Adriana Faranda ''Nell’anno della tigre''

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LOURDES11feb1858

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Күн бұрын

Silvana Mazzocchi: ''Adriana Faranda:Nell’anno della tigre 🐅'' . Adriana Faranda l’ho incontrata per la prima volta in carcere, nel gennaio del 1985. In precedenza avevo seguito per il mio giornale i processi per la strage di via Fani. E in aula l’avevo ascoltata rispondere alle domande e ammettere le sue responsabilità con dolore e dignità. Quando le parlai nella sala colloqui di Rebibbia, mi colpì subito per la sua fierezza e per la sua ironia. E per la sua capacità di riconoscere di aver sbagliato, già in quegli anni non ancora percorsi dallo spirito della riconciliazione. Mi intrigò per quel che le riconoscevo: lei che aveva avuto gli stessi ideali di giustizia della mia generazione, che aveva sognato di cambiare il mondo come migliaia di giovani suoi e miei coetanei, era invece entrata a far parte della lotta armata. E aveva accettato di praticare la violenza. Contro le persone, ridotte a ruoli, a categorie da colpire, e non più esseri umani con i loro affetti, i loro desideri e le loro speranze. Aveva sparato e fatto parte delle Brigate rosse, ma aveva ormai compreso che l’ideologia cieca e assoluta non era servita a niente. Mentre aveva ottenuto l’effetto opposto. Aveva distrutto “la vita”: quella degli altri e la sua. Quella volta, parlandomi, cercò di raccontare, di spiegare per immagini e per frammenti di memoria, tutto ciò che aveva alimentato la sua illusione distruttrice, ma anche i dubbi che le avevano consentito di far sopravvivere dentro di sé la capacità di guardare e di capire. Fino alla rottura. Adriana Faranda era una voce, un volto, ma anche uno dei personaggi esemplificativi della punta estrema di quel fenomeno politico e generazionale che aveva costituito il brodo di coltura della grande tragedia del terrorismo. Dieci anni di piombo e di vite spezzate. Una donna che chissà fra quali intimi conflitti era entrata a far parte di quel piccolo esercito di militanti la cui forza si annidava nella ben più sterminata galassia dei gruppi extraparlamentari e dell’Autonomia. Una donna radicale, capace di scelte assolute. Nel bene e nel male. Fin da allora provai un forte desiderio di raccontare la sua storia. La spinta a rintracciare un percorso individuale, simile a quello di tanti altri e insieme unico proprio perché personale. Ero tentata dalla sfida di dare voce - finalmente non giudiziaria - ai protagonisti di un ambiente e di uno scenario che a cavallo degli anni Settanta io stessa avevo sfiorato senza lasciarmi tentare neanche per un attimo dalle stesse lusinghe. E che in seguito avevo dovuto scrutare, da cronista. Negli anni successivi le avevo chiesto più volte di consentirmi di realizzare il mio progetto. Un libro che raccontasse la sua storia, semplicemente. Non per giustificare, né con la pretesa di ricostruire storicamente quegli anni tuttora oscurati da silenzi e misteri. Ma solo per tentare di comprendere, almeno attraverso un’esistenza individuale, una parte delle vicende che hanno profondamente segnato il nostro Paese. Lei mi aveva sempre risposto di no. Non se la sentiva, diceva. Troppo fresche erano ancora le ferite. Troppo attuale il dolore dei familiari delle vittime. Troppo profonde quelle che lei stessa aveva provocato a sua figlia, che aveva lasciato bambina per inseguire le sue utopie. Nel 1993, Adriana Faranda ottenne la libertà condizionale. Dopo l’estate tornai a esporle la mia idea. Inaspettatamente la trovai più disponibile. Infine accettò. Sparì. Qualche giorno dopo appresi dai giornali che era tornata a parlare dinanzi ai magistrati che conducono la quinta inchiesta sulla strage di via Fani. Cominciammo a lavorare un paio di settimane dopo. Il libro - che attraversa quasi quindici anni di storia italiana e che tiene al centro la strage di via Fani e il rapimento Moro - è frutto di decine di ore di colloqui con Adriana. E si basa sulle testimonianze di numerosi personaggi protagonisti della sua vita: dai familiari al suo ex compagno Valerio Morucci, anche lui dirigente delle Br. Da Lanfranco Pace, ex fondatore di Potere operaio, ai magistrati che l’hanno interrogata. Dalle sue amiche più care al funzionario della Digos che tuttora l’assiste. Fino agli avvocati che si sono occupati di lei, per difenderla o per accusarla. Le loro tracce di memoria sono riportate tra virgolette e le fonti vengono indicate nelle note. I brani in corsivo, infine, costituiscono una sorta di diario intimo e sono stati scritti personalmente da Adriana. Sono lampi autobiografici, schegge di “clandestinità”, frammenti di vita. Il mio grazie è per tutti coloro che mi hanno permesso, con la loro testimonianza, di ricostruire la storia di Adriana. La mia gratitudine va in particolare alla sua avvocata, Magda De Gregorio e a Luigi Ligotti, legale di parte civile per i familiari di due agenti della scorta di Aldo Moro.

