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Non tutti sanno che uno dei club argentini più prestigiosi del mondo, il Boca Juniors di Buenos Aires che gioca nel celebre stadio “La Bombonera”, sia stato fondato da emigranti italiani. Era il 3 aprile 1905 e un gruppo di adolescenti di origine italiana, abitanti del quartiere della Boca, fonda il Boca Juniors. Erano 3 giovani genovesi Esteban Baglietto, Alfredo Scarpatti e Santiago Sana, motivo per cui nascerà il soprannome Xeneizes che significa Genovesi, più i due fratelli lucani Juan e Teodoro Farenga originari di Muro Lucano in Basilicata. Inizialmente come punto d'incontro fu scelta la casa di Baglietto, ma a causa della confusione furono cacciati fuori dal padre di Esteban. Allora il gruppo iniziò a riunirsi presso una panchina a Plaza Solís. Le porte del primo campo da gioco furono costruite da Francesco Farenga, padre di Juan e Teodoro, originario di Muro Lucano. Fondare un club in argentina all’epoca era molto comune, ma mai i giovani emigranti italiani avrebbero pensato di fondare uno dei club più tifati e titolati al mondo. Per i primi anni il Boca indossa divise dai colori altalenanti, finché nel 1907 viene adottata la colorazione gialloblu, azul y oro. Secondo la leggenda, non riuscendo a mettersi d’accordo sui colori da adottare, il gruppo di ragazzi si affida al fato recandosi al porto di Buenos Aires e attendendo il passaggio della prima imbarcazione. La prima a passare è una barca che batte bandiera svedese. Erano gli anni in cui milioni di italiani, soprattutto meridionali, emigravano in tutto il mondo. In Argentina, paese in cui oggi quasi la metà degli abitanti è di origini italiane, arrivarono in tantissimi, al punto che gli argentini iniziarono a chiamarli tutti “Tano” da Napolitano, il nome con cui erano definiti e si definivano gli abitanti dell’ex Regno delle Due Sicilie. Lo sport all’inizio del 900 non era un fenomeno di massa, ed era ristretto ad una élite economica e sociale, soprattutto inglese,che diffuse il calcio in tutto il mondo a partire dai grandi porti e nelle grandi città. In questo scenario si colloca la storia della fondazione di importanti squadre dentro i grandi flussi migratori, anche dei lucani, dove la componente contadina e operaia era prevalente. Il quartiere de La Boca ebbe una forte immigrazione italiana, soprattutto di genovesi i quali portarono il loro dialetto ed il loro modo di parlare a tal punto che il dialetto di Buenos Aires, ha molti termini genovesi. Per questo motivo gli abitanti della Boca venivano chiamati Zeneixi che con il passare del tempo divenne Xeneixes. Iniziò subito ad essere considerato un quartiere povero a sé stante separato dal resto della città, formato da case variopinte costruite con materiale economico e senza balconi. Inoltre, le abitazioni erano rialzate rispetto al terreno per evitare le inondazioni dovute alla vicinanza del quartiere al fiume. I ragazzi della Boca, figli di lavoratori umili, giocavano a calcio formando squadre che si affrontavano il fine settimana in sfide tra i rioni. Qualsiasi posto era buono per dare due calci ad un pallone. In questo contesto di estrema povertà, e di sacrifici dei tanti italiani emigrati, nacque uno dei club più importanti e titolati del mondo, il Boca Juniors di Buenos Aires, la squadra che annovererà tra i suoi tanti tifosi e talenti, il calciatore più forte della storia del calcio, Diego Armando Maradona. Nessuno si stupisca, dunque, se tra i simboli del Boca figura anche un simpatico pizzaiolo, stereotipo dell’immigrato italiano della prima metà del Novecento. Ancor oggi il legame tra Genova e la Boca è molto forte considerato che tutti si riconoscono, almeno in parte, di sangue italiano e le due squadre di Genova, il Genoa e la Sampdoria coltivano un solido legame con gli argentini a cui, negli anni di Maradona, si è aggiunto il legame con il Napoli, la principale squadra di quella meravigliosa terra da cui partirono i due fondatori Lucani Napolitani.