Kaiju no. 8: sedersi sugli allori

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Mangasofia, Fausto Lammoglia

Mangasofia, Fausto Lammoglia

Күн бұрын

Quante volte ci capita di accomodarci nella nostra vita e di perdere di vista le domande, gli stimoli e la ricerca di qualcosa di nuovo e diverso? Andiamolo a vedere insieme a Kafka di Kaiju no.8

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@linkinmark83
@linkinmark83 Ай бұрын
Buonasera Prof! Credo che i fattori in gioco siano principalmente tre. In primis metto la curiosità personale, un’attitudine senza la quale la discussione non può nemmeno iniziare. Non so se è innata, se può svegliarsi nel tempo, sicuramente se c’è può affievolirsi (fino a spegnersi?). Nel mio caso, determinante è stato lo spostamento dal piccolo centro di provincia alla grande città. Ma tornerò su questo concetto al terzo punto. Secondo fattore metterei il tempo. Dirò cose scontate, ma non tutti riescono ad avere lo stesso tempo libero, non tutti hanno un lavoro che può garantire alla fine della giornata una “freschezza mentale” tale da poter approfondire cose nuove alla sera, e non è detto che pur avendone molto a disposizione, lo si spenda sempre bene. Non mi dilungo, almeno qui la faccio breve. Terzo fattore, non meno importante, anzi, il contesto in cui si vive. Come dicevo prima, il trasferimento nella città ha solleticato in me una curiosità che prima era solo latente. Dopo gli studi, anni di precariato mi hanno messo di fronte a diverse sfide che consistevano nell’imparare un mestiere in poco tempo così da rendermi utile il più possibile… ed è proprio quando questo girovagare in diverse realtà lavorative è finalmente cessato, ho avvertito il bisogno di mettermi alla prova con qualcosa di nuovo. Da zero. Mi mancavano nuove sfide. “Adesso sei a posto, chi te lo fa fare?” mi dicevano. Avevo lo stimolo di tornare su quanto studiato all’università, ma oramai in quel mondo ho dato tutto; mi incuriosiva la storia, o il riscoprire una lingua… poi è arrivata la Filosofia, ed è andata bene così. Ma il contesto è tiepido in questo senso. Ho concluso un pensiero. Non positivo, ma tant’è. A volte vedo i vari contesti che si frequentano (più o meno volontariamente, dalla famiglia al lavoro, per intenderci) come un “blob” che cerca di avvolgerti, e far sì che le tue qualità possano apportare qualcosa di utile al contesto. Nel momento in cui tu approfondisci una “skill” che non ha nessuna utilità a quel gruppo sociale (per quanto possa essere nobile), esso metterà in piedi i meccanismi per far sì di disincentivarti ad andare avanti. Con disinteresse, demotivazione, derisione ecc. ecc. Io ad esempio vorrei poter leggere un libro in santa pace, senza essere interrotto. Non è come affrontare manga o fumetti, con i quali ho dimestichezza assoluta, e comunque ho letto poco in vita mia, quindi non mi è esercizio facilissimo. Non vedo poi nei vari contesti la voglia di approfondire chissà che di profondo e intelligente, non a caso approfitto di questo spazio (e del corso di filosofia attiva che frequento, che però, sono ben consapevole non è LA Filosofia) per allenarmi un po' ad oliare le rotelle. Nel mezzo del cammin della mia vita, avverto la ricerca di un “qualcosa di più”. Anche poco, pochissimo, ogni giorno, ma sento di averne bisogno. Perché ne traggo piacere. Difendo per tanto con le unghie e con i denti, da chicchessia, ciò che mi appassiona e rasserena. Perché il segreto è riuscire a “sedersi sugli allori” come stato emotivo (cioè avere una serenità di fondo, cosa difficilissima peraltro) senza però farlo "attivamente", senza mai perdere voglia di imparare qualcosa di nuovo, approfondire, confrontarsi, mettersi in gioco, e possibilmente con persone di età diverse, perché da tutti e da tutto c’è da imparare. Vedrei in extremis altri fattori in campo: approccio generale che incentiva a migliorarsi economicamente più che culturalmente, o quantomeno lo studio ti serve principalmente per il lavoro e poco altro; informazione che non ritengo affidabile che crea - di proposito - confusione e disordine, ed aggiungo ignoranza… può bastare? Mi viene in mente il titolo del film di Totò “Chi si ferma è perduto”… ma chi smette di pensare, forse, non esiste neanche più.
