Rainer Maria Rilke Orfeo. Euridice. Ermes

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Domenico Pelini

Domenico Pelini

Күн бұрын

traduzione dell'Orfeo. Euridice. Ermes di Rainer Maria Rilke, tratta dal saggio di straordinaria bellezza "Novant'anni dopo" di Iosif Brodskij in Dolore e Ragione, Biblioteca Adelphi 363

Пікірлер
@luisatammiso9697
@luisatammiso9697 2 жыл бұрын
Grazie. Lei legge in un modo così struggente ed appassionato da trasformare le parole in immagini.
@marilenaguarnieripoesie
@marilenaguarnieripoesie 2 жыл бұрын
Splendida poesia, splendida interpretazione...
@danielapinassi4612
@danielapinassi4612 Жыл бұрын
Meravigliosa
@GraziaApisa
@GraziaApisa 10 жыл бұрын
Straordinaria lettura di un meraviglioso testo....Grazie ,Domenico
@cronos1rscrew
@cronos1rscrew 5 жыл бұрын
Grazie Maestro
@bancibrugi
@bancibrugi 4 жыл бұрын
Era l’arcana miniera delle anime. Esse per quella tenebra vagavano, mute vene d’argento. Tra radici sgorgava il sangue che affluisce agli uomini, e greve come porfido sembrava in quel buio. Di rosso altro non v’era. V’erano rocce, boschi spettrali. Ponti sopra il vuoto e quello stagno grande, grigio, cieco che incombeva sul suo letto remoto come cielo piovoso su un paesaggio. E la striscia dell’unico sentiero, scialba tra prati, facile e paziente, pareva lino steso a imbiancare. Per quell’unica via i tre venivano. Primo, nel manto azzurro, l’uomo snello, muto e impaziente, gli occhi tesi avanti. Il suo passo ingoiava il sentiero a grandi morsi, senza masticare; dalle pieghe cadenti gli pendevano le mani, grevi e serrate, ormai dimentiche di quella lieve lira che sulla sua sinistra era cresciuta come tralci di rosa sull’ulivo. E i suoi sensi sembravano divisi: l’occhio correva avanti come un cane, si voltava, tornava e ripartiva e aspettava lontano, a ogni curva,- ma l’udito indugiava come odore. Talvolta a lui pareva che intralciasse il passo agli altri due che dovevano seguirlo su per tutta la salita. Allora aveva dietro solo l’eco dei suoi passi e il vento nel mantello. Ma diceva a se stesso che venivano, e a voce alta, e udiva il suono spegnersi. Sì, venivano infatti, ma entrambi avevano il piede troppo lieve. Se si fosse voltato (e non poteva, poiché un solo sguardo frantumava tutta l’impresa da portare a termine), li avrebbe visti, i due dal piede lieve, camminare in silenzio alle sue spalle: il dio del moto e dell’ampio messaggio, con il casco sugli occhi luminosi, l’agile verga tesa innanzi al corpo, le ali oscillanti intorno alle caviglie; e nella sua sinistra, in pegno, lei. Lei, tanto amata che una sola lira levò lamento più che mai le prefiche; e sorse un mondo di lamento in cui tutto ricompariva: bosco e valle, strada e paese, campo e fiume e bestie; e intorno a questo mondo di lamento, così come intorno all’altra terra, un sole si volgeva, e tutto un cielo pieno di stelle, silenzioso, un cielo di lamento con stelle sfigurate -: lei, tanto amata. Ma, tenuta per mano da quel dio, con il passo frenato dalle lunghe bende funebri, ella camminava incerta, mite e senza impazienza. Raccolta in sé e come trasognata, non pensava a colui che le era innanzi, né alla strada su verso la vita. Era raccolta in sé, e la impregnava il suo stato di morte. Se un frutto è pregno di dolcezza e d’ombra, quella sua grande morte la colmava, così nuova che nulla lei coglieva. A una verginità nuova era giunta, e intangibile; il suo sesso era chiuso come un giovane fiore verso sera, e le sue mani così disavvezze alla vita nuziale che persino il contatto di quell’esile dio, tanto lieve e gentile nel condurla, la turbava per troppa confidenza. Ormai non era quella donna bionda che si udiva nei canti del poeta, non più il profumo e l’isola del talamo, né più era il possesso dell’uomo. Era già sciolta come lunga chioma e già dispersa come pioggia in terra, e diversa come un retaggio in cento. Ella era già radice. E quando all’improvviso il dio la fermò e con dolore pronunciò le parole: Si è voltato! -, lei non comprese e disse piano: Chi? Ma lassù, scuro sull’uscita chiara, stava qualcuno, irriconoscibile. Stava e guardava un tratto del sentiero in mezzo ai prati ove il dio del messaggio si voltava in silenzio, mesto in viso, e si avviava a seguire la figura che già ripercorreva quel sentiero, con il passo frenato dalle bende, incerta, mite e senza impazienza.
@cinziavidali411
@cinziavidali411 4 жыл бұрын
Ho trovato questo lungo brano poetico fantastico, eccezionale. Il mito rivissuto da Rilke si ammanta di parole nobili e semplici.
@bancibrugi
@bancibrugi 4 жыл бұрын
@@cinziavidali411 parole semplici che vanno oltre e riescono a trasmetterti il brivido della pura intatta bellezza... Impressionante la capacità della poesia di emozionare come poche altre cose
@luisatammiso9697
@luisatammiso9697 2 жыл бұрын
Grazie.
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Domenico Pelini
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