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Superata la Val di Daone, il “piccolo Canada del Trentino” raggiungiamo la diga di Bissina dove è d’obbligo un saluto a Pierino Mantovani, simbolo dell’epopea turistica e memoria storia di questi luoghi.
Poco sopra si apre una valle che ci rapisce immediatamente e ci coinvolge in un percorso interessantissimo ed emozionante.
La Val di Fumo costituisce una delle valli più affascinanti del Trentino, nonché la più lunga (circa 30 chilometri). Alla sua testata, dalle vedrette collegate con il grande ghiacciaio della Lobbia che fluisce in Val Genova, nasce il fiume Chiese, che scorre tranquillo nei suoi meandri nella parte alta della valle, la conca delle Levade, tra rigogliosi cespugli di rododendro e un ambiente naturale incontaminato. Alle soglie di questo paradiso naturale, inserito nel Parco Naturale Adamello-Brenta, sorge il rifugio della SAT, inaugurato nel 1960 in posizione più sicura di dove sorgeva, in precedenza, la piccola capanna delle Levade.
Lungo il sentiero quasi pianeggiante ci accompagna Alan Pellizzari, grande esperto di forestazione e botanica alpina, nonché assessore alle foreste presso il comune di Daone. Insieme possiamo ammirare le tante varietà di fiori alpini, nonché le conformazioni vegetali che si innalzano fino a contemplare i maestosi larici monumentali ed il pino cembro.
Uno splendido esemplare di pino cembro, meglio conosciuto come cirmolo.
Superiamo i resti dell’antica diga di pietre che anticamente serviva per creare uno sbarramento artificiale per poi scaricare a valle il legname della valle e scopriamo la docilità e la tranquillità degli animali al pascolo. Cavalli Haflinger quasi allo stato brado e le vacche della malga Val di Fumo gestita da un gruppo di giovani appartenenti ad una comunità terapeutica. Scopriamo in questo modo che l’alpeggio e il paesaggio alpino possono coniugarsi anche con funzioni sociali particolari, utili non per fuggire dal mondo, ma per affrontarlo a partire dai grandi insegnamenti della montagna.
Arriviamo al rifugio dove ci accoglie l’amico Gianni Mosca. Gianni è un appassionato non solo d’alpinismo ed escursionismo, ma è anche un grande conoscitore di questi luoghi, delle antiche leggende sui pastori ed i boscaioli dai quali ha ereditato la capacità di adattarsi a questo ambiente e di ricavarne alcune importanti risorse. Per questo ancora oggi alleva alcuni cavalli e soprattutto un gregge di capre “Bionde dell’Adamello” dalle quali ricava dei prelibati formaggi che ha cura di proporre nei menù tradizionali della sua cucina. Al rifugio Val di Fumo si respira l’aria di sempre e la sensazione che ci coglie è come se il tempo, in alta montagna, si fosse effettivamente fermato. Forse è questo il motivo vero che spinge gli alpinisti a salire fin quassù per ritrovare quell’insieme di memoria, sentimenti, odori, paesaggi che per sempre rimangono impressi nella mente degli umani.
Anche per questo è fondamentale che non si perda lo spirito del luogo del rifugio alpino ed è soprattutto per questo che tutti i viandanti delle alte vie delle Alpi sono immensamente grati ai gestori di queste strutture.