Lessico filosofico: epoché
1:54
Lessico filosofico: afasia
1:46
Pokémon: giudizi affrettati
12:27
Lessico filosofico: SCETTICISMO
1:41
Lessico filosofico: eclettismo
1:56
Vinland saga: potere e logoramento
17:12
Lessico filosofico: apatia.
2:01
2 ай бұрын
JoJo: leggere gli altri
12:37
2 ай бұрын
La sconfitta della politica
3:30
3 ай бұрын
Lessico filosofico: oikeiosis
1:22
JoJo: scrittura e interpretazione
11:33
Eden: IA e lutto
10:26
3 ай бұрын
Eden: governo mondiale
9:58
3 ай бұрын
Пікірлер
@Sam-bn7jk
@Sam-bn7jk 2 күн бұрын
Dei bambini si occupano le mamme perché le donne sono tendenzialmente afferenti più al profilo psicologico di chi si interessa alle persone più che alle cose, e viceversa nel caso degli uomini, e ciò sicuramente per una deformazione evoluzionistica imposta appunto dal fatto di essere le responsabili di una lunga gestazione della prole, prole che poi necessita di diversi anni di accudimento per divenire indipendente, mentre nel frattempo l'esemplare maschile sfrutta la propria superiorità fisica per, molto generalisticamente diciamo, intervenire nel mondo a vantaggio suo e del nucleo familiare (e sociale più avanti), nulla togliendo alla componente femminile che appunto diviene sempre più nel tempo (evoluzionisticamente continuando a supporre) detentrice del controllo sulle questioni emotive, private, relazionali del nucleo familiare. Uomo e donna sono diversi e necessariamente, ma altrettanto necessariamente si compenetrano completandosi (e allora noi maschi saremo anche "imbecilli" nell'ottanta percento dei casi dipendendo conseguentemente dalle donne, ma è altrettanto vero il contrario per molti altri aspetti, ossia che le donne sono buone a nulla, incapaci in un'altrettanto ottanta percento di loro casi senza il nostro aiuto. I movimenti politici di derivazione modernista di oggi mi fanno sbadigliare. A maggior ragione quando sono gli uomini stessi a sostenerli... Proseguendo nella (dolorosa) visione del tuo video, resto (purtroppo sempre meno) sbalordito dal vederti esporti con frasi del tipo "componente femminile non naturalmente portata ma socialmente addestrata a fare questo" riferendoti al lavoro di organizzazione della casa e della famiglia, prendendo come assunto aprioristico il fatto che la donna in sè sia stata oggetto di un complotto millenario che l'abbia relegata in una posizione atta semplicemente a sgravare l'uomo di certe incombenze. Andassero ad alzare ballini di cemento mi verrebbe da obiettare a questo punto, un po', me lo si passi, prosaicamente: non si prende in considerazione il caso dei lavori pesanti, o in ogni caso fisicamente usuranti, oltre che poco retribuiti in quanto poco specializzati, nei quali la componente lavorativa è a quasi totalità maschile? Lavori che poi costituiscono la maggior parte degli impieghi nell'economia globale. Attenzione a proseguire troppo con questo giochetto mentale del transfemminismo, perché poi le donne devono andare in cantiere a spaccarsi la schiena (meno robusta statisticamente di quella degli uomini) e i loro mariti a casa a guardare ed educare i bambini, con tutta la frustrazione del caso dovuta a un'inevitabilmente differente indole, livelli ormonali, modo di vedere il mondo... Oltre che conseguente inadeguata educazione dei figli probabilmente. Con il risultato che i bambini diventeranno adulti estremamente disfunzionali, e che non ci saranno più case solide dentro alle quali abitare, viste le condizioni dei cantieri.
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 2 күн бұрын
@@Sam-bn7jk l’assunto evoluzionistico che esponi può anche essere una risposta sul perche questa disparità nei lavori di cura sia nata, ma da ciò non consegue affatto che debba rimanere così. E questo per molteplici motivi: 1) lo sviluppo tecnologico permette di alzare ballini di cemento (non in ogni caso, ma in molti) anche senza dover avere la necessaria forza fisica; 2) non tutti i maschi sono carpentieri, eppure molto pochi si occupano dei lavori di cura; 3) il lavoro extra casalingo è componente che, per vari motivi economico-sociali, occupa quasi in egual misura i due sessi, ma questo bilanciamento non si riscontra nel lavoro casalingo. Non vale per tutti, ovviamente, e la riflessione vorrebbe concentrarsi proprio sull’importanza di questo doveroso bilanciamento. Non dico che gli uomini dovrebbero caricarsi di tutto il lavoro di cura. Anche per le differenze che sostieni, che psicologicamente ci sono, la compenetrazione dei due aspetti costituisce un punto importante della funzione educativa (a patto, non scontato, di dare uguale dignità alle due figure). Questo non cresce affatto bambini disfunzionali ma consapevoli. La critica che muovi parte da un presupposto/pregiudizio (forse) errato dovuto ad un’immagine del femminismo (dovuta anche a certe derive femministe che tali non sono, tanto da essere criticate all’interno del movimento stesso) in cui ci sarebbe una sostituzione dei ruoli, mentre quello che si vuole cercare è una maggior integrazione e parità di diritti e dignità. In ultimo, ci sono molte femministe che riconoscono quello che tu dici: in occasione di lavori logoranti (che come detto al 2) non sono la totalità) è ovvio che ci sia uno squilibrio del lavoro di cura, sebbene si parta da un dialogo familiare che porta un riconoscimento della situazione. Consiglio, su questo, i temi e le discussioni di Francesca Bubba che si è esposta molto sul tema, ricevendo critiche assurde tanto da essere additata come nemica del femminismo, mentre mi pare che cerchi quanto più possibile di conciliare teoria e realtà.
@roby8169
@roby8169 2 күн бұрын
Sinceramente non mi sembrano considerazioni che arricchiscono il dibattito di un nuovo punto di vista, anzi, alla fine è l'ennesima ricerca di stereotipi per additare alla disparità. Tutti fermi a trattare il tema del momento, il femminismo; come se si dovesse rendere uguali uomo e donna in ogni cosa. Su che base poi? Ma visto che si parla di famiglia l'attenzione andrebbe rivolta alla figura più debole, che non è non è la donna. Chiediamoci: cos'è meglio per i figli? Le risposte a questa domanda sono ciò che aiuterebbe a costruire una società migliore.
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 2 күн бұрын
@@roby8169 il femminismo non punta a rendere uguali ma con uguali possibilità e diritti. Detto ciò, concordo con il tuo spunto finale. Parliamo di questo: cos’è meglio per i figli? Perché i padri sono “fragili” nella loro funzione famigliare? Cosa dovremmo/potremmo fare?
@roby8169
@roby8169 Күн бұрын
@@mangasofiaLammoglia conosco la definizione di femminismo, sostenere che i ruoli genitoriali siano immotivatamente stereotipati è un'affermazione superficiale, ogni giorno si vuole scovare un qualcosa da spacciare per discriminazione, questo non è femminismo. Vuoi un altro spunto interessante? Si parla solo delle mamme che scelgono di lavorare e di come agevolarle, nessuno però parla mai di quelle che invece vorrebbero essere solo mamme come una volta ma non possono farlo perché oggi uno stipendio non basta più. Di quelle donne non si parla mai, eppure a loro la possibilità di scelta è stata tolta.
