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di Giovanni Brizzi
Storia Romana • Storia Romana
Armamento, addestramento, disciplina (la dice lunga che disciplina sia un termine latino - da cui discipulus, alunno - per indicare l’atto di istruire, di trasmettere le regole di comportamento attraverso l’esercizio). È questa miscela il segreto che rende invincibile l’esercito romano, tra i più efficienti di ogni epoca? Dove sono altrimenti le radici della sua superiorità? Forse nel numero degli effettivi disponibili o nei vantaggi offerti dal progresso di una superiore tecnologia. Neanche. Non è il numero, perché le forze, dall’inizio almeno dell’impero, sono assai ridotte rispetto all’immane compito loro proposto. Non è la tecnologia, seppure certamente efficiente, funzionale, adattabile. La potenza dell’apparato bellico romano viene da altro. Ad armarlo è la forza di un principio che, di Roma, costituisce l’identità più autentica, tuttora presente nella cultura occidentale: l’idea che il potere coincida con la responsabilità e che il cittadino abbia il dovere di difendere la res publica, la cosa di tutti. Il romano è prima di tutto un cittadino-soldato; e fino a che la figura del civis in armi conserva, anche durante l’impero, un senso e un ruolo ideale nel tessuto politico dello Stato, sopravvivono anche quella dedizione e quello spirito di sacrificio che ne costituiscono il requisito fondamentale e l’arma più formidabile, rendendolo capace di fronteggiare qualsiasi minaccia.