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Cinquanta operai sono in assemblea permanente dallo scorso settembre: «Vogliamo continuità lavorativa» | Laura De Feudis - CorriereTv
Autunno, inverno, primavera. Otto mesi e tre stagioni a occupare una fabbrica ferma, dove non si lavora, nella speranza che tutto possa ripartire. A Sesto San Giovanni, a pochi metri dalla fermata della metropolitana Sesto Marelli, 50 operai della General Electric, ex Alstom Power, fanno i turni (primo, secondo e notte) in un capannone silenzioso. Sopra di loro un carroponte, in un angolo un rotore quasi completato per una centrale elettrica, tutt’intorno pezzi, macchine, attrezzi. Tutto fermo. Nessuno lavora. Formalmente loro sono licenziati e in mobilità. Nel 2015 gli americani di GE (dopo un anno di trattative e l’iniziale opposizione dell’Antitrust) hanno comprato il settore energia dalla francese Alstom Power. Poco dopo hanno dichiarato migliaia di esuberi in tutta Europa. 249 (e chiusura della fabbrica) a Sesto San Giovanni. Si è aperta la trattativa al ministero dello Sviluppo Economico, gli operai di Sesto San Giovanni hanno creato una rete con la città, appoggiati dall’amministrazione comunale, fatto presidi e manifestazioni. Nel capannone di Sesto Marelli - circa 50mila metri quadrati che secondo il piano regolatore sono destinati ad attività produttive e a nient’altro - qualcuno ha accettato gli incentivi offerti. In 50 non si sono rassegnati e dal 27 settembre 2016 sono in assemblea permanente. In fabbrica hanno passato Natale e Capodanno. La notte del Primo Maggio (la festa dei lavoratori) tutti i candidati sindaci sestesi alle amministrative di giugno hanno passato la notte in fabbrica. La risposta alla lettera di diffida inviata da General Electric agli operai in occupazione. Età media sui 40 anni, molti hanno moglie e figli, qualcuno no. Tutti hanno mutuo e affitto, spese vive e la stessa preoccupazione per il futuro. «Il nostro, quello dell’energia, è un settore strategico. Non capiamo come si possa smantellare una fabbrica come questa. Commesse ce n’erano e in Italia di stabilimenti come questo c’è solo quello di Ansaldo a Genova», raccontano. Chi è rimasto sa che qui c’è la storia dell’industria pesante italiana (una volta questa era la Ercole Marelli), ci sono brevetti, professionalità, conoscenze. «La speranza è che qualcuno compri e che si possa tornare presto a lavorare».