@mattiabonfanti5147
@mattiabonfanti5147 2 күн бұрын
ciao, guarda sono parecchio in disaccordo con le idee espresse da quel fumetto. Faccio un esempio: il carico mentale. Allora da giovane ho lavorato al pass di una cucina di un birrificio che aveva 300 coperti e facevamo da mangiare alla carta. Il menù era ampio, avevamo primi, secondi, hamburger, affettati e così via... Il mio compito era quello di "leggere" le comande e di coordinare la cucina in modo che piatti diversi con tempi di cottura diversi uscissero assieme. giusto per chiarire dato che non premetto che tu abbia lavorato in una cucina, se arrivavano assieme 10 ordini, non è che ne si preparava uno alla volta. dovevo essere io a dare il tempo e i diversi ordini procedevano assieme in modo da essere "incastrati" e poter uscire nel minor tempo possibile senza accavallarsi. il servizio iniziava alle 20:00 e a seconda dei giorni finiva alle 24:00 o alle 01:00. Ora io so la difficoltà di incastrare tutte queste "cose da fare" che non sai quando arrivano, come arrivano e quanto ci metterai. Se però dovessi gestire una famiglia, credo che farei molta meno fatica, dato che magari con una buona agenda ho risolto il problema, senza considerare che molte cose sono ripetitive e prevedibili (la scuola dei figli è sempre quella così come le attività extrascolastiche, i mestieri posso calendarizzarli: lavatrice ogni lunedì e giovedì, stessa cosa con la spesa ecc...). Altro esempio, la storia di Emma. Innanzitutto mi offende il fatto che l'autrice pensi che io possa cazzeggiare al lavoro. Vedi, se io devo fare un fumetto posso "cazzeggiare" per poi spacciare il mio cazzeggio come momento di riflessione e di genesi creativa, se lavoro in catena di montaggio e devo fare 300 pezzi l'ora ovvero 2400/giorno non è che se faccio un'ora di straordinario (che magari è pure obbligatoria e che quindi non decido io) i pezzi che faccio quel giorno sono sempre 2400. saranno invece 2700 ( 300*9). quindi un'ora in più corrisponde a più lavoro, se poi l'autrice conosce qualcuno che cazzeggia sul posto di lavoro, la invito a segnalarlo ad datore di lavoro (non mi piacciono i lavativi). Tra l'altro questa storia mi fa pensare che sto povero cristo di marito (se veramente fa come descritto nella storia) sta talmente male a casa che piuttosto resta al lavoro (e di gente che ama stare al lavoro ne conosco pochissima, la stragrande maggioranza non vede l'ora di andare a casa) per poi scappare subito uscendo con gli amici. Narrazione che poi entra in conflitto con il "lavoro emozionale" che se come dice lei verrebbe svolto, magari sto marito a casa con una compagna che lo fa stare bene ci resterebbe. Voglio inoltre per fare un'altra riflessione su questo... lavoro emozionale. Se tu hai bisogno di svolgere un "Lavoro Emozionale" per essere sopportabile perchè altrimenti romperesti le scatole, faresti arrabbiare, offenderesti ecc... significa che magari non sei proprio una bella persona, altrimenti ti verrebbe naturale essere piacevole, non ti ci dovresti impegnare... (un po' come l'amico brillante che fa le battute divertenti, gli viene naturale non è che sta lavorando come comico). Ci potrebbe anche essere un'altra opzione, ovvero: questa ragazza sta vivendo in una relazione dove lui è abusante e in quel caso il suggerimento è scappa a gambe levate. Chiudo lasciano come da te richiesto una mia esperienza personale di discriminazione. a 27 anni sono stato molestato da una donna di mezza età (mano sul culo accompagnata da frase:" va qui che bel maschione") mentre parlavo con due mie conoscenti, le quali vista la scena, anziché capire che una violenza è una violenza anche se è un uomo a subirla e quindi quantomeno chiedermi se andava tutto bene, si sono messe a ridere. Perchè per qualche strano motivo una donna che abusa di un uomo non sembrerebbe essere una grave violenza (ricordo che stiamo parlando dell' art 609 bis. del codice penale) ma invece qualcosa di divertente... Per fortuna ho potuto chiedere aiuto ad un centro antiviolenza, giusto? No. Quelli sono solo per le donne, gli uomini si attaccano e tirano forte. E a chi pensa che sono pochi gli uomini che subiscono violenza, suggerisco di andare a vedere le statistiche sulla violenza sessuale verso gli uomini e confrontarle con il numero di donne (suggerisco quelle americane, in italia ci sono solo quelle sulle donne). Mi scuso se ho scritto un papiro, però forse è ora di capire che non tutto ciò che dice una femminista è buono, giusto o vero. grazie per avermi letto, ti auguro tante belle cose.
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 2 күн бұрын
@@mattiabonfanti5147 mi prendo un po’ di tempo per rileggerti e ti rispondo. Per ora, grazie mille per la tua condivisione!
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 2 күн бұрын
@@mattiabonfanti5147 ciao! Secondo me hai esposto dei punti molto interessanti su cui discutere. Parto dalla fine: sono sicuro che anche gli uomini subiscano violenza, ed è interessante e significativo ciò che hai segnalato. La domanda è: perché gli altri hanno riso? Perché è difficile pensare che anche le donne usino violenza? Credo che anche questo faccia parte del portato narrativo culturale che ha costruito questa situazione. Sul lavoro emozionale ho interpretato in modo diverso: non credo che lei debba farsi piacere, quanto piuttosto che sia educata a mettere a proprio agio. Invece di sbottare o di sottolineare l’ offensività di alcuni commenti/atteggiamenti li si accetta. Non è una cosa solo femminile, al lavoro lo facciamo quasi tutti, in particolare con i clienti. Le donne hanno più probabilità di farlo anche fuori. Sulla questione del lavoro ho riportato perché mi sembrava interessante, ma lei parla della situazione francese che non conosco. Per quello che riguarda noi, è abbastanza vero che è esistito (adesso meno, ma credo che sia semplicemente cambiato) il topos del bar dopo il lavoro. Non è un problema in sé, se non per ciò che concerne il lavoro di cura, appunto. Infine, hai ragione! Noi non siamo imbecilli. Siamo capacissimi di gestire una famiglia. Eppure deleghiamo. La barzelletta base dell’italiano medio è dov’è x? Chiedilo alla mamma. Che ne dici? Grazie per il confronto (e per i toni, che sono sempre molto apprezzati!)
@linkinmark83
@linkinmark83 4 күн бұрын
L’aneddoto dell’asilo è un utile punto di partenza. Ancora prima che sulla tematica del video, mi viene da riflettere sull’apparente “banalità” del quotidiano, che ad un più attento esame nasconde infinite complessità. E’ curioso realizzare quanta routine viviamo senza mai approfondirla, senza accorgerci delle “regole” che la guidano, senza notare quel “qualcosa che non va”, a meno che non sia palesemente evidente. Oppure, qualora succeda, ci si ferma… e ci si riflette su…? Mah, difficile, più probabilmente si fa finta di niente, si scrollano le spalle e via, nel tourbillon di cose da fare. Quando dicevo che “la filosofia ferma l’attimo”, intendevo anche questo. Vivere una situazione e avere al contempo la capacità di saperla leggere, dote rara e di sicuro non agevolata dalla frenesia del portare a termine la giornata senza grandi intoppi. Io credo spietatamente che la quotidianità uccida tutto, ma io sono poca cosa, pertanto citerò due frasi che spiegano un po' meglio la mia riflessione sul video. Forse parto da lontano, ma per me sono le premesse fondanti i ragionamenti che porto avanti da anni. Tra le citazioni di True Detective che hanno lasciato il segno, una di queste è “Alcuni antropologi linguistici pensano che la religione sia un virus del linguaggio che riscrive percorsi nel cervello e offusca il pensiero razionale”. Non voglio qui parlare di religione, non è l’argomento del video (anche se non è del tutto estranea alla problematica), ora lo applicherei più generalmente al “chiacchiericcio quotidiano”, nei vari gruppi sociali che si frequentano (penso alle “domande scomode” alle quali spesso le donne sono sottoposte, tanto per fare un esempio). In aggiunta, sempre tanto tempo fa, negli approfondimenti stimolati dagli spunti forniti da Carmelo Bene al Costanzo Show, mi imbattei in un articolo del quale riporto un pezzo che mi colpì: “On n’échappe pas de la machine, diceva Gilles Deleuze pensando alla pervasività delle parole d’ordine che compongono il linguaggio sociale. Tutto alimenta la ricorsività rituale”. Questa riflessione era un attacco agli scontati convenevoli preconfezionati da utilizzare in determinate circostanze, ed anche questa si può tranquillamente applicare al quotidiano. Concludendo l’estenuante preambolo, e tornando per un attimo a Montaigne, mi vengono in mente i concetti di “abitudine” e “credenza” che sto approfondendo di recente con Hume. Il nostro vivere quotidiano non è una “imposizione divina”, ma “funziona così”. Giorni, settimane, mesi, anni, decenni di ripetitività di meccaniche, che diventano una “legge non scritta”. L’ABITUDINE è la GUIDA, e il LINGUAGGIO il suo VERBO. Messa così, sembra quasi una sentenza inoppugnabile. Può andare bene finché si parla del sole che sorge tutti i giorni o della gravità, ma se abbiamo una sensibilità, se ci accorgiamo che queste “leggi” non scritte rassicurano alcuni esseri viventi ma ne tormentano altri, e condizionano non poco il loro cammino, e la loro felicità, “abbiamo un problema”. C’è un malumore, un disagio, si deve affrontare. I valori Etici rimangono, ma la morale e le consuetudini possono variare nel tempo. Certamente, in merito alla domanda “se pensate alla vostra situazione vedete replicate queste meccaniche?”, beh rispondo sì. Venendo da una realtà piccola di provincia, tutti questi schemi sociali/comportamentali sembrano scolpiti nella pietra. Non potendo vincerli, sono fuggito in cerca di lidi migliori. Nella realtà cittadina, per quanto possa valere la mia piccolissima esperienza, ho trovato più apertura mentale. Tra i colleghi giovani, mi sembra di intravedere maturità e sensibilità sulle tematiche del rispetto reciproco. Tornando alla necessità di “correggere” le regole del gioco, come si può affrontare il problema? Prima soluzione brutale. Il tempo scorre, il vecchio “sparisce” e il nuovo “avanza”. Se ne parla, se ne dibatte, si tiene acceso il fuoco, in attesa che il tempo faccia il suo lavoro. Ma mi sembra un po' perfido da dire, e il miglioramento non aspetta “tempi migliori”, lo si cerca nel presente. Si può dunque lavorare sulle nuove generazioni. Qualcuno dirà “i ruoli sociali distinti sono un punto di riferimento, sono necessari per lo sviluppo armonioso della collettività”? Oppure “La famiglia è sacrosanta, è uno dei valori che regge la società”? Sarà anche così, conosco però con certezza quanto è difficile essere inquadrati in un ruolo che non si sente proprio, o come se non ci fosse alternativa al seguire un copione già scritto. La società è restia al cambiamento? Nessuno vuole “fare crollare tutto”, semplicemente sì propone l’ “alternativa”, un ragionamento che parte dalla “regola” (che, ricordiamolo, non è una legge scritta da nessuna parte) per mostrarne i punti deboli, ed aprire all’ “eccezione”, e fare capire che forse poi eccezione non è. Se si rispetta sé stessi e il mondo, ognuno dovrebbe poter provare a seguire il proprio percorso. Le mie non sono idee molto chiare, del resto se è impresa ardua reinventare sé stessi, figuriamoci cambiare la mentalità della società, ma con le nuove generazioni il discorso è fattibile. Certamente le persone hanno bisogno di certezze, di “punti di riferimento”… prendiamo i “gruppi sociali”, con le più disparate esigenze, chi reclama un valore, chi un altro, mettiamoci il mondo dei talk, l’influenza politica, religiosa, shakeriamo nella società odierna e otterremo… il caos? Forse basterebbe semplicemente ricordare che uno dei pochi valori immortali è il RISPETTO dell’altro, a prescindere dalle sue caratteristiche caratteriali e “accessorie”; la società dovrebbe poter garantire l’“eclettismo” delle persone, così da poter seguire le proprie inclinazioni senza il giudizio altrui… sembrano idee che arrivano dall’Iperuranio, ma sarebbe naturale applicarle! PS: mi sembra di aver scritto una supercazzola 🤔
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 4 күн бұрын
@@linkinmark83 se è una super cazzola, è scritta benissimo! 🤣 Grazie come sempre del prezioso contributo. Ora lo medito un po’!
