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Terra Santa 2025 - A pochi passi dalla Basilica della Natività a Betlemme si trova la «Hogar niño Dios», la casa dei bambini di Dio, una realtà fondata nel 2005 e gestito dalle religiose e religiosi dell’Istituto del Verbo Incarnato. Una struttura di accoglienza che oggi offre una casa a 38 bambini con fragilità, abbandonati o in grave necessità. Una volta entrati gli ospiti, o meglio il tesoro della casa, come vengono chiamati, saranno per sempre parte della famiglia. Una goccia nel mare di necessità di questa terra: una stella luminosa della speranza, una «grotta» calda e accogliente della carità, un piccolo grande miracolo della fede sotto il cielo che 2000 anni fa ospitò il canto e l’annuncio degli angeli nella Notte Santa. Ad accogliere i pellegrini in visita alla struttura padre Gonzalo Arboleda, colombiano, dell’Istituto del Verbo Incarnato. Racconta dei volontari provenienti da tutto il mondo, come i Magi venuti da paesi stranieri, per cercare il Dio Bambino e anche il senso della vita. Italia, dalla Spagna, Francia, Stati Uniti, del Sud America. Vengono a volte per una settimana, a volte per tre mesi o per periodi più lunghi.
«Considero una grazia - dice padre Gonzalo Arboleda - poter offrire questa opportunità perché per mezzo del volontariato la gente trova in questi bambini la presenza di Cristo Nostro Signore. Come lui stesso ha detto: “Quando l’hai fatto a uno dei più piccoli dei miei fratelli, l’hai fatto a me”. Ho incontrato tanti volontari che mi hanno detto: “Padre se non fosse per questi bambini io non so dove sarei in questo mondo”, altre volte mi hanno detto “Padre, prima di venire qua ero perso, dopo ho trovato il senso della vita”. Questi bambini sono molto speciali per il mondo intero, perché non solo ricevono dell'aiuto, ma loro, senza rendersene conto, fanno del bene agli altri, fanno del bene perché sono bambini e perché amano e il loro amore raggiunge il cuore delle persone. Questo amore trasforma, spesso sana delle ferite più profonde. È una grazia enorme per noi avere questa Casa di misericordia qui a Betlemme».
La preghiera del rosario condivisa con i pellegrini, bambini e volontari è un momento speciale, diverso, intimo.
«Voglio ringraziarvi - ha spiegato ancora il religioso - per la vicinanza e l’aiuto anche economico, perché questa nostra casa è un’opera di Dio, un’opera che si sostiene grazie alla Provvidenza. La Provvidenza lavora tramite gli strumenti umani che sono tutte le persone di buona volontà che trovano nel loro cuore il desiderio di aiutare economicamente i nostri bambini».
«Abbiamo anche la grazia - ha affermato il religioso - di poter offrire del lavoro a tante persone qui a Betlemme: soprattutto ai cristiani che sono insegnati, che fanno le pulizie o che svolgono altri servizi nella nostra casa. Offriamo lavoro a tanta gente in questi tempi difficili per la guerra e per l'occupazione. Tutti hanno proprio bisogno di mezzi per sopravvivere».
All’Hogar Ninos Dios troviamo anche un volontario bolognese che tramite l’Azione Cattolica ha scoperto questa realtà e ora ha offerto un anno della sua vita per mettersi al loro servizio.
«Sono arrivato qui circa due anni fa - spiega Francesco - per fare un’esperienza di volontariato. Al termine ho rinnovato il mio interesse a rimanere a Betlemme. Nell'ultimo anno vivo quasi in maniera stabile in questa casa che accoglie bambini fragili, orfani o abbandonati. Sto cercando di capire anche nella mia vita come poter essere al servizio degli altri, in particolare qui in Terra Santa, in questa terra e non solo con i bambini, ma anche con altre associazioni tra Betlemme e Gerusalemme, cercando di dedicare una parte della mia vita».
A causa della guerra la situazione sociale è molto critica. Quale impatto ha nella vita dell’istituto? «A Betlemme e in tutta la parte della Cisgiordania le conseguenze maggiori sono sugli spostamenti: checkpoint chiusi, strade chiuse con la sabbia o con il cemento. Per noi questo crea difficoltà soprattutto nel trasportare i bambini: diventa molto complicato spostarci a Gerusalemme per una visita medica o per andare a comprare qualcosa che magari qui a Betlemme non si trova. Anche i prezzi sicuramente sono molto più alti. Inoltre, non avendo pellegrini, non avendo turisti, non abbiano persone che ci portano un po’ di aiuti e tutto quello che serve lo dobbiamo comperare. C’è anche tanta diffidenza, tanta paura da parte delle persone, anche nei confronti di volti stranieri.
L’invito di Francesco è quello di ascoltare chi questa terra la vive e di cercare di informarsi, di comprendere le storie, senza fermarsi al fatto che sia israeliano o palestinese. In tutti i modi occorre supportare chi cerca davvero il dialogo costruttivo e costruire una giustizia che sia per tutti, perché diversamente non ci può essere pace. La giustizia e i diritti devono essere per tutti.