PALERMO - La Martorana e San Cataldo

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galantecarlo

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La Chiesa di S. Maria dell'Ammiraglio o San Nicolò dei Greci, comunemente chiamata della Martorana, si affaccia sulla prestigiosa Piazza Bellini. Fu fondata nel 1143 per volere di Giorgio d'Antiochia, il grande ammiraglio siriaco al servizio del re normanno Ruggero II, nei pressi del vicino monastero benedettino, fondato dalla nobildonna Eloisa Martorana nel 1194, motivo per il quale diventò nota come "Santa Maria dell'Ammiraglio" o della "Martorana". All'edificio sacro, che nel corso dei secoli è stato più volte distrutto e restaurato, si accede dal campanile: una costruzione a pianta quadrata del XIII secolo, aperta in basso da arcate arcuate a colonne angolari e con tre grandi ordini di grandi bifore. Superato questo ambiente, si giunge nella chiesa vera e propria. Qui la parte superiore delle pareti e la cupola, al sommo della quale è l'immagine del Cristo Pantocratore, sono interamente rivestite di decorazioni musive di periodo bizantino, le più antiche di tutta la Sicilia. I mosaici della cupola rappresentano al centro il Cristo, poi scendendo si vedono i 4 arcangeli (tre originali più uno apocrifo) e i patriarchi, mentre nelle nicchie sono ospitati i quattro evangelisti e infine, nelle volte, i rimanenti apostoli. L'abside, distrutta sul finire del Seicento, venne sostituita con l'attuale cappella barocca a tarsie marmoree.
La vicina San Cataldo fu fondata da Maione di Bari, negli anni in cui era grande ammiraglio di Guglielmo I, e cioè fra il 1154 e il 1160, e venne successivamente affidata ai Benedettini di Monreale, che la custodirono fino al 1787. Nel 1882, dopo varie vicissitudini che videro la chiesa trasformata persino in ufficio postale, venne interamente restaurata da Giuseppe Patricolo e restituita alla rigorosa struttura architettonica originaria. L'esterno presenta un compatto paramento murario in arenaria addolcito da intagli di arcate cieche e ghiere traforate. In alto s'impongono i profili solenni di tre cupole rosse (tipico prodotto della cultura fatimita, ovvero maestranze arabe al servizio di committenti cristiani) poste in felice contrasto cromatico con la severa monocromia delle pareti. L'interno presenta tre corte navate di cui quella centrale è scandita dalla sequenza ritmica delle tre cupolette separate da colonne.

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