@linkinmark83
@linkinmark83 4 күн бұрын
@@mangasofiaLammoglia Probabilmente è “la montagna che ha partorito il topolino”, un pastiche che attinge un po' dalla filosofia che ho assaggiato e lontanissimi ricordi di sociologia, l’unica materia umanistica (ahimè!!!) affrontata sui banchi universitari… c’entra fino a un certo punto con la tematica del video, forse mi riferisco più ai diritti “in generale”… mi rendo anche conto che predico tanto bene, ma non sono esente da colpe e probabilmente anch’io “non scappo dalla macchina” Anche se penso che abbozzare un “buon ragionamento”, seppur per la prima volta, e su argomenti mai riflettuti o solo sfiorati superficialmente, a seguito di uno “stimolo intelligente” (che, ribadisco, non trovo spesso nel quotidiano, e di cui avverto bisogno), sia un buon allenamento per migliorare l’etica personale💪
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 4 күн бұрын
@@linkinmark83 ragionare su azioni possibili, con ampio anticipo, è un buon modo di allenarsi alla pratica, salvo poi avere il “sangue freddo” di ricordare i propri ragionamenti cercando di discostarsi dall’opportunismo egoista del momento.
@linkinmark83
@linkinmark83 Күн бұрын
@@mangasofiaLammoglia Mi viene in mente il Nobile Ottuplice Sentiero buddhista: dietro ogni cosa che facciamo dev’esserci una retta intenzione, un retto pensiero, e tradursi in una retta azione… ci vuole coerenza, e coraggio, nel quotidiano, ad esporsi. Ad esempio, un caso “concreto” che non ho citato prima, sono le classiche domande “scomode” poste, ad esempio, alle coppie, credo non sia neanche necessario riportarle. O anche le “pressioni sociali” per conseguire quei traguardi che per molti sono (sembrano?) obbligati, ma non per tutti forse, no? Difficile arrivare a capire che ogni persona, ma anche ogni coppia, ha delle meccaniche interne difficilmente sondabili? Eh no, bisogna trovare il modo di menarlo (e qui abbandono il linguaggio ricercato). Quando mi riferivo al parlare come un veicolo dell’abitudine, per me si traduce soprattutto in quelle domande fastidiose e invadenti, che vengono poste con leggerezza e superficialità. Credo che ci siano tematiche legate al proprio intimo, sia individuale che di coppia tanto per allargare il discorso. Il grado di confidenza dovrebbe aiutare a porgersi in modo prudente e discreto, quello che infastidisce è quando certe “intromissioni” arrivano da persone che hanno una scarsa conoscenza del soggetto al quale fanno la domanda. Nel corso del tempo con l’ironia, il nonsense oppure il rispondere… con una domanda, io ho imparato a gestire la situazione, ma riconosco che in soggetti più sensibili possano generare fastidio e una sorta di “violazione” del proprio intimo…
@linkinmark83
@linkinmark83 4 күн бұрын
Buonasera prof.! La base per ragionare su questo tema mi giunge dalla Francia, più di 400 anni fa… SAGGI - CAPITOLO XXIII - Della consuetudine e del non cambiar facilmente una legge acquisita ... Infatti la consuetudine è in verità una maestra di scuola prepotente e traditrice. Ci mette addosso a poco a poco, senza parere, il piede della sua autorità; ma da questo dolce ed umile inizio, rafforzato e ben piantato che l’ha con l’aiuto del tempo, ci rivela in breve un volto furioso e tirannico, di fronte al quale non abbiamo più neppure la libertà di alzare gli occhi. La vediamo forzare ad ogni istante le regole di natura. ..... Le leggi della coscienza, che noi diciamo nascere dalla natura, nascono dalla consuetudine: ciascuno, infatti, venerando intimamente le opinioni e gli usi approvati e acquisiti intorno a lui, non può disfarsene senza rimorso né conformarvisi senza soddisfazione. In passato, quando gli abitanti di Creta volevano maledire qualcuno, pregavano gli dèi di assoggettarlo a qualche cattiva abitudine. Ma il principale effetto della sua potenza è che essa ci afferra e ci domina in modo che a malapena possiamo riaverci dalla sua stretta e rientrare in noi stessi per discorrere e ragionare dei suoi comandi. In verità, poiché li succhiamo col latte fin dalla nascita e il volto del mondo si presenta siffatto al nostro primo sguardo, sembra che siamo nati a condizione di seguire quel cammino. E le idee comuni che vediamo aver credito intorno a noi e che ci sono infuse nell’anima dal seme dei nostri padri, sembra siano quelle generali e naturali. Per cui accade che quello che è fuori dei cardini della consuetudine, lo si giudica fuori dei cardini della ragione: Dio sa quanto irragionevolmente, per lo più. Se, come abbiamo imparato a fare noi che ci studiamo, ognuno che ode una sentenza giusta guardasse subito in che modo essa lo concerne espressamente, troverebbe che non è tanto un buon detto, quanto un buon colpo di frusta all’abituale stoltezza del suo ragionare. Ma si accolgono gli ammonimenti della verità e i suoi precetti come se fossero rivolti agli altri, e mai a noi stessi; e invece di applicarli ai propri costumi, ognuno li mette a dormire nella propria memoria, molto scioccamente e inutilmente. ..... Chi vorrà liberarsi da questo acerrimo pregiudizio della consuetudine troverà molte cose ammesse con sicurezza scevra di dubbio, che non hanno altro sostegno che la barba bianca e le rughe dell’uso che le accompagna; ma, strappata questa maschera, riconducendo le cose alla verità e alla ragione, sentirà il suo giudizio come tutto sconvolto, e tuttavia rimesso in ben più saldo assetto. Per esempio, gli domanderò allora che cosa può esserci di più strano che il vedere un popolo obbligato a seguire delle leggi che non ha mai compreso, sottoposto in tutte le sue faccende familiari, matrimoni, donazioni, testamenti, vendite e acquisti, a regole che non può sapere perché non sono scritte né pubblicate nella sua lingua, e delle quali deve per necessità comprare l’interpretazione e l’uso.
