bastone. Il suo volto e la sua mano rivolti verso il cielo, rendono grazie a Dio. Ora è capace di un modo nuovo di vedere, “vedere in alto”, “vedere in profondità”.
Quando incontri Gesù diventi un’altra persona. Cambia quello che desideri, acquisti uno sguardo nuovo sulla vita, sulle persone e sul mondo. Vedi più a fondo, più lontano, si aprono gli occhi del cuore. Grazie per la tua attenzione e alla prossima.