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"Fa parte dell’album del 1982 “Bella ‘Mbriana” (spiritiello benevolo della casa), in cui Pino Daniele evolve il suo genere musicale manifestando tutta la sua talentuosa genialità mantenendo sempre ben radicate le origini partenopee. E’ il risultato dello studio continuo dell’artista dei diversi generi musicali (jazz, blues, funky, rock),la ricerca di un’espressione musicale, mai di maniera, che approda e si esprime a livelli altissimi anche avvalendosi del la collaborazione esecutiva di grandi artisti internazionali come WayneShorter, Alphonso Johnson. Pino raggiunge l’apice compositivo in tutti i brani dell’album. E’ si musica sublime ma è attraversata da uno stato malinconico che scivola, a momenti (maggio se ne va), in toni di tristezza intimista, quasi una sorta di rassegnazione. Annarè , brano di apertura ne è la più “bella” attestazione, il suo incipit di note malinconiche e struggenti, seguite da versi poetici dedicati ad una donna oramai non più giovane (la madre di Annaré ), a cui rivolge con dolcezza l’invito a lasciar correre gli eventi, ad accettare fatalisticamente la sorte, nulla può essere opposto contro la volontà di ciò che è scritto,perché esiste una disegno superiore (divino) e solo quando verremo chiamati alla fine del percorso della vita allora non ci saranno più padroni a cui piegare la dignità (“e lascia pazzià pecchè ‘e criature songo ‘e Dio finchè ‘a vita ‘nce abbasta e nun resta cchiù masto a dì ca è sempe overo”). Adesso è bene che i bambini giochino,che godano della libertà perché ancora ignari della dura legge della realtà umana. Esorta a trovare una nuova dimensione, quella della consapevolezza dell’età matura, abbandonare la smania (’sta freva addà passà) di chi ha rincorso per tutta una vita la passione senza trovare “pace”, quell’ inutile vagare dietro agli ideali ha comportato soltanto il mero trascorre del tempo (“capille janche e sera”). E’ duro rassegnarsi! Difficile da accettare l’idea che non si possano cambiare le cose che non vanno, ma diventa inutile fuggire dalla realtà (e curre curre forte pe’ nun te fa piglià) , occorre arrendersi a questa ingiusta verità: in fondo la coscienza della propria esistenza diventa essa stessa LIBERTA’. E’ meglio acquietarsi e rinunciare alla passione, accettare che i sentimenti vengano messi da parte nella consuetudine del vivere quotidiano, anche nella dimensione amorosa, l’affettività che si prova va nascosta (“ ‘a notte è di chi aspetta‘e chi te tocca ‘o pietto e s’annasconne ‘o bbene”), questa, per il momento, l’unica via di sopravvivenza.
Una poesia malinconica, intrisa di fatalismo e saggezza popolare. E’ chiaramente lo specchio di una fase storica e culturale degli anni ’80, periodo post-terremoto, momento in cui la città di Napoli è stata abusata, sfruttata e vilipesa dai meschini interessi del malaffare nella fase della ricostruzione. L’arte, in tutte le sue espressioni, diventa strumento di denuncia e nel contempo di riscatto della coscienza del popolo napoletano. La musica di Pino Daniele è la più alta e significativa espressione di quel movimento culturale. Ha ragione un grande filosofo quando afferma” Se volete conoscere un popolo, dovete ascoltare la sua musica”." (da Pino Daniele IL Ricordo di un Poeta, Facebook page)
"incredibili le sensazioni che mi regala questa canzone stupenda,ascoltandola rivivo tutta la mia infanzia con i miei genitori,i miei nonni,le estati al mare,le vacanze di natale,provo una strano stato di malinconia e nostalgia"
-matteo dini (KZbin user)
Tratto da "Bella 'mbriana", 1982.