@linkinmark83
@linkinmark83 11 күн бұрын
Buonasera Prof! Tematica nuova per me, non ci ho mai ragionato sopra… potevo scegliere di stare zitto, tuttavia vedrò di buttare giù qualche idea, sperando di non andare troppo fuori tema. Intanto si può ragionare su cosa sia l’Arte… e già qui trovare una definizione che la categorizzi mi riesce difficile. Forse non è altro che un modo di comunicare, uno dei vari mezzi per esprimere il sé, nei confronti dell’altro. Probabilmente è un modo di interagire “non necessario”. Mi spiego meglio. Il parlare, ma in fondo anche la semplice gestualità, il vestirsi, insomma l’atto di “presentarsi” all’altro, è comunicare. Non vivendo in un’isola deserta, questo è inevitabile. L’arte è un modo di comunicare in aggiunta ai metodi “canonici”: non tutti evidentemente sentono il bisogno di esprimerlo (anche se un pizzico di fantasia e creatività, una qualche velleità “artistica”, penso accarezzi chiunque). Di sicuro coinvolge tutti, che interessi o meno. Può non esserci arte dentro di te, o magari non sei in grado di esprimerla, ma ne sei circondato. Basta anche solo passeggiare nel luogo dove abitiamo, guardandoci attorno. O accendere una radio. Definirla non è facile, categorizzarla forse un po' più agevole, giudicarla… superfluo? Quante volte sentiamo dire “puah, questa non è arte”. Ha suscitato una reazione, ha comunicato a modo suo, quindi ha fatto comunque centro? All’artista interessa piacere per forza a tutti, o suscitare un’emozione, generare un confronto, fare discutere? Per allenarmi un po' con i concetti cardine della materia, coinvolgo in questa incerta riflessione l’empirismo, spero non del tutto a sproposito, non me ne vogliate. Sui banchi ci insegnano cosa è l’arte, come va studiata, quali sono gli artisti più importanti, i loro “tratti caratteristici”, insomma ci vengono inculcate delle “idee generali e condivise”, chiamiamole così, per darci una base di partenza. Poi, “sul campo”, quando ci troviamo di fronte all’opera, l’esperienza che viviamo può andare oltre quello che ci è stato insegnato. Possiamo trovare conferme, scoprire nuove interpretazioni, innamorarci o detestare ciò che stiamo vedendo (anche se l’esperienza non può non essere un po' “filtrata” da quanto conosciamo già). Il procedimento può essere letto anche al contrario. E forse è quello che avviene più spesso, anche perché non tutti studiano arte a scuola, seguono trasmissioni a tema o frequentano regolarmente mostre/musei. Come detto giustamente nel video, spesso in un museo, per il “visitatore della domenica”, quale ad esempio mi sento io, c’è una scorpacciata di opere tale da stordire. Alla fine della visita è difficile ricordare la maggior parte dei dettagli, c’è la sensazione di avere visto dei “bellissimi quadri con paesaggi realistici e colori vivi” o delle “sculture imponenti con dettagli curatissimi”, ma resta poco altro. Da qui l’esperienza può portare alla voglia di approfondire, di studiare un determinato artista, o anche solo di capire il perché si esprimeva in quel modo. Dall’esperienza allo studio, quindi. Mi domando: che l’Arte sia una “realtà” tra le più libere in assoluto? Nel momento in cui tu la definisci con “confini immaginari”, la limiti? Penso, tanto per fare un esempio, alla musica. Alcuni gruppi vengono associati ad un genere o sottogenere ben specifico, e se provano a sperimentare qualcosa di diverso generano stupore e, sovente, dissapori tra i fan. Perché dovrebbero ripetersi? L’etichetta semplifica la vita, ma allo stesso tempo può risultare limitante. E l’abitudine “disabituare” al nuovo, al diverso, al cambiamento, alla sperimentazione. L’Arte, quindi, può insegnarci ad allargare gli orizzonti, a cambiare prospettiva, a metterci nei panni dell’altro. A volte l’Arte può andare oltre il suo creatore. Soprattutto il messaggio. Uno realizza un prodotto con uno scopo, vivendo un particolare stato d’animo, in un determinato periodo storico, e nel corso del tempo il prodotto può divenire oggetto di studio e chi si approccia può fornire nuove interpretazioni, infinite chiavi di lettura, trovare simbolismi (riflessione nata entrando nel mondo di “Neon Genesis Evangelion” ). L’Arte ci comunica tutto o qualcosa dell’altro, ma ci fa indagare anche dentro noi stessi. Rivedere “Donnie Darko” a 20 anni di distanza mi ha portato a nuove riflessioni, ho il doppio degli anni rispetto alla prima visione e faccio ragionamenti diversi, la mia esperienza di vita accumulata dopo la prima volta ha cambiato la gradazione delle lenti degli occhiali con i quali leggo la realtà (e me stesso). “V per Vendetta” visto da ragazzino è un gran film “figo”, che parla del ribellarsi al sistema, da adulto lo raffronti alla realtà, e ti fa un certo effetto vederne replicati alcuni meccanismi. L’Arte ci racconta la storia. O fa la storia? Porta all’oggi immagini del passato, testimonia il presente, e anticipa il futuro. Ma visto che tutto scorre, quindi… trascende il tempo!!! L’Arte è anche follia, imprevedibilità, scherzo. Sa non prendersi sul serio. Estremizzo un po'… tiro una riga su una tela, due tre botte di pennello qua e là, gli affibbio un titolo pomposo o criptico, e se mi gira bene sfruttando i social tra qualche anno decine di critici si accapiglieranno per cogliere un’essenza (che magari non c’è), e muoverà €€€ a palate… per poi concludere che era tutto un bluff. Come sarebbe il Mondo senza l’Arte? Immagino solo ordine, rigore, grigiore, freddezza… c’è quindi bisogno di una miccia che inneschi il Caos, nel senso buono, che tiri fuori da noi tutto ciò che non sia solo ragione e logica. Secondo me ha il pregio di rendere lo “svago” utile, e potenzialmente istruttivo e quindi costruttivo. E’ variegata e multiforme, ce n’è in abbondanza per tutti i gusti. Concludendo, l’Arte ben si accompagna alle infinite sfaccettature dell’Uomo e alla mille pieghe delle sua Storia. PS: anche saper lavorare bene, o vivere serenamente, a volte vengono definiti “arte”… ma preferisco associarla all’ambito della creatività. PS2: anche questo canale è una piccola forma d’arte… l’arte del conversare e ragionare insieme
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 11 күн бұрын
@@linkinmark83 Grazie mille! Ci sono tantissime riflessioni interessanti. Questa volta non ti rispondo puntualmente ma ti invito ad una caccia al tesoro nel canale: ci sono alcuni video sull’arte e altri sulla bellezza, che raccontano un po’ di cosine rispetto a quello che dici. Se questo canale è una piccola forma d’arte, è grazie a chi ne fruisce come te. Come hai detto, l’arte è comunicazione, e non può esistere senza qualcuno che la condivida. Quindi, una volta di più, grazie!
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 16 күн бұрын
@linkinmark83 ci tenevo a ringraziarti per i bellissimi doni. Lo faccio sotto questo video perché ormai ti sento uno della ciurma, ed è stato bellissimo poter condividere con te un pezzo meraviglioso della tua vacanza. Grazie di cuore!❤
@linkinmark83
@linkinmark83 16 күн бұрын
Nel condividere una bella esperienza c'è un surplus di piacere e gratificazione 😊
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 16 күн бұрын
@@linkinmark83 mi hai davvero sorpreso ed emozionato. Ed è stato un piacere incontrarti dal vivo!
@linkinmark83
@linkinmark83 15 күн бұрын
@@mangasofiaLammoglia Grazie grazie troppo buono! A questo punto, aggiungo due riflessioni alla luce dell’incontro di venerdì. Per una volta ho potuto sentire parlare dal vivo due categorie di “esemplari” tanto bistrattati dalla società, figure mai realmente approfondite e troppo spesso coinvolte in dibattiti “diseducativi”, fondati solo su stereotipi e banalità. Parlo di insegnanti e adolescenti. Contro i primi, anche in questi giorni su alcuni social, leggo tante aggressioni da parte di altre categorie di lavoratori, che poi si riducono ad un grottesco dibattito sulla lunghezza delle “vacanze estive”. Non si va da nessuna parte così, chiariamolo subito. E’ una “guerra tra poveri”. Il rispetto reciproco tra le varie “figure professionali” sarebbe un buon punto di partenza per un vivere il mondo del lavoro in modo più armonioso: insegnanti, lavoratori della sanità, forze dell’ordine, impiegati degli uffici, operai, liberi professionisti… A volte leggo post talmente assurdi che penso che ci siano profili fasulli che scrivano apposta belinate per gettare benzina sul fuoco. Una pochezza che mette tristezza: piuttosto si dovrebbe ragionare sulla qualità del servizio offerto, e se queste figure hanno i mezzi per poter svolgere adeguatamente il loro delicato compito. E anche una volta che hanno i mezzi e le qualità per tirare fuori il potenziale degli alunni, a quale società vanno incontro i giovani una volta terminato il percorso sui banchi? E qui passo agli studenti. Anche loro sono rappresentati nei modi più curiosi, solitamente quasi mai positivi, da ciò che sono i mezzi di… di….. di……. non ce la faccio a dirlo, ma dovrebbe essere “informazione” la parola incriminata. Sentire confessare le proprie paure, anzi principalmente una, ovvero ammettere di avere dei sogni, delle aspirazioni, ma con il timore che non ci sia un futuro per realizzarli, è spiazzante. A tutti quelli che criticano e sparlano della “gioventù”, chiediamoci, abbiamo mai parlato con un adolescente? Forse la crescita disfunzionale della nostra società accentua le differenze e le incomprensioni tra le varie generazioni, ma il "buon senso" è un valore senza tempo: vediamo di usarlo. Non sono titolato per parlare, e certamente ho un’età per affrontare le difficoltà con un certo bagaglio di esperienze, eppure dico lo stesso la mia suggerendo di non farsi “fregare” dalle paure che vi vogliono instillare. La paura serve per crescere, certo, e trovo quasi “sano” che venga da dentro di sé, di fronte agli anni a venire, alla propria storia da scrivere. Ma ricordiamoci che la paura è anche un ottimo strumento di controllo delle masse. Ritengo ci siano una paura “sana”, e una paura “artificiale”. Questi giovani hanno tanti mezzi rispetto a generazioni passate ma anche tante (nuove e diverse) fragilità. Alle famiglie e agli insegnanti spetta sicuramente il compito più delicato di accompagnarli in questo percorso, rassicurandoli sulla naturalezza delle loro paure intime, e tutelandoli dalle pressioni e dalla perfidia del mondo esterno, che a me pare dia loro più bastone che carota (quando parleremo del Discorso di Étienne ne avremo da dire…). E per ultimo, tutto il contesto comunitario dovrebbe smetterla di farsi la guerra e prepararsi ad accogliere queste nuove leve permettendo loro di continuare a coltivare e mostrare i loro talenti, senza avvelenarli con stupide rivalità e gare su chi è più schiacciato “dalla macchina”, o chi ottiene il massimo con il minimo sforzo, frustrazioni e amenità varie. Facciamo bene ognuno il nostro compito, rispettiamo l’ “altro”. Rispondiamo al veleno con la serenità.
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 15 күн бұрын
@@linkinmark83 Grazie! È proprio uno dei temi principali della chiacchierata di venerdì. E spero con tutto il cuore, tradotto nel lavoro educativo, che i ragazzi e le ragazze trovino la forza e il coraggio di affrontare questa sfida.
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 15 күн бұрын
@@linkinmark83 p.s. in questo video kzbin.info/www/bejne/qZTJYaqZg8xoo68si=_NSDBq4_jzN3zrue che é un po’ lunghetto, al minuto 27 circa parliamo proprio della paura sana.
