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Le radici di una comunità strettamente legate alla festa patronale e al culto in onore del loro santo patrono. A riprova di ciò, come ebbe a dire il celebre architetto cinese Wang Schu, smarrire il proprio passato significa perdere il proprio futuro. E per questo a San Cono, borgo del Calatino, ultimo lembo della provincia di Catania, che si affaccia sia sul versante ennese, con Piazza Armerina e Aidone, sia su quello Nisseno con il Golfo di Gela e Mazzarino, la seconda domenica di maggio si celebra una delle feste religiose, tra le più popolari della Sicilia. Vuoi per devozione, vuoi per fede, di generazione in generazione, tutti i sanconesi attendono con ansia e trepidazione questa ricorrenza. Il momento clou della festa, con i tempi rigorosamente dettati da un apposito comitato organizzatore, è rappresentato dal prelievo di una preziosa reliquia custodita nella chiesetta dello Spirito santo, che sancisce l’inizio della festa. Fedeli che giungono da ogni parte della Sicilia e emigrati che tornano da ogni parte del mondo, come tre fratelli che tornano a San Cono dopo mezzo secolo.