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Lo scrittore Léon Bloy lo definiva "un colossale sciocco", "un profanatore di anime"; Jules Claretie, all'epoca amministratore generale della Comédie Française, scrisse che "i suoi libri odoravano di fango", che "un odore di bestialità promanava da tutte le sue opere"; il critico teatrale Francisque Sarcey lo definì "un cattivo letterato"; si sostenne che scrivesse per avere un reddito e non per fare arte. Di lui dissero è il "re della feccia" e "viscida" definirono la sua letteratura.
Ecco il mio racconto di Émile Zola, uno che credeva nella forza della parola. Racconto di Zola nel capitolo 11 di Gridalo (Bompiani).
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