@linkinmark83
@linkinmark83 19 күн бұрын
Bentornato Prof!!!!! Abbiamo già assaggiato questa tematica tante volte, parlando di corpo&mente, maschere, aspettative, pressioni e privilegi: mi sembra l’ora di giungere ad una svolta, arrivando, una volta per tutte, alla Verità. … scherzavo, ovviamente aggiungerò solo altre domande, facendo tesoro dei confronti avvenuti in precedenza, e di quanto sto leggendo. “Nessuna qualità ci riveste totalmente e universalmente” (cit. MdM) Chi siamo? Come descriverci? O forse è più facile dire cosa NON siamo? Ragionavo in questi giorni sui rapporti con gli altri. Pochi sono sinceri, autentici, resistono al tempo, alle pressioni, ai cambiamenti, alle differenze. Tanti invece si logorano, si sfilacciano, si perde trasporto. Fino a che punto è una colpa? Perché siamo cambiati noi? Perché sono cambiati gli altri? Perché il rapporto è nato in un momento contingente, e nel trascorrere del tempo il mutare della situazione ha spento il “trasporto” emotivo, facendo venire meno le basi che lo hanno generato? Perché non è facile gestire bene il tempo che si ha a disposizione? Forse un mix di tutto. Chi siamo, quindi, agli occhi degli “altri”? Chi ci “conosce” realmente? Belle domande… ma torniamo al “noi stessi”, che è già di per sé ben complicato affrontare. Una quindicina di anni fa si accesero in me delle riflessioni importanti, e per fortuna ne ho lasciato traccia scritta. Così posso confrontarmi. E quello che commento oggi su questo canale, è un’altra testimonianza ed occasione di confronto con il “me” del futuro. Chi ero prima dell’accensione di quel “sacro fuoco”? Molto severo con me stesso, oggi rispondo “poca cosa” (un “dormiente”, come penserebbe Eraclito, già che si parla di fuoco 😆). Riscontro un’indole, in quelle parole, che non è mai cambiata più di tanto. E’ cambiato il contesto, decisamente in meglio. E’ cambiata la realtà che vivo, le persone che mi circondano. Non è cambiato l’approccio alla vita, meditato e sempre alla ricerca dello scavare in tutte le situazioni per cavarne l’essenza. Questo è l’eterno confronto tra Essere e Divenire: forse c’è una sfumatura di noi, una bozza, come uno schizzo su un foglio, un gusto, un profumo, una sagoma colorata che nella nebbia si riesce a intravedere in linea di massima, ma mai in modo nitido. Un IO percettibile e sfuggevole, allo stesso tempo. Siamo fatti di mattoncini Lego: può essere che ogni giorno siamo una costruzione diversa? Quanti e quali mattoncini c’erano nello scatolone che ci hanno fornito alla partenza? Quanti ne abbiamo aggiunti? Quanti ne abbiamo buttati? Quanti ne hanno aggiunto gli altri, o ce ne hanno portato via? Le gioie, i traumi, le realtà che viviamo (famiglia, lavoro, religione, passatempi) ci influenzano. O direttamente, o in riflesso/reazione ad esse. Un buon contesto di partenza dovrebbe aiutare a procedere bene nel cammino della vita, ma comunque, “che vada tutto liscio”, non è scontato. Sappiamo complicarci la vita da soli. Guardando invece a situazioni negative, magari una famiglia eccessivamente pressante può rendere il figlio represso e infelice (o l’esatto opposto), un partner totalizzante causare l’allontanamento da altre persone positive, un lavoro che logora portare all’esaurimento e al crollo del benessere psicofisico, ecc… Ci sono poi le ambizioni, ma anche le paure, che tirano fuori in noi reazioni totalmente diverse. Anche solo una domanda di un esterno può suscitare una conseguenza emotiva non solo nell’immediato, ma anche cambiare il modo di pensare. Bloccandoci, o magari stimolandoci a reagire? “Noi non siamo mai in noi, siamo sempre al di là. Il timore, il desiderio, la speranza, ci lanciano verso l'avvenire, e ci tolgono il sentimento e la considerazione di ciò che è, per intrattenerci su ciò che sarà, quando appunto noi non saremo più” (cit. sempre lui, MdM) Abbiamo mai scelto CHI essere? … liberamente? Forse possiamo trovare noi stessi nella solitudine? Ammetto che l’ho spesso pensato: forse lì c’è l’IO più autentico? Beh, probabilmente, non è così. L’unico vantaggio della situazione è il poter riflettere “a bocce ferme”, quello sì. Leggersi dentro, senza interferenze esterne. Ma senza l’interazione con “il mondo”, verrebbe a mancare una considerevole parte di personalità. Chissà, forse tutti questi pensieri, letti dall’ “uomo della strada” (ricorriamo un po' a questo stereotipo, per agevolarci il compito), possono spaventare, generare la vertigine. Pascal dice che “Gli uomini, non avendo potuto guarire la morte, la miseria, l'ignoranza, per essere felici hanno scelto di non pensarci”. Chi è riflessivo, introspettivo e tutte queste “brutte cose” qua, è un equilibrista nella vita. Il NON riflettere mi porta tristezza, e la mefitica quotidianità, unita al “pensare comune” del più e del meno, è la più acerrima nemica, per chi ha questa indole. Credo che la Filosofia possa aiutare a tenere un po' più saldo il filo, a camminare con un pizzico in più di sicurezza. Ma poi, in fondo, chi dice che ciò non può valere anche per gli altri? Non siamo nella testa di chi ci sta attorno, e non possiamo sapere quando e quanto facciano introspezione. Definire gli altri “superficiali”, è probabilmente un grande errore di presunzione, che non si dovrebbe commettere. Una cosa è certa: il dubbio mi piace. Non mi spaventa. Demolire certezze non mi destabilizza, anzi. Mi fa sentire vivo, e affamato. E, contrariamente a quanto si può pensare, mi dà una certa serenità d’animo. Prendere i nostri “idola”, buttarli giù dal trono, per ergere al loro posto una curiosità perenne. Forse è per contrastare questo atteggiamento che ci riempiono di concetti IDENTITARI: la nazionalità, la fede, il partito politico, la squadra di calcio, il luogo di origine, ideologie varie&eventuali: non è che sono “stampelle” che il “sistema/società” ci fornisce (impone?) per reggerci nel precario equilibrio della vita? O per distoglierci dalla ricerca interiore, e dallo sviluppo del tanto agognato “pensiero critico”? Togliamoci di dosso questi “orpelli”. Cosa resta? Giocando a fare il Socrate dè noantri, concludo questo caotico vagabondaggio di riflessioni… con una domanda, l’ennesima, e giuro, l’ultima: CONOSCEREMO MAI NOI STESSI? PS: ho scoperto per vie traverse la teoria delle Big Five, di McCrae e Costa… interessante 😉
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 19 күн бұрын
Grazie di esserci sempre con riflessioni e spunti arricchenti. Credo non potremmo mai conoscerci, anche perché dovremmo poter vedere la cicogna ma, come dice Blixen, essa compare solo al termine della notte. Non possiamo conoscere la nostra vita fino al momento della morte dove, probabilmente, non conosceremmo affatto. È interessante la dinamica dei mattoncini lego, poiché richiama il dilemma della nave di Teseo: se cambia ogni pezzo di me, resto me stesso perché mantengo la stessa forma (diciamo il codice del DNA)? Il punto che più mi preme, però, è quello delle amicizie. Anche io ne ho perse molte negli anni. Ci ritrovavamo in una bar a fare due chiacchiere e, più la relazione si allentava, maggiore era il numero di birre bevute: il vuoto relazionale veniva colmato dal consumo fino allo spegnersi completamente degli incontri. Credo che cambino molte cose: le persone, ma anche la relazione stessa. Vengono meno gli interessi che ci univano, probabilmente perché sono riviste le priorità. Cambiano le esperienze di vita, che sono spesso la partenza della condivisione, tanto che si rivangano sempre "i bei tempi" o i "ti ricordi quando"? Ma questi discorsi funzionano solo se alimentati da esperienze nuove condivise o condivisibili. Al contempo, però, sono nate nuove amicizie. Né migliori né peggiori: diverse. P.S.: cos'è la teoria dei Big Five?
