Pietro Marino - Taranto, il mare e la cenere. Arte e istituzioni 1970-2023. Presentazione del libro

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Accademia di Belle Arti di Bari

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E' stato presentato martedì 1 ottobre 2024 alle ore 18.30, presso la Biblioteca comunale Acclavio di Taranto, il libro di Pietro Marino Taranto, il mare e la cenere. Arte e istituzioni 1970-2023 (edizioni Gangemi), promosso dall’Accademia di Belle Arti di Bari. Ne ha parlato Enzo Ferrari, direttore del quotidiano Taranto Buonasera, in dialogo con l’autore. L’incontro è stato introdotto dal direttore dell’Accademia di Belle Arti di Bari, Giancarlo Chielli, intervento di Aldo Patruno, Direttore generale del Dipartimento Turismo, Economia della Cultura e Valorizzazione del Territorio - Regione Puglia.
Il libro è l’ultimo di una serie di pubblicazioni realizzate dall’Accademia barese con l’intento di proporre una rivisitazione storica e critica delle esperienze vissute dagli operatori dell’arte e dalle istituzioni culturali pugliesi a partire dagli anni ‘70, data di nascita dell’Istituzione. Un percorso conoscitivo avviato nel 2021 con un primo libro di Pietro Marino, Diari dell’arte Levante. Bari 1960-1980. E proseguito dal 2022 con la creazione di una collana editoriale, ProMemoria, curata da Giancarlo Chielli e Antonella Marino, che ha dato vita a tre volumi (editi sempre da Gangemi) con saggi di diversi autori sulle vicende artistiche a Bari e nella città metropolitana negli ultimi cinquant’anni.
Il nuovo volume di Pietro Marino propone ora una avvincente narrazione sui principali eventi pubblici di arte contemporanea avvenuti a Taranto e nei centri più attivi della terra jonica (Martina Franca, Massafra, Grottaglie, in particolare) in oltre mezzo secolo, dagli anni ‘70 del secolo scorso ai giorni nostri. La ricerca ha seguito un filo quasi annalistico, per ricordare e commentare i protagonisti di mostre, convegni, dibattiti, sogni e progetti che hanno avuto per tema costante la cultura visiva come esperienza identitaria e strumento di crescita civile della comunità. Per questo, sono messi in luce i rapporti che gli artisti e gli intellettuali tarantini hanno intrattenuto con la società e con la politica, su un doppio ordine di questioni. Il primo riguarda l’assetto urbano e l’ambiente, con focus sulla città vecchia, su casi esemplari come piazza Fontana e piazza Castello, le periferie a ridosso del Siderurgico. Di conseguenza, le relazioni col Gigante d’acciaio che ha segnato i destini della comunità e con le amministrazioni pubbliche, in particolare il Comune e la Provincia di Taranto. Il secondo ordine di problemi investe la vita di circoli, associazioni, fondazioni, singoli operatori culturali che hanno sopperito alla carenza di interventi pubblici e di strutture stabili per l’arte, cercando anche forme di dialogo e di collaborazione con le istituzioni.
Dentro questo contesto si colloca la rievocazione storico-critica delle esperienze locali di arte visiva (con richiami frequenti ad altri campi dell’immaginario come la fotografia, il cinema, il teatro, la letteratura): la divaricazione tra arte “metallica” e pulsioni antropologiche dei Settanta; il riflusso del Colore tra astrazione lirica e nuova figurazione negli Ottanta; la rielaborazione di mito e natura del Mediterraneo tra i ‘90 e i primi anni 2000; la crescita di un’arte critica, performativa e ambientale nell’ultimo ventennio.
Tanti fili che dall’arte confluiscono in discorso generale seguendo i messaggi del grande scomparso tarantino Alessandro Leogrande: Taranto al bivio tra salute e lavoro. Ma quale Taranto, si chiede l’autore: con o senza l’industria che ha steso i suoi fumi sulla città? E se il sogno alternativo è una economia e una cultura che puntano sul Mediterraneo, quale futuro è concretamente immaginabile? Dilemma drammatico, enunciato nel libro sin da titolo. Si rivela man mano, attraverso 288 pagine folte di nomi (raccolti in un corposo indice a cura di Rosalinda Romanelli), scandite in capitoli e capitoletti con approccio giornalistico, e con un apparato di immagini a colori che privilegiano persone, azioni, luoghi e documenti dell’arte, in luogo di opere e forme. Una scelta aldilà dello specialismo e del localismo, per avvertire che queste storie riguardano tutti. Parlano non solo di Taranto, ma della Puglia e del Mezzogiorno d’Italia come metafora del Bel Paese.

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