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia Ай бұрын
@@linkinmark83 Grazie per questi spunti. Sopratutto per i tre fattori che nel video sono un po’ sottovalutati. Mi sembra di tornare alla bellissima introduzione di quel corso di filosofia che è “Il mondo di Sofia”, quando si parla della pelliccia del coniglio. Con l’attenzione che, a volte (o forse spesso) abbandonarsi alla quotidianità non è una scelta. Grazie davvero!
@linkinmark83
@linkinmark83 Ай бұрын
@@mangasofiaLammoglia “Abbandonarsi alla quotidianità” è il punto focale della questione. Non è necessariamente una colpa, a volte la vita è un flusso che trascina, il tempo scorre e non c’è la possibilità di accorgersene… qui solo la consapevolezza può dare una scossa, e subito dopo serve la volontà, per combattere e difendere quell’angolo di vera libertà che possiamo concederci. Mi vengono in mente le parole di Valerie di V per Vendetta, anche se qui le utilizzo in un contesto diverso: “tranne quell’ultimo centimetro… un centimetro… è piccolo, ed è fragile, ma è l’unica cosa al mondo che valga la pena di avere. Non dobbiamo mai perderlo, o svenderlo, non dobbiamo permettere che ce lo rubino…” Interpretiamole come se fosse un invito a mantenere acceso l’animo dello “studente” che può essere in noi, ma non con l’atteggiamento delle scuole dell’obbligo, dove non tutto può piacere e qualcosa lo si fa forzatamente; non con lo spirito universitario, dove si impara per poi ritagliarsi un buon posto nel mondo del lavoro; non con la realtà dei corsi professionali, che si fanno per accrescere le skills e migliorare la propria posizione; facciamolo una volta tanto per NOI stessi. Diranno: non ci porterà niente in tasca. E ALLORA? La miglior difesa alle osservazioni inopportune di questo tipo, è rispondere con domande. Mostratemi queste “tavole della legge” dove sta scritto che finita l’università io non possa più imparare niente. Confermatemi che solo ciò che porta soldi in tasca è utile. Dimostratemi che la vita è fatta di tappe obbligate che si devono fare e basta, e ogni cosa è a suo tempo, e una volta finiti gli studi “non voglio più aprire un libro in vita mia”. “Perché gli altri fanno così”, “Alla tua età dovresti pensare a…”. Questi precetti chi li ha decisi? Perché imparare cose nuove dovrebbe essere un pericolo, o visto come un fastidio? C’è solo la distrazione, come ricompensa del dovere? Le ferie a ferragosto? Il programmino in tv la sera che ti fa vedere posti del mondo dove realizzi che non potrai andare mai per tutta una serie di motivi, però è come ci fossi andato guardandolo? Osservare, imparare, conoscere, se non è tutto, poco ci manca. Lo si può fare con un libro, con delle lezioni online, il top sarebbe viaggiando, ma basta anche solo guardarsi attorno, solo se con la mente ben accesa. Oggi sarei un ottimo studente. Metterei l’impegno totale, senza però puntare al massimo del risultato, anzi, sarei solo contento di aggiungere cose nuove al mio bagaglio, e al diavolo il voto. A volte è anche questione di tempistiche, di eventi che stimolano curiosità, che incentivano il “risveglio”… le tappe della vita sembrano fissate, ma ognuno ci arriva " a modo suo", e non sempre è pronto al momento giusto. Concludendo, non bisogna ascoltare le vocine petulanti che ti bisbigliano “ma chi te lo fa fare… rilassati”. Per dormire c’è la notte.
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