@linkinmark83
@linkinmark83 19 күн бұрын
@@mangasofiaLammoglia E' una spiegazione "scientifica" che prova a delineare cinque macroaree della personalità... Ma ce n'è un'altra, di tale Cattell, che ne delinea 16... cito: "sono i tratti più significativi in grado di spiegare la maggior parte della varianza della personalità negli adulti normali"... mi piace quel "normali" alla fine
@giorgiaoodjrjdjdjfj8368
@giorgiaoodjrjdjdjfj8368 19 күн бұрын
molto interessante come sempre
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 19 күн бұрын
Gentile come sempre 🫶🏻
@linkinmark83
@linkinmark83 Ай бұрын
Questo mi mancava!!! Grazie
@linkinmark83
@linkinmark83 Ай бұрын
Buonasera Prof! Credo che i fattori in gioco siano principalmente tre. In primis metto la curiosità personale, un’attitudine senza la quale la discussione non può nemmeno iniziare. Non so se è innata, se può svegliarsi nel tempo, sicuramente se c’è può affievolirsi (fino a spegnersi?). Nel mio caso, determinante è stato lo spostamento dal piccolo centro di provincia alla grande città. Ma tornerò su questo concetto al terzo punto. Secondo fattore metterei il tempo. Dirò cose scontate, ma non tutti riescono ad avere lo stesso tempo libero, non tutti hanno un lavoro che può garantire alla fine della giornata una “freschezza mentale” tale da poter approfondire cose nuove alla sera, e non è detto che pur avendone molto a disposizione, lo si spenda sempre bene. Non mi dilungo, almeno qui la faccio breve. Terzo fattore, non meno importante, anzi, il contesto in cui si vive. Come dicevo prima, il trasferimento nella città ha solleticato in me una curiosità che prima era solo latente. Dopo gli studi, anni di precariato mi hanno messo di fronte a diverse sfide che consistevano nell’imparare un mestiere in poco tempo così da rendermi utile il più possibile… ed è proprio quando questo girovagare in diverse realtà lavorative è finalmente cessato, ho avvertito il bisogno di mettermi alla prova con qualcosa di nuovo. Da zero. Mi mancavano nuove sfide. “Adesso sei a posto, chi te lo fa fare?” mi dicevano. Avevo lo stimolo di tornare su quanto studiato all’università, ma oramai in quel mondo ho dato tutto; mi incuriosiva la storia, o il riscoprire una lingua… poi è arrivata la Filosofia, ed è andata bene così. Ma il contesto è tiepido in questo senso. Ho concluso un pensiero. Non positivo, ma tant’è. A volte vedo i vari contesti che si frequentano (più o meno volontariamente, dalla famiglia al lavoro, per intenderci) come un “blob” che cerca di avvolgerti, e far sì che le tue qualità possano apportare qualcosa di utile al contesto. Nel momento in cui tu approfondisci una “skill” che non ha nessuna utilità a quel gruppo sociale (per quanto possa essere nobile), esso metterà in piedi i meccanismi per far sì di disincentivarti ad andare avanti. Con disinteresse, demotivazione, derisione ecc. ecc. Io ad esempio vorrei poter leggere un libro in santa pace, senza essere interrotto. Non è come affrontare manga o fumetti, con i quali ho dimestichezza assoluta, e comunque ho letto poco in vita mia, quindi non mi è esercizio facilissimo. Non vedo poi nei vari contesti la voglia di approfondire chissà che di profondo e intelligente, non a caso approfitto di questo spazio (e del corso di filosofia attiva che frequento, che però, sono ben consapevole non è LA Filosofia) per allenarmi un po' ad oliare le rotelle. Nel mezzo del cammin della mia vita, avverto la ricerca di un “qualcosa di più”. Anche poco, pochissimo, ogni giorno, ma sento di averne bisogno. Perché ne traggo piacere. Difendo per tanto con le unghie e con i denti, da chicchessia, ciò che mi appassiona e rasserena. Perché il segreto è riuscire a “sedersi sugli allori” come stato emotivo (cioè avere una serenità di fondo, cosa difficilissima peraltro) senza però farlo "attivamente", senza mai perdere voglia di imparare qualcosa di nuovo, approfondire, confrontarsi, mettersi in gioco, e possibilmente con persone di età diverse, perché da tutti e da tutto c’è da imparare. Vedrei in extremis altri fattori in campo: approccio generale che incentiva a migliorarsi economicamente più che culturalmente, o quantomeno lo studio ti serve principalmente per il lavoro e poco altro; informazione che non ritengo affidabile che crea - di proposito - confusione e disordine, ed aggiungo ignoranza… può bastare? Mi viene in mente il titolo del film di Totò “Chi si ferma è perduto”… ma chi smette di pensare, forse, non esiste neanche più.
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia Ай бұрын
@@linkinmark83 Grazie per questi spunti. Sopratutto per i tre fattori che nel video sono un po’ sottovalutati. Mi sembra di tornare alla bellissima introduzione di quel corso di filosofia che è “Il mondo di Sofia”, quando si parla della pelliccia del coniglio. Con l’attenzione che, a volte (o forse spesso) abbandonarsi alla quotidianità non è una scelta. Grazie davvero!
@linkinmark83
@linkinmark83 Ай бұрын
@@mangasofiaLammoglia “Abbandonarsi alla quotidianità” è il punto focale della questione. Non è necessariamente una colpa, a volte la vita è un flusso che trascina, il tempo scorre e non c’è la possibilità di accorgersene… qui solo la consapevolezza può dare una scossa, e subito dopo serve la volontà, per combattere e difendere quell’angolo di vera libertà che possiamo concederci. Mi vengono in mente le parole di Valerie di V per Vendetta, anche se qui le utilizzo in un contesto diverso: “tranne quell’ultimo centimetro… un centimetro… è piccolo, ed è fragile, ma è l’unica cosa al mondo che valga la pena di avere. Non dobbiamo mai perderlo, o svenderlo, non dobbiamo permettere che ce lo rubino…” Interpretiamole come se fosse un invito a mantenere acceso l’animo dello “studente” che può essere in noi, ma non con l’atteggiamento delle scuole dell’obbligo, dove non tutto può piacere e qualcosa lo si fa forzatamente; non con lo spirito universitario, dove si impara per poi ritagliarsi un buon posto nel mondo del lavoro; non con la realtà dei corsi professionali, che si fanno per accrescere le skills e migliorare la propria posizione; facciamolo una volta tanto per NOI stessi. Diranno: non ci porterà niente in tasca. E ALLORA? La miglior difesa alle osservazioni inopportune di questo tipo, è rispondere con domande. Mostratemi queste “tavole della legge” dove sta scritto che finita l’università io non possa più imparare niente. Confermatemi che solo ciò che porta soldi in tasca è utile. Dimostratemi che la vita è fatta di tappe obbligate che si devono fare e basta, e ogni cosa è a suo tempo, e una volta finiti gli studi “non voglio più aprire un libro in vita mia”. “Perché gli altri fanno così”, “Alla tua età dovresti pensare a…”. Questi precetti chi li ha decisi? Perché imparare cose nuove dovrebbe essere un pericolo, o visto come un fastidio? C’è solo la distrazione, come ricompensa del dovere? Le ferie a ferragosto? Il programmino in tv la sera che ti fa vedere posti del mondo dove realizzi che non potrai andare mai per tutta una serie di motivi, però è come ci fossi andato guardandolo? Osservare, imparare, conoscere, se non è tutto, poco ci manca. Lo si può fare con un libro, con delle lezioni online, il top sarebbe viaggiando, ma basta anche solo guardarsi attorno, solo se con la mente ben accesa. Oggi sarei un ottimo studente. Metterei l’impegno totale, senza però puntare al massimo del risultato, anzi, sarei solo contento di aggiungere cose nuove al mio bagaglio, e al diavolo il voto. A volte è anche questione di tempistiche, di eventi che stimolano curiosità, che incentivano il “risveglio”… le tappe della vita sembrano fissate, ma ognuno ci arriva " a modo suo", e non sempre è pronto al momento giusto. Concludendo, non bisogna ascoltare le vocine petulanti che ti bisbigliano “ma chi te lo fa fare… rilassati”. Per dormire c’è la notte.
@linkinmark83
@linkinmark83 Ай бұрын
Mi torna in mente questo video, e voglio riportare qui le parole prese dai Saggi di Montaigne, per dedicarle a tutti gli "addetti ai lavori" della materia, compresi gli appassionati È molto strano che al nostro tempo le cose siano giunte al punto che la filosofia è, anche per le persone d’ingegno, un nome vano e fantastico, che non serve a nulla e non ha alcun pregio, sia in teoria sia in pratica. Credo che ne siano causa quei cavilli che hanno invaso i suoi accessi. Si ha gran torto a descriverla inaccessibile ai fanciulli, e con un viso arcigno, accigliato e terribile. Chi me l’ha camuffata sotto questa maschera, esangue e ripugnante? Non c’è nulla di più gaio, di più vivace, di più giocondo e, direi quasi, burlone. Essa non predica che festa e buon tempo. Una cera triste e sconsolata dimostra che non è qui la sua dimora. Il grammatico Demetrio, incontrando nel tempio di Delfi una compagnia di filosofi seduti insieme, disse loro: «O mi sbaglio, o a vedervi in atteggiamento così calmo e gaio, non state discutendo fra voi». Al che uno di essi, Eracleone di Megara, rispose: «Spetta a quelli che cercano se il futuro del verbo βάλλω ha la doppia λ, o a quelli che cercano la derivazione dei comparativi χεῖρον e βέλτιον, e dei superlativi χείριστον e βέλτιστον, di aggrottar la fronte quando discutono della loro scienza. Ma quanto ai ragionamenti della filosofia, son soliti rallegrare e allietare quelli che li trattano, non irritarli e rattristarli». Deprendas animi tormenta latentis in ægro Corpore, deprendas et gaudia: sumit utrumque Inde habitum facies (Si può scorgere il tormento dell'animo nascosto in un corpo malato e così pure la gioia: il volto riflette ambedue questi stati.) L’anima che alberga la filosofia deve, con la sua sanità, render sano anche il corpo. Deve far risplendere anche al di fuori la sua tranquillità e il suo benessere; deve dare la sua impronta al portamento esteriore e guarnirlo quindi di un’amabile fierezza, di un’aria attiva e allegra e di un contegno soddisfatto e bonario. Il segno più caratteristico della saggezza è un giubilo costante; la sua condizione è come quella delle cose che sono al di sopra della luna: sempre serena. Sono “Barroco” e “Baralipton” che rendono i loro sostenitori così impastoiati e fumosi, non lei: quelli non la conoscono che per sentito dire. Come? Essa conta di rasserenare le tempeste dell’anima, e di insegnare a ridersi della fame e delle febbri; non con qualche epiciclo immaginario, ma con argomenti naturali e palpabili. Ha per fine la virtù, che non è, come dice la scuola, piantata sulla cima di un monte scosceso, dirupato e inaccessibile. Quelli che l’hanno avvicinata la ritengono, al contrario, situata in una bella pianura fertile e fiorente, da cui essa vede, sì, tutte le cose ben al di sotto di sé, ma dove chi ne sa la direzione può arrivare per strade ombrose, erbose e dolcemente fiorite, agevolmente e per un pendio facile e liscio, come quello delle volte celesti. Per non aver praticato questa virtù suprema, bella, trionfante, amorosa, dilettevole e al tempo stesso coraggiosa, nemica dichiarata e irreconciliabile di amarezza, dispiacere, apprensione e oppressione, avente per guida la natura, e fortuna e voluttà per compagne, essi sono andati, seguendo la loro debolezza, ad inventar quella sciocca immagine, triste, litigiosa, corrucciata, minacciosa, arcigna, e a collocarla sopra una roccia, in disparte, fra i rovi: fantasma per spaventare la gente. […]
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia Ай бұрын
@@linkinmark83 Grazie mille!!!!
