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Conversazione con Stefano Barabino, ebreo italiano, autore di audiovisivi e attivista politico, in occasione della Giornata della memoria, a 80 anni dall'ingresso dell'Armata Rossa nel campo di sterminio di Auschwitz
A volte una domanda a qualcosa che riteniamo ovvio mette in discussione le nostre convinzioni più radicate e ci costringe a ragionamenti e risposte complesse.
Noi abbiamo chiesto a Stefano, quarantacinquenne italiano, ateo e antirazzista, perché si definisce ebreo, cosa significa e cosa comporta l'eredità millenaria di quella parola oggi, con mezzo pianeta oppresso ancora una volta da guerre sanguinose e stermini.
Mezz'ora di ricordi e riflessioni che, speriamo, possano interessare tutti quelli che hanno creduto che il prezzo pagato dalla generazione dei nostri nonni ci avesse messo al riparo, almeno noi, da quegli orrori.
Stefano Barabino lavora nel cinema italiano e internazionale come primo assistente operatore ed è autore e direttore della fotografia nel film documentario.
Ha studiato filosofia a Bologna e poi Scienze politiche (senza laurearsi), si è avvicinato all'attivismo nel nascente movimento no global.
Il G8 di Genova, il movimento contro la guerra in Iraq, l'occupazione della Buridda (un centro sociale) e l'apertura di una radio pirata (Radio Babylon) sono alcune delle sue esperienze di quegli anni, fino al 2003 quando ha cominciato a dedicarsi all'audiovisivo come forma autonoma di militanza politica.
Biografia da openddb.it/aut... distribuzioni dal basso