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Trenta anni fa, dal 16 al 22 luglio 1994, si poté assistere a un evento astronomico eccezionale: la caduta su Giove della ventina di frammenti - grandi fino a due chilometri - in cui la potente attrazione gravitazionale del pianeta gassoso aveva frantumato la cometa Shoemaker-Levy 9.
La cometa era stata scoperta l’anno precedente dai coniugi Carolyn e Eugene Shoemaker, veri specialisti nella caccia ai corpi minori potenzialmente pericolosi per la Terra, e dall’astronomo dilettante canadese David Levy.
L’impatto fu predetto con parecchi mesi di anticipo, per cui all’appuntamento erano pronti una schiera di telescopi terrestri e spaziali, tra cui il telescopio spaziale Hubble, a cui la prima missione di servizio con lo Space Shuttle aveva installato da pochi mesi le nuove ottiche che risolvevano gl’iniziali problemi di sfocatura.
L’entusiasmo andò alle stelle nella sede scientifica del telescopio spaziale a Baltimora quando si poté vedere la prima immagine dell’impatto quasi in tempo reale.
Un punto d’osservazione privilegiato l’ebbe la sonda Galileo della Nasa, all’epoca in viaggio verso Giove. I suoi strumenti rilevarono una gigantesca palla di fuoco prodotta dal primo impatto che fece raggiungere una temperatura di quasi 30mila gradi a una zona dell’atmosfera di Giove solitamente a 140 gradi sotto zero, alzando una colonna di detriti di 3mila chilometri.
Al momento dell'impatto, la cometa viaggiava alla velocità di 216.000 chilometri all'ora. Nell’arco di 6 giorni furono osservati complessivamente 21 impatti distinti, e le tracce causate dalla collisione rimasero visibili per diversi mesi e osservabili anche con telescopi poco potenti dalla Terra.
L’evento ha costituito una testimonianza diretta e concreta degli effetti devastanti di un impatto, fatto che ha probabilmente stimolato in primis la Nasa ma anche altre agenzie spaziali a dotarsi di programmi di difesa planetaria, quanto meno per catalogare i corpi più pericolosi per la Terra fra quelli che si aggirano nel Sistema solare.
Ma l’impatto della cometa Shoemaker-Levy 9 su Giove ha permesso anche di conoscere meglio alcuni aspetti del pianeta.
Innanzitutto, le nuvole scure di detriti innalzate dall’impatto hanno agito come traccianti dei venti nella stratosfera di Giove e, seguendo il loro movimento nel tempo, gli scienziati hanno potuto misurare quei venti ad alta quota.
Poi, i cambiamenti temporanei nell'aurora su Giove hanno mostrato che la magnetosfera di Giove è stata influenzata dalle particelle degli impatti.
Quando i frammenti della Shoemaker-Levy 9 si sono schiantati su Giove, vi hanno depositato i loro composti chimici, mentre i processi di impatto ne hanno prodotti alcuni di nuovi e altri sono stati portati in superficie dalla bassa atmosfera.
Alcune molecole, come l'ammoniaca, sono state distrutte dalla luce solare nelle settimane e nei mesi successivi agli impatti, ma altre, come l'acido cianidrico e l'acqua, si osservano tuttora. Tutto questo svela agli scienziati come funziona la chimica nell'atmosfera di Giove.
Dalla scienza delle comete, alla scienza di Giove, alla scienza degli impatti, l'eredità della scoperta fortuita di Carolyn e Gene Shoemaker e David Levy continua ancora, oggi e nel futuro.
Servizio di Stefano Parisini
Crediti Video: NASA/ESA/HST
Musica CC By Attribution 4.0: “Super Power Cool Dude” Kevin MacLeod (incompetech.com)
#Comete #Giove #SorvegliatiSpaziali
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