@linkinmark83
@linkinmark83 Ай бұрын
Buonasera Prof.! Di recente ho visitato un’importante città italiana, famosa, come la sua terra, per le bellezze storiche dovute al passaggio di varie culture. Accanto ad indiscutibili gioielli che mi hanno lasciato senza parole, ho riscontrato degrado, difficoltà, povertà, insomma una vacanza dai risvolti dolceamari. Ho cercato di ragionare sul perché di tale rovina, sicuramente non un fenomeno occasionale, ma consolidato negli anni, non necessariamente colpa degli autoctoni, ma probabilmente indice di una cattiva gestione politica del territorio. Ho pensato, come in quella triste metafora, che gli abitanti, una volta entrati nel tunnel, anziché cercare di avanzare e vedere una via d’uscita, abbiano deciso di arredarlo. Tornato nella mia città, mi sono guardato attorno con occhi un po' diversi, ma fino a un certo punto, dal momento che ne sono sempre piacevolmente assuefatto e so coglierne la bellezza ogni giorno (anche Nietzsche si trovò bene qui, ma ne parleremo un’altra volta). E, nel mio infimo piccolo, cerco sempre di rispettarla, difenderla e portarla a vanto. Cosa intendiamo per PRIVILEGIO? Ancora prima di dare una risposta “materiale”, ne fornisco una più riflessiva ed intima. Io credo, guardandomi attorno, che difficilmente ci si fermi a riflettere sulla nostra condizione. Tralasciando che siamo nella regione del “mugugno”, in generale difficilmente sento le persone definirsi soddisfatte, appagate, o riconoscere le proprie “fortune” in pubblico. Spesso, quando ribadisco che “non mi manca niente”, riscontro stupore. Può essere che viviamo in una società materialistica? Personalmente, nel momento in cui ho iniziato a prendere per mano le redini della mia vita, lì è iniziata la mia “fortuna”. Da quel momento ho affrontato tutto con maggiore serenità. Penso che cercare di migliorarsi, economicamente (ci sta) e “spiritualmente”, sia una cosa buona (soprattutto la seconda). Purché non diventi un’ossessione cieca e furiosa, alzare l’asticella della propria condizione è una caratteristica dell’umano, e non possiamo neutralizzarla. Il problema è che forse ci si incammina nel percorso senza avere ragionato sui “punti fermi” da cui si parte. Come iniziare un viaggio senza pianificarlo, o pensare al bagaglio. Va bene avere un’ambizione, lecito, comprensibile, però sono consapevole delle cose buone che ho già? Cosicché qualora il mio tragitto non porti dove ho voluto, possa almeno tornare al rifugio di partenza? Credo che nel crescere, il confronto con l’altro spesso ci porti a considerare chi sta meglio e a ignorare chi sta peggio, ma non credo sia così scontato, magari l’empatia ce l’hanno più persone di quanto si creda, ricordiamoci sempre delle maschere che si utilizzano in pubblico, magari mostrarsi sensibili può essere visto come un segno di debolezza. Forse l’ “altro” più sfortunato, che sia malato, povero, o generalmente una persona di “insuccesso”, ci ricorda quello che NON vorremmo essere, e ci voltiamo dall’altra parte per non iniziare a rimuginarsi su. Montaigne nei Saggi ammette onestamente che visitare i malati lo “imparanoiava” (termine non tecnico ma tanto per capirci), si immedesimava così tanto che si sentiva pure lui gli stessi sintomi del paziente visitato. E finiva per stare peggio. Avere una famiglia che cresce bene e supporta, fedeli amicizie, un lavoro stabile, risparmi da parte, la salute… essere VIVI!!! Da cosa partire per valutare cos’è un privilegio? Lo studio e il viaggio, uniti alla sensibilità personale, possono aiutare a vedere il mondo con occhi più profondi. La Filosofia, secondo me, ci dà un'arma in più. E’ una materia che ti permette, per una frazione di secondo, di “fermare l’attimo”, e riflettere sulla situazione. Quante volte ci stiamo rendendo conto di stare bene? Ragioniamo sui nostri meccanismi dello stare bene, possiamo farcela, usiamo il cervello che ci è stato donato (funzionante, un gran bel privilegio☺) E ascoltiamoci. Un sano esame di coscienza può portare alle giuste risposte. Una volta consapevoli di ciò, credo che la via giusta sia usare bene ciò di cui disponiamo. Se si ha una considerevole “fortuna”, materiale e morale, sono quasi sicuro che ci sia la giusta sensibilità anche nel cercare di condividerle con gli altri. Mi verrebbe poi un piccolo ragionamento conclusivo sul “senso di colpa”, che una fortuna “immeritata” può portare. Non credo ci sia niente di male nel goderne, purché non sia stata raggiunta con metodi scorretti, e a danno di qualcuno. Concludo con Pascal, che ci ricorda che: “Con poco ci si consola, perché di poco ci si affligge”
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia Ай бұрын
@@linkinmark83 quanti spunti! Sul degrado delle città e l’abitarle, c’è il bellissimo frammento de “I cento passi” che analizzo qui: Bellezza e politica kzbin.info/www/bejne/emKnoHejnt1-otE Per il resto, è bellissima la concezione secondo cui la filosofia ferma l’attimo. E la condivido appieno. Infine, sulla questione privilegi, sarebbe bello che il goderne fosse altresì stimolo per condividere, allargare i diritti e le possibilità a chi queste non le ha.
@linkinmark83
@linkinmark83 Ай бұрын
@@mangasofiaLammoglia 1) Mi riferivo proprio alla terra di Peppino Impastato: quanta bellezza, il passato ci parla, basterebbe alzare lo sguardo e sentire l’orgoglio ribollire nelle vene… ma questa è retorica, la realtà è ben diversa. Ho avuto modo di parlare con diversi autoctoni: trattandosi di gente molto ospitale e socievole, scambiare due parole è facile. Pur discutendo del “più e del meno”, sembrava quasi volessero spostare il discorso sulle criticità della loro terra, quasi per “dissociarsi”, e scusarsi con l’ospite. Non devono farsi alcuna colpa secondo me, penso che invertire la rotta si possa sempre, ma serve tanto lavoro, tantissimo, più la strada intrapresa è lontana dalla via maestra. Mi vengono in mente i concetti di “karma individuale” e “karma collettivo”, che si influenzano a vicenda… sono i cittadini a formare la comunità, ma allo stesso tempo le organizzazioni che la dirigono devono essere all’altezza per avviare e guidare il cambiamento. A volte penso che dove c’è l’uomo ci sarà sempre meraviglia e miseria, forse è insito in noi. Nel nostro incessante avanzare, chi rimane indietro è sempre più distante. E resta perduto, forse? Riconosco che nella mia stessa città, vivendo in centro, mi prendo quasi tutto il meglio che possa offrire. Parlando con chi abita in quartieri “periferici”, emergono tante magagne da mettersi le mani nei capelli… però penso anche alla riqualificazione di zone un tempo inospitali, che oggi sono un gioiello da vivere, per abitanti e turisti. Ci vorrebbe la stessa attenzione per tutti i quartieri, il centro è spesso visto come il biglietto da visita, ma non basta! In questi dibattiti, trovo forte l’influenza dell’ideologia partitica. Un po' come in altre tematiche l’imprinting religioso fa il suo. Si potrà mai riuscire ad essere lucidamente pienamente obiettivi? A lavorare per il bene di un luogo, di una comunità, senza tifoserie? Non ci credo granché. Io ad esempio sono un gran bastian contrario, di fronte a un simbolo partitico, divento come il toro quando vede il rosso. Insomma, partiamo già male. Per fortuna non sono io il prof 😉 2) Poiché questa materia fornisce, tra le tante cose, un’attenta analisi dei tempi che corrono, perché non possiamo applicarla al nostro quotidiano? Ogni materia è cultura, e tutte assieme ci forniscono anche una “cassetta degli attrezzi” utile per il vivere… Riuscire, pertanto, ad acquisire una profondità di pensiero che ci possa aiutare a capire i nostri stati d’animo, a bearci dei momenti buoni, e a sostenerci nei momenti difficili, e a rasserenarci nel capire che (se…) possiamo passarli e ce li lasceremo alle spalle: è un qualcosa su cui voglio provare a lavorare. 3) In realtà la mia visione è più disincantata di quanto ho scritto, ma in fin dei conti cos’è l’altruismo? Si può manifestare con diverse azioni: una parola o un gesto di conforto, coltivare sani rapporti umani, fare volontariato, impegnarsi nel civile; ci sono molteplici modi per avvicinarsi al prossimo… Chissà quante persone fanno beneficenza con discrezione e silenzio… (e chissà quanta falsità invece c’è dietro a chi sbandiera il bene fatto). Se poi parliamo di povertà, degrado, diritti violati ecc. ecc., la questione si fa un po' più ampia, il singolo può fino a un certo punto, allora coinvolgiamo la società nel complesso e le istituzioni politiche… ma su questo ho già espresso il mio disincanto al punto 1)
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia Ай бұрын
@@linkinmark83 ti capisco, e condivido tutto. Ma dobbiamo resistere al disincanto e, anche se ci sembra di non far nulla, continuare imperterriti ad essere, quantomeno, fari di speranza. Per tutte le situazioni che hai lucidamente descritto. Sono quadri dolci e amari, che possiamo provare a recuperare e ricostruire, comunitariamente.
