Djurdjevan a Džumajlija 2005

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Pellegrinaggio alla tomba (Turbe) del santo sufi Yusuf Dede a Džumajlija e festa popolare nel vicino villaggio di Dorfulija, nella Repubblica di Macedonia del Nord, nel giorno di Djurdevdan (giorno di San Giorgio), 7 maggio 2005.
Il video raccoglie le immagini del pellegrinaggio alla tomba (türbe ) del Santo Sufi Yusuf Dede a Džumajlija (un tempo Cumali) e della collegata festa popolare nel vicino villaggio di Dorfulija, nella Repubblica di Macedonia del Nord, il giorno 7 maggio 2005.
Entrambi i luoghi si trovano nella piana di Ovče Polje (letteralmente “la piana dei montoni”), a metà strada tra le città di Veles e Štip, un bassopiano brullo e arido, in ragione dell’eccezionale salinità del terreno, abitato fino agli anni ’50 dello scorso secolo prevalentemente da popolazioni di etnia turca dedite alla pastorizia e perlopiù praticanti la fede musulmana nelle varianti eterodosse degli ordini o confraternite sufi (tarika ) Bektashi, Kadiri, Halveti, ecc.
Sebbene la gran parte della popolazione di etnia turca sia emigrata da queste regioni verso la Turchia nel corso degli anni ’50, numerosi luoghi di culto dei Santi sufi si sono conservati e continuano ad essere preservati e frequentati non solo dalle minoranze turche rimaste, ma anche dalle popolazioni cristiane dei villaggi locali, a dimostrazione del sincretismo religioso che caratterizza la religiosità popolare in questa regione.
Questo è il caso del pellegrinaggio alla tomba (türbe) del Santo Halveti-Hayati Yusuf Dede, una modesta costruzione collocata sulla sommità di una collina ai margini del villaggio di Dorfulija. Ogni anno, il 7 maggio, in occasione del Djurdjevan (Festa di San Giorgio nel calendario ortodosso), per onorare la memoria del Santo derviscio Yusuf Dede e chiederne l’intercessione, la tomba viene visitata da centinaia di persone , di religione musulmana sufi, di etnia turca, rom, oppure Yuruci, un gruppo etnico turcofono, insediatosi dai tempi ottomani sulle montagne attorno alle città di Štip e Radoviš e le cui donne indossavano ancora i tradizionali abiti variopinti con motivi floreali, ma anche da ortodossi de villaggi vicini, di etnia macedone o valacca. Così come avviene nel culto dei Santi cristiani, cattolici o ortodossi, anche i Santi Sufi sono ritenuti mediatori tra l’umano ed il divino e quindi si chiede la loro intercessione perchiedere delle benedizioni, guarigioni e miracoli: sulla tomba del santo vengono lasciati degli asciugamani, degli indumenti o oggetti appartenenti alle persone care che vengono recuperati il giorno successivo per poi essere indossati o appoggiati sulle parti malate. Attorno al pellegrino viene fatto scorrere per tre volte un grande rosario, così come lo stesso fa scivolare le proprie mani accanto ad un grande pugnale di legno appeso sopra la turbe, entrambi gli oggetti si ritiene siano appartenuti al Santo. In particolare le donne che non riescono ad avere dei figli compiono il pellegrinaggio in quanto la visita alla türbe viene ritenuto un valido rimedio contro l’infertilità. All’interno della türbe, alcuni giovani intonano dei nefes (“soffio, alito dello Spirito" ), canti, musicali e poetici, che appartengono alle lirica popolare religiosa del sufismo.
Accanto al pellegrinaggio alla türbe del Santo, ai margini del villaggio di Dorfulija si svolge una festa popolare, una sorta di fiera ove vengono venduti i prodotti più disparati, vi sono dei chioschi gastronomici, su un palco issato su un rimorchio di un camion suona un’orchestra di musicisti rom, che diffonde le note della caratteristica musica chalgia , che mescola sonorità orientali di origine ottomana con il folklore locale macedone e l’utilizzo di strumentazione elettronica ed elettrica, spingendo i partecipanti a ballare i tradizionali kolo collettivi.
La parte centrale della festa è costituita dalla gara di lotta libera tradizionale che trova le sue origini nelle terre anatoliche e, prima ancora del Khorasan iranico e che vede impegnati i pehlivan, i lottatori: i corpi lucidi unti dall’olio per rendere ancora più sfuggevoli e ardue le prese. La competizione tra i pehlivan viene accompagnata da una piccola orchestra di musicisti che suonano i tradizionali strumenti locali : le zurle e il Tapan (tamburo macedone). Al termine della competizione, il pehlivan vincitore guida orgoglioso un corteo di bambini e adolescenti in ammirazione, portando a casa l’ambito premio, una pecora.
La giornata di festa si chiude sulla collina di Džumajlija. Un forte vento spazza la piana arida di Ovče Polje: porterà via con sé , un po’ alla volta, sotto la pressione della imperante globalizzazione, anche queste arcaiche quanto suggestive tradizioni, cariche di storia, di umanità e di un sincero spirito di convivenza popolare tra popolazioni, gruppi nazionali e religiosi diversi?
Testo e riprese di Walter Citti

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