Sulla presunta problematicità della conciliazione tra ordine mondano (procedere storico) e ordine messianico (compimento del Regno): essa è solo apparente. Entrambi gli ordini hanno come fine la felicità, però l’uno la vorrebbe divenendo come Dio ma facendo a meno di Dio (è questo il senso delle parole che il serpente rivolge ad Eva), l’altro tornando a Dio; l’uno è luciferino, anticristico, il progetto del “signore di questo mondo”; l’altro è Cristo, il progetto di Dio. La divaricazione parrebbe insanabile. E parrebbe che, come dice Cacciari, Benjamin sia inservibile in termini di progettualità politica. Ma invece che saltare disfattisticamente (come purtroppo in generale fa spesso Cacciari) a questa conclusione, un filosofo non dovrebbe giudicare e cestinare in base a pochi frammenti, ma dovrebbe egli medesimo sforzarsi di immaginare la via d’uscita allorquando il profeta tace (Benjamin fu messo a tacere all’età di 48 anni, altrimenti con ogni probabilità avrebbe avuto tutto l’agio di dire meglio quel che oggi pare problematico). Dunque si badi: se fosse davvero insanabile quella divaricazione, allora perché andare e annunziare nella storia? Forse perché seppure il compimento sia al di fuori della storia, tuttavia che l’agire umano (storico) sia ispirato all’uno o all’altro ordine non è del tutto indifferente per le sorti della storia. Cercate il regno e tutto il resto vi sarà dato in sovrappiù; quando il figlio dell’uomo tornerà, troverà la fede? Una certa porzione della questione, cioè, è aperta, è lasciata all’agire umano (storico). Innestare nell’eterno ritorno del divenire storico l’annuncio e la ricerca del Regno, sottrae mondo al “signore di questo mondo”, sottrae carne al pasto dell’uroboro, prefigura e realizza sprazzi di Regno già in questo mondo. E ciò avviene esattamente come dice Benjamin, per salti quantici, apocalissi. Perciò Benjamin è perfettamente utile per una progettualità politica rivoluzionaria, che intenda cioè non affidarsi alla corrente della storia in modo socialdemocratico, poiché consapevole che tale corrente non porta a nessuna parte, se non sempre di nuovo nella bocca dell’uroboro, poiché consapevole che la storia di questo mondo è ciclica (come pensavano nel Cinque-Seicento… e Benjamin sul Barocco un poco ci ha riflettuto) fino a che non intervenga l’accadimento messianico, che però va suscitato e potenziato, amplificato, invece che abbandonato all’opera costante di disinnesco resiliente dei signori di questo mondo che intendono gattopardescamente conservare lo status quo. Di qui la necessità dell’impegno rivoluzionario, che essenzialmente a mio parere deve essere di resistenza, testimonianza, non violenza, martirio, altrimenti si passa armi e bagagli nell’altro campo senza neppure rendersene conto. Bisognerebbe leggere o rileggere con più attenzione Franco Fortini, uno che Benjamin l’aveva capito bene, segnalo due sue poesie in particolare: Reversibilità e Da Shakespeare.
@ClubMetafisico5 ай бұрын
❤❤❤
@mancinellipaola66655 ай бұрын
Concordo con l'idea di messianismo secolarizzato, che sottende anche l'idea di discontinuità e quella di riserva escatologico-critica che ricompone la storia
@ClubMetafisico5 ай бұрын
❤️❤️
@claudiocinti42665 ай бұрын
Benjamin come “curiosità letteraria” è una conclusione logica, che non fa una piega, a partire dalla premessa sulla quale Cacciari imposta il suo ragionamento: “Benjamin è stato un amore e, come tutti gli amori, un amore che passa”. Il ragionamento è stringente, è logico-filosofico, certo, ma ci sarebbe da domandarsi che cosa vi sia di logico-filosofico nel Begriff della premessa: “un amore che passa” non è sentimentalismo? Non è quanto di piú antifilosofico il Begriff possa concepire? Non è, questo sí, “curiosità letteraria”?