Пікірлер: 5
@massimilianozavaglia9935
@massimilianozavaglia9935 5 ай бұрын
@inuit2346
@inuit2346 Жыл бұрын
Non sono certo che chi ha scelto la lotta armata e poi si é dissociato, pentito, ammesso i propri sbagli, risponderebbe allo stesso modo se la lotta armata avesse veramente realizzato la rivoluzione che si prefiggeva. Se così fosse, se in questa prospettiva cambiassero radicalmente le risposte dei protagonisti alla domanda: " la lotta armata é servita a realizzare un sogno?", allora diventerebbe evidente che il pentimento é solo frutto della sconfitta, non di un ravvedimento, di una radicale revisione. Dando seguito a questa ipotesi, lo "sbaglio" confessato dai protagonisti dunque, sarebbe da intendersi solo come errore strategico, cioè quello di non aver capito che i tempi della lotta armata in quel periodo non erano affatto maturi.
@giovannamarateo6838
@giovannamarateo6838 Жыл бұрын
Concordo, forse col senno del poi si saranno pure accorti , i pentiti , di aver completamente sbagliato gli obiettivi, uccidere Moro fu un errore gravissimo, chi trattava con la mafia servizi segreti e estrema destra fu Andreotti e ci siamo trovati un altro colluso Berlusconi , il 14 aprile ci sarà la riapertura del processo trattativa stato mafia....errori che hanno portato a criminalizzare delle manifestazioni pacifiche, come quella del G8 che si trasformo' in una carneficina . Uccidere i carabinieri a cosa serviva ? Togliere la vita a Lavoratori alla fine, lavoratori dello stato, si lamentavano i giovani brigatisti del loro tempo , ma oggi cosa dovremmo dire ? Con questa globalizzazione che divide sempre più il mondo fra super ricchi e poveri , dove la classe media è stata spazzata via , parla del Vietnam la Faranda , ma dopo il Vietnam quante guerra abbiamo promosso nel nome della democrazia, un Iraq distrutto a causa di una bufala su presunte armi di sterminio di massa . Oggi spariscono le pensioni , non vi è giustizia sociale , se i brigatisti si lamentavano della loro società noi cosa dovremmo dire , lei parla del tradimento dei sindacati , ma oggi tutto è tradimento ....
@gibiser
@gibiser 24 күн бұрын
Peccato sia finita come sappiamo. Purtroppo questo paese politicamente sarà sempre destinato a scadere nella commedia, quella più becera. Come spieghereste un capo di governo come l’attuale Meloni con tanto di circo a farle da contorno. Adriana Faranda bella come la rivoluzione francese.
@gibiser
@gibiser 24 күн бұрын
Peccato sia finita come sappiamo. Purtroppo questo paese politicamente sarà sempre destinato a scadere nella commedia, quella più becera. Come spieghereste un capo di governo come l’attuale Meloni con tanto di circo a farle da contorno. Adriana Faranda bella come la rivoluzione francese.
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