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Robert Schumann (1810-1856): Arabeske Op. 18
Gabriele Tomasello, piano.
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Una breve e splendida composizione scritta da Schumann nel 1839, e pubblicata lo stesso anno: la Arabeske op. 18 in do maggiore. Spesso considerata composizione "minore", essa è invece uno dei brani nei quali è possibile cogliere più a fondo la particolarità e l'originalità dell'ispirazione di Schumann: non a caso il titolo si riferisce all'arabesco, la decorazione libera, fantasiosa ed impalpabile (sembra quasi di ascoltare una premonizione del "divino arabesco" tanto caro a Debussy...). Il genio di Schumann, come hanno osservato i commentatori più acuti, trova i suoi momenti più alti nel frammento, nell'ispirazione breve e visionaria; nelle forme estese il musicista si trova meno a suo agio. L'Arabeske è proprio una successione di "frammenti", leggeri e fantastici, uniti tra loro mediante il richiamo ad una forma antica: il Rondò. Il Tema principale, in do maggiore, leggero e dal ritmo puntato, si alterna a due diversi episodi "in minore" secondo il classico schema ABACA; a questa successione di episodi segue poi una breve e meravigliosa Coda, in tempo più lento. La schematicità della forma è arricchita da un breve episodio di transizione inserito tra B ed il primo ritorno di A, e dal fatto che C, secondo episodio in modo minore, comincia come se fosse una variazione del Tema principale, citandone il caratteristico incipit dal ritmo incalzante. Il momento più alto del brano - ed uno dei culmini di tutto il repertorio pianistico - è comunque la straordinaria pagina conclusiva, alla quale il compositore premette le parole Zum Schluss (per finire): istante trasognato e poetico nel quale la scrittura pianistica ci fa udire suoni mai ascoltati in precedenza, delicate trame di arpeggi sulle quali si staglia una melodia lenta, accennata e suonata "quasi" insieme dalle due mani, in un gioco incantato di eterofonie e di piccoli echi esitanti. La "poetica del frammento" schumanniana tocca qui uno dei suoi vertici: l'ascoltatore è trasportato improvvisamente in un altro mondo sonoro ed appena riscosso, con delicatezza, dal risuonare nelle ultime battute dell'incipit del Tema, il cui salto ascendente si espande luminoso e resta come sospeso nell'aria.
Giovanni Bietti