OFFICINA UNDICI - UGO STERPINI: L'écart absolu

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CSAC - Centro Studi e Archivio della Comunicazione

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UGO STERPINI: L'écart absolu
a cura di Giulia Ferrari
15 giugno - 1 settembre 2024
OFFICINA UNDICI
I primi contatti fra l'architetto Fabio De Sanctis e Ugo Sterpini sono del 1962. Da una contingente collaborazione professionale si passa l'anno successivo al progetto di “Officina Undici”. L'idea è di dare un respiro più ampio all'operazione che, partendo da un semplice oggetto d'artigianato, si propone di realizzare una proposta di arredamento da contrapporre alla logica standardizzata del design industriale. La vicinanza a certi ambienti del mondo artistico milanese, in particolare al clima della Patafisica di Baj, pone Sterpini in una posizione di aperta critica nei confronti dell'oggetto pianificato aprioristicamente in tutte le sue fasi, secondo l'ottica, per esempio, di un Max Bill o di Laszlo Moholy-Nagy.
Un altro elemento di denuncia è dato dalla scelta dei materiali utilizzati. De Sanctis e Sterpini raccolgono e assemblano oggetti di scarto; dove non è possibile operare solamente con l'assemblaggio di materiali rifiutati, gli autori si affidano all'abilità manuale degli ebanisti, che hanno così il compito tecniche artigianali di rivitalizzare scalzate dalla produzione seriale. “Officina Undici” non si presenta, dunque, come un laboratorio artigianale improvvisato. Il valore del pezzo si lega indissolubilmente alla sua unicità.
Lo spirito surrealista, nonché frequenti riferimenti alla Pop Art, ispirano le realizzazioni di alcuni pezzi. Gli autori creano prodotti unici, avulsi dagli spazi di destinazione. Tale posizione è accentuata dall'impossibilità quasi totale di una loro fruizione. Il lato polemico e ludico, dunque, rimane la principale caratteristica di questi mobili.
In un testo programmatico degli autori si afferma: "La nostra simpatia va all'errore, al gesto maldestro e goffo che provoca un'improvvisa contrarietà [...] Nell'errore, nel ‘lapsus’ esiste un valore indipendente: valore che è un aspetto della vita e dell'esistenza, in quanto essenza e simbolo di quelle energie emozionali che costituiscono l'altra faccia della realtà dell'uomo"
Sono evidenti in queste affermazioni alcuni assunti della poetica surrealista. La rivalutazione dell'errore, del lapsus rimanda alla psicologia del profondo, secondo l'accezione definita da Freud, e si avvicina, pur nella specificità della produzione di oggetti r d'uso, agli esperimenti di "scrittura automatica" nella volontà di ridurre ai minimi termini l'intervento della creatività cosciente. Libertari e utopisti, gli autori rivendicano il diritto di trascendere il reale inventando una serie di modelli nei quali la provocazione del caso si fa strumento di rivelazione.
Nel 1964 i mobili sono presentati alla galleria Il Centro di Napoli, alla galleria Alpha di Venezia - in concomitanza con l'apertura della Biennale -, ed alla galleria Pogliani di Roma. Sempre nello stesso anno, durante un soggiorno a Parigi, Sterpini e De Sanctis conoscono José Pierre e Joyce Mansour, membri del gruppo surrealista del caffè "La promenade de Venus" cui appartiene lo stesso André Breton. Nei mesi immediatamente successivi si assiste ad un fitto scambio epistolare, culminato nel Messaggio del 3 dicembre “La poésie dans ses meubles”, con testi di Breton, Philippe Audoin, Robert Benayoun, José Pierre, Ra-dovan Ivsic, Joyce Mansour, Alain Joubert e Jean-Claude Silbermann.
Nel 1965 due mobili di “Officina Undici” sono esposti alla “XI Mostra Internazionale del Movimento Surrealista L'Ecart absolu”, tenutasi alla galleria parigina L'Oeil, l'ultima realizzata prima della morte di Breton.
L'importante esperienza di “Officina Undici” si conclude definitivamente nel 1966, quando Sterpini abbandona l'iniziativa e prosegue le sue attività creative in modo del tutto autonomo. Oltre a “Un trono per Ubu”, sono conservati, presso gli archivi del CSAC, una serie di disegni preparatori di Fabio De Sanctis, riferibili a “Tavolo basso” e “Tavolo singsong”, entrambi databili al biennio 1962-1963.
La grande sedia in fiberglass prende spunto da un tema letterario, secondo una metodologia non nuova nella produzione di Sterpini. Il riferimento alla commedia satirica di Alfred Jarry non è casuale, l'operazione tentata dall'Officina Undici nel settore del design manifesta, infatti, molte affinità con il feroce anticonformismo e la radicale aggressione delle convenzioni operata, in campo teatrale, dall'Ubu roi. Il gusto per la comicità grottesca e deformante di Jarry trova un perfetto riscontro nella struttura, decisamente kitsch, del trono. La configurazione antropomorfa dell'opera di Sterpini risente direttamente delle illustrazioni dello stesso Jarry - si veda in particolare la forma d testa - o, ancora, delle rielaborazioni di Max Ernst, compiute verso la metà degli anni Venti.
Altre due opere, anche se non direttamente riferibili all'esperie dell'Officina Undici, ma piupiuttosto all'attività teatrale o cinematografica di Sterpini, sono frutto della medesima genesi creativa.

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