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L'abbazia di San Galgano è un'abbazia cistercense, sita a una trentina di chilometri da Siena, nel comune di Chiusdino. Questa abbazia è stata costruita circa nel 1218.
Il sito è costituito dall'eremo e dalla grande abbazia, ora completamente in rovina e ridotta alle sole mura, meta di flusso turistico.
Abbazia di San Galgano, è una delle più grandi meraviglie europee della cristianità, tanto da aver eccitato la fantasia di importanti registi cinematografici. È un’icona di bellezza rivoluzionaria, anticonformista, così priva di tetto, finestre, e di qualsiasi orpello mondano, quasi a rappresentare un conato di slancio verso il cielo che agognasse a liberarsi della pesante gravità terrestre. È un luogo intriso di intenso misticismo e di vera spiritualità, nonostante sia sconsacrata dal 1789. È legata al ciclo arturiano della Spada nella Roccia.
San Galgano era uno di quei personaggi leggendari, tipici medioevali, che iniziano con una vita dissoluta e finiscono con la penitenza e l’austero ritiro spirituale. Era il giorno di Natale del 1180, quando Galgano, giunto sul colle di Montesiepi, conficcò nel terreno la sua spada per trasformarla simbolicamente in una croce. Nella Rotonda di Montesiepi c’è infatti un masso da cui spuntano un’elsa e un pezzo di spada corrosa dagli anni e dalla ruggine, ora protetto da una teca.
Nel luogo della morte di san Galgano, per volontà del vescovo di Volterra, intorno al 1185 si eresse una cappella. Successivamente si decise di costruire un vero e proprio monastero. Negli ultimi anni della sua esistenza Galgano era entrato in contatto coi Cistercensi e furono proprio loro a fondare la prima comunità di monaci.
Nel 1218 si iniziarono i lavori di costruzione dell’abbazia nella sottostante piana del Merse, tanto che nel 1227 c’era già testimonianza di due chiese, una superiore, Montesiepi, e una inferiore, San Galgano.
Grazie anche all’ingente patrimonio fondiario monastico dovuto a donazioni e lasciti, già alla metà del XIII secolo l’Abbazia di San Galgano era la più potente fondazione cistercense in Toscana. Essa veniva inoltre protetta e generosamente beneficiata dagli imperatori stranieri, oltre che esentata dal papa dal pagamento della decima.
Nel 1288 l’Abbazia ottenne la consacrazione. I suoi monaci possedevano una notevole importanza economica e culturale, tanto da spingere la Repubblica di Siena a stringere stretti legami con loro e ad affidargli diversi incarichi di prestigio.
Nei secoli successivi, le lotte tra papato e Repubblica di Siena, e l’affidamento della struttura a uno scellerato abate commendatario, contribuirono a impoverire San Galgano ancora di più. Da una relazione del 1576, pare che vi abitasse un unico monaco, il quale neanche indossava l’abito dell’ordine, che le vetriate dei finestroni fossero tutte distrutte, che le volte delle navate fossero crollate in molti punti e che, presso il cimitero, rimanessero solo parte delle rovine delle infermerie, demolite all’inizio del Cinquecento. In un’altra relazione del 1662 si legge: “La chiesa non può essere tenuta in peggior grado di quello che si trova e vi piove da tutte le parti”.
Nel 1781 crollò quanto rimaneva delle volte, mentre nel 1786 un fulmine fece crollare il campanile.
Negli anni seguenti l’Abbazia di San Galgano si trasformò addirittura in una fonderia, finché, nel 1789, fu definitivamente sconsacrata e abbandonata.
Miracolosamente, tuttavia, verso la fine dell’Ottocento riprese l’interesse verso questa meravigliosa chiesa toscana. Si iniziò a parlare di restauro, finché, nel 1924, si realizzò un intervento seguendo i principi di John Ruskin, padre del restauro conservativo, semplicemente consolidando quanto rimaneva del monastero. La chiesa rispetta alla perfezione i canoni della abbazie cistercensi stabiliti dalla regola di San Bernardo: sorge lungo un’importante via di comunicazione, la Maremmana, vicino a un fiume (il Merse) così da utilizzarne la forza idraulica, e in un luogo boscoso o paludoso, da bonificare, in modo da sfruttarne il terreno per le coltivazioni.
La pianta dell’Abbazia è a croce latina. La facciata, incompiuta, mostra quattro colonne con aggetti per un portico che non venne mai costruito. Ha tre portali con archi a pieno centro. Lungo i fianchi, i muri sono aperti da monofore e bifore ogivali: le colonnine di divisione sono andate tutte perdute, tranne una. L’interno, invaso dal prato, è molto affascinante. Lo spazio è diviso in tre navate da sedici pilastri cruciformi, con quattro colonne incastrate a un terzo. Le arcate s’innalzano a sesto acuto con doppio archivolto. L’ariosa navata mediana, priva delle volte gotiche crollate, è interamente invasa dalla luce.
Nell’insieme, uno spettacolo mistico che unisce in un abbraccio d’amore terra e cielo, come a mio parere dovrebbe essere per ogni luogo di culto.