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Ultima tappa del nostro viaggio tra popoli e tribù poco conosciute. Dopo i falasha in Etiopia, i Karen della Thailandia, gli Shipibo-Conibo del Perù, i Bektashi d'Albania eccoci arrivare nel cuore della Mongolia che, per certi versi, per incontrare un popolo che racchiude in sé l'andamento della storia di tutti i popoli della terra, perennemente in altalena tra potere e sudditanza.
Le migrazioni della discordia
“Abbiamo deciso di restringere l'immigrazione in città fino al 1 gennaio 2020”. Batbayasgalan Jantsan è il vice governatore di Ulan Bator, la capitale della Mongolia. Ha le idee chiare su che cosa stia frenando lo sviluppo della “sua” città. “Ci sono 220mila famiglie che vivono nelle ger [le tende coniche dei mongoli, ndr] e in case costruite da loro stessi. Si sono inurbati al ritmo di 45mila l'anno, con picchi di 65mila, e si sono ammassati alla periferia della città. Hanno prodotto inquinamento del suolo, dell'aria e altri problemi. Le forniture idriche stanno migliorando e vorremmo connettere questa gente all'acquedotto, ma non basta comunque per quelle 800mila persone che vivono nella baraccopoli”.
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Pubblicato il: 10 agosto 2018, 05:57
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