L’impero statunitense tra splendore, contraddizioni e decadenza | Bergamini, Luconi, Borgognone

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Nel corso degli interventi verranno ricostruiti alcuni tratti salienti del «secolo americano», caratterizzato non solo dal grande potere estero e militare esercitato dagli Stati Uniti, ma anche dal continuo tentativo di ‘esportare’ i valori della democrazia e del liberismo economico. Particolare attenzione verrà posta sulle fragilità del loro sistema istituzionale, ma anche sulle contraddizioni che, fin dal primo momento, si sono create tra la vita politica concreta del Paese e principi democratici professati. Per questa ragione, ci si soffermerà su fenomeni quali le limitazioni al diritto di voto, il razzismo e le disparità sociali, i cui effetti sono ben visibili ancora nel presente e che, soprattutto a partire dalla presidenza Trump, hanno messo in crisi la narrazione «eccezionalista», secondo la quale gli Stati Uniti sarebbero uno Stato differente da ogni altro.
Gli interventi
Oliviero Bergamini
Stati Uniti: superpotenza della democrazia?
La lezione mira a mettere in luce come gli Stati Uniti da un lato siano stati considerati fin dall’Ottocento come nazione-guida dello sviluppo della democrazia nel mondo, dall’altro abbiano avuto - e continuino ad avere - un percorso molto accidentato in questo campo. Le discrasie che caratterizzano il sistema istituzionale ed elettorale (come ad esempio la sovrarappresentazione dei piccoli stati rurali), il nodo del voto agli afro-americani e in generale delle minoranze etniche, il progressivo declino della partecipazione elettorale, l’invasività delle lobbies, fino all’attuale conflitto sulla validità stessa dei risultati elettorali, le leggi di «voter suppression» vecchie e nuove, ecc., sono tutti aspetti problematici del processo democratico americano che meritano di essere compresi e analizzati nella loro matrice storica.
Stefano Luconi
Il lungo «secolo americano» e le sue strozzature
Il concetto di «secolo americano», come elaborato da Henry R. Luce, non è riferibile alla semplice primazia degli Stati Uniti in politica estera e in campo militare, ma rimanda anche all’attrattiva di un modello politico, economico e sociale che, a partire soprattutto dal secondo dopoguerra, è andato configurandosi in termini di democrazia liberale, liberismo economico e produzione di massa per un mercato di massa. Tale paradigma affonda in parte le sue radici prima del Novecento e ha subito nel tempo limitazioni che ne hanno ridimensionato la portata.
Giovanni Borgognone
Le paure dell’America bianca e la fine del secolo americano
Negli ultimi decenni l’immaginario collettivo statunitense è stato fortemente condizionato dalle preoccupazioni sul destino dell’America bianca, con ricadute anche sulla concezione dei rapporti tra l’America e il mondo. Dopo la fine della Guerra fredda la società americana è stata attraversata al suo interno dalla crescente rilevanza politica delle differenziazioni «identitarie». A una visione mitizzata del passato nazionale, connotata dalla sua eccezionalità, si è andata così sostituendo una decostruzione incentrata sul razzismo quale costante della storia del Paese. Di conseguenza si è indebolito il collante sociale tradizionalmente costituito dal nazionalismo civico. Una parte significativa della popolazione bianca, sentendosi minacciata dalle forze del multiculturalismo e della globalizzazione, è stata sedotta dai messaggi politici che alludono alla necessità di contrastare il declino dell’identità bianca statunitense. In tale quadro si inscrive la crisi dell’autorappresentazione eccezionalista, che aveva a lungo ispirato l’azione internazionale degli USA, in vista della realizzazione di un mondo a loro immagine e somiglianza: il Paese è così approdato a una versione più cupa e disincantata di nazionalismo, che ha trovato espressione nella formula «America First», le cui eredità non si sono esaurite con la parabola dell’era Trump.

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