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A partire dai due volumi di Agostino Paravicini Bagliani e di Maria Antonietta Visceglia si intende mettere a fuoco e approfondire alcuni aspetti comuni alle due ricerche. Già oggetto di studi importanti (D’Onofrio 1978, Boureau 1988, Gössmann 1994), la papessa Giovanna, un ipotetico papa-donna o uno pseudo-papa, collocabile nel IX secolo, è stata riconsiderata nel libro recente di Paravicini Bagliani attraverso l’attenta ricostruzione della trama filologica dei riferimenti testuali su di lei, ripercorsi nelle loro analogie e difformità, fino all’inizio dell’età moderna. La figura della papessa pone complessi problemi interpretativi. Nel contesto del Cristianesimo l’originaria distinzione dicotomica fra i sessi precede un’altra disuguaglianza, quella tra chierici e laici che si rafforza nel corso del Medio Evo con la riforma gregoriana e il Decreto di Graziano. L’esclusione delle donne dal sacerdozio e il terrore di una possibile inversione dei ruoli sono all’origine del mito della papessa Giovanna, una finzione discorsiva che prende corpo in alcuni testi prodotti nella seconda metà del XIII secolo ad opera di esponenti degli ordini mendicanti, come racconto di un episodio istituzionalmente impossibile nella storia del papato. Il mito circola in età moderna declinato su molteplici registri e il fantasma della papessa, divenuta per il mondo riformato simbolo della corruttela del papato, aleggia sullo sfondo delle storie concrete delle donne delle famiglie papali. Maria Antonietta Visceglia stabilisce infatti un nesso tra le modificazioni introdotte nella narrazione della leggenda della donna-papa tra Cinque e Seicento e la rappresentazione che di alcune familiari (consanguinee o affini) dei pontefici diedero i contemporanei. L’autrice intende dimostrare come, nonostante l’asimmetria di genere e la dicotomia laico-ecclesiastico destinata ad approfondirsi nel corso dell’età moderna, le “donne papali” diventarono un perno essenziale del sistema nepotistico. Perciò nel volume ne indaga il ruolo su molteplici piani, dal gioco delle alleanze matrimoniali al ricasco in curia di quest’ultime, dalla attività di patronage al mecenatismo culturale, dalla presenza nella cerimonialità della corte e della città all’impegno economico nella costruzione di patrimoni familiari e personali. Attraverso le ricche corrispondenze che molte di loro hanno lasciato emerge anche il mondo degli affetti, dei gusti e la ricerca di maggiori spazi per la costruzione di una loro soggettività.
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