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia Ай бұрын
@@linkinmark83 è sempre la mia speranza. Buttare un semino, una goccia, che possa aiutare a riempire questo mare in secca.
@giorgiaoodjrjdjdjfj8368
@giorgiaoodjrjdjdjfj8368 Ай бұрын
"il mio punto di vista non è assoluto" andrebbe insegnato a scuola. il dogmatismo è uno dei più grandi mali del mondo, assieme all'intolleranza che ne deriva
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia Ай бұрын
@@giorgiaoodjrjdjdjfj8368 bisognerebbe quanto meno aiutare a comprendere l’esistenza di prospettive diverse.
@linkinmark83
@linkinmark83 2 ай бұрын
Il glicine è una pianta bellissima, profumata, dall’aspetto gentile, rigoglioso e vivace. Parte da un rametto quasi insignificante, poi piano piano cresce e ha una forza tale che con le sue radici può piegare l’acciaio, e spaccare muri. Insomma, se si mette d’impegno riesce ad essere una “cattiva bestiaccia”. Questo preambolo botanico introduce un aspetto della volontà umana. Una determinazione lenta, ma costante, regolare ed efficace. In cui un po' mi riconosco. C’è chi è disposto ad aspettare e lavorare piano per raggiungere un obiettivo; c’è chi vuole tutto e subito, correndo rischi, e buttando il cuore oltre l’ostacolo; c’è chi avanza a passi sicuri, chi incerti, chi un passo avanti e uno indietro; ognuno ha la sua indole, il suo bagaglio di esperienze, la sua educazione, i suoi slanci di fierezza e le sue timidezze… magari l’obiettivo può essere IL MEDESIMO, ma infiniti sono i modi e gli atteggiamenti per raggiungerlo. E da dove arriva l’obiettivo? Ce lo ha chiesto qualcuno? E’ totalmente nostro? E’ nato dentro di noi come desiderio spontaneo, o per riscattarci nei confronti di qualcuno? E’ alla nostra portata? E’ utopistico? Quante variabili in gioco!!! E forse è bello così, no? Basta che ognuno “trovi il suo modo” (… e qui mi veniva la battuta su Hodor, ma fingerò di essere una persona seria). Però, tra noi e l’ “altro”, c’è un qualcosa che si forma, potrei dire si insinua, fin da subito, che è l’OPINIONE. Che può essere data un po' dai nostri principi “innati” (inculcati dalla famiglia, dall’insegnamento, dai valori della nostra società), e tanto dalla nostra esperienza. Magari già dai primi gesti una persona può ricordarci qualche atteggiamento di un amico, e quindi potremmo prenderla in simpatia, così come da una rispostaccia o da un modo brusco, ci può trasmettere un senso di antipatia. Ci sono poi i livelli di conoscenza, che ingigantiscono l’opinione rendendola grossolana e talvolta imprecisa (quando il rapporto è superficiale), mentre sicuramente siamo più equilibrati e misurati nei confronti di una persona a noi vicina, conoscendola meglio. Montaigne ci dice che da lontano una cosa sembra molto più grande di quanto sia in realtà vista da vicino… E’ possibile NON farsi un’opinione? La vedo difficile… e quante probabilità abbiamo di azzeccarla subito? Pensiamo all’esempio dei Pokemon. Magari una persona può ricevere più motivazioni essendo spronata energicamente, piuttosto che con la pacatezza e la “morbidezza”. Io, ad esempio, non sarei mai un leader “aggressivo”. Ma non mi sento neanche leader. Se non di me stesso, ma in passato neanche troppo. Insomma, tiro per la mia strada. Cosa possono pensare gli altri di questa indole??? Ci sarà anche una questione di “istinto animalesco”, nel profondo del nostro DNA, che ci fa “schierare”, o quantomeno farci un’idea su tutti quelli che incontriamo, per capire quali sono i più affini a noi, con cui "costruire" qualcosa. Pertanto, non avere un’opinione mi sembra difficile. E non averla, significa comunque ESPRIMERE un disinteresse, che in fondo è un giudizio. Essendo di per sé una cosa naturale, e istintiva, potremmo provare a mitigarla con l'empatia, la misura, prendendosi tempo per valutare, per costruire un rapporto, ma questo vale a livello teorico, non possiamo certo conoscere tutti al 101%... allora facciamo così, che l’opinione non si trasformi in PREGIUDIZIO, lì sì che sarebbe più critico uscirne, e comprometterebbe rapporti che possono ancora sbocciare. Questo ragionamento mi fa pensare a una cosa, con cui concluderei il mio intervento. Quante volte si parla di “temere il giudizio altrui”? Ma ci pensiamo che per gli altri quell’ “altrui” siamo noi? PS: il ragionamento sul pregiudizio mi è partito pensando al capitolo del Suo libro su AoT 😉 PS2: a volte non condivido quello che scrivo, il mio Saint preferito era Luxor, quello che credeva solo nei lupi… devo preoccuparmi 🤣
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 2 ай бұрын
@@linkinmark83 🫶🏻❤️🫶🏻😂
@linkinmark83
@linkinmark83 2 ай бұрын
Buonasera Prof.! Ho scoperto di recente la collana “I Grani” della Farina Editore. Si tratta di volumetti sottili e all’apparenza leggeri, ma dal contenuto concentrato, essenziale e illuminante, alla portata di tutti ma assolutamente attenente alla Materia, anche perché contestualizza il pensiero del filosofo nel periodo storico di corrispondenza. Mi ha anche fatto scoprire la figura di Flavio Claudio Giuliano “l’Apostata”, tra l’altro. Prima di quest’ultimo, ho letto proprio “Vita Scettica”, dedicato a Pirrone. Da quanto ho capito, lo scopo dell’epochè non è tanto il non prendere mai una posizione, ma valutare attentamente tutti i fattori in gioco, non facendosi prendere subito dall’emotività che possono portare i sensi; una sorta di serenità d’animo dovuta al “non schierarsi mai in maniera rigida e dogmatica”. So di non sapere la verità al 100%, quindi è inutile “scaldarmi” per difenderla con la spada sguainata. Insomma, la filosofia dei talk show italiani Le scuole elleniste mi hanno regalato tante soddisfazioni. Ho anche scoperto le figure dei “gimnosofisti”, trovo interessante questo incontro tra Grecia e India durante la spedizione di Alessandro Magno, mi sono sempre chiesto se ci fosse stato mai un contatto tra i “due mondi” e ho avuto la risposta che cercavo!
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 2 ай бұрын
@@linkinmark83 sono stato un po’ veloce, ma è proprio il non essere dogmatici il punto dell’epoché, di cui parlerò presto in un video! I gimnosofisti dovrei proprio approfondirli anche io!
@linkinmark83
@linkinmark83 2 ай бұрын
@@mangasofiaLammoglia Queste video-pillole sono utili per sintetizzare le parole chiave della Materia, ed associarle alle scuole di riferimento; per chi è nuovo in questo mondo aiutano ad “andare dritto al punto”, attorno al quale si può e si deve approfondire con il pensiero più vasto. Ma intanto sono un buon stimolo di partenza. Se posso dire la mia, cercando di trarre un insegnamento per vivere meglio il quotidiano, credo che una parola che accomuna le quattro scuole elleniste sia DISTACCO. Dall’esagerazione nei modi di essere, dalle paure, dall’esaltazione, dalla rigidità del pensare ed esprimersi, ma anche dai beni materiali. Tuttavia, farei anche una precisazione. Penso che se chiedessimo in giro se la parola “distacco” assume un significato positivo o negativo, probabilmente la seconda opzione prevarrebbe. Allora, in questo caso, preferisco tramutarla in “MISURA”, in “giusta distanza”. Mi sembra più equilibrata. Del resto non vedo molto praticabile… vivere seminudi in una botte, seguire sempre “la virtù” senza mai sbagliare, non esprimersi mai e non provare a difendere una nostra opinione, non avere un po' di paura di fronte a uno spauracchio e non esaltarsi di fronte a un successo; queste grande menti ci invitano a ricordarci qual è la nostra strada, a fare attenzione a non discostarci troppo, a non perderci nel cammino… su questo possiamo lavorarci 😉
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 2 ай бұрын
@@linkinmark83 è una questione storica, o geopolitica: dopo il declino della polis, le persone passarono da essere cittadini (con più o meno diritti) a sudditi macedoni. Questo comportò la venuta meno della vita activa (per dirlo con Arendt), ossia della partecipazione politica. La politica era centrale come pienezza esistenziale (vedi Platone e Aristotele). Per far fronte a questa mancanza, si dovette ricercare una nuova felicità fatta non di pienezza ma di “misura” come l’hai chiamata: di piaceri semplici e sostenibili. Potremmo dire una vita tranquilla, da cui il distacco che, in termine tecnico, è l’atarassia, cioè l’assenza di ogni possibile turbamento, termine che pervade direttamente o indirettamente tutte le scuole ellenistiche.
@linkinmark83
@linkinmark83 2 ай бұрын
​@@mangasofiaLammoglia Esatto, questo aspetto oramai mi è chiaro! Ho cercato anche di recuperare un po' di storia della civiltà greca, troppo lontani i ricordi scolastici Alla fine la Filosofia è un termometro dei tempi che attraversa. La società stimola domande diverse e ci si riflette su… tempi buoni portano a esplorare il contesto e a guardare in alto e a sognare, … in tempi grami si "vola più basso" e si ragiona su come cercare di stare bene/meglio… semplificando al massimo. Ad esempio di recente ho visto come due rivoluzioni, dalle modalità ed esiti diversi, abbiano influenzato il pensiero di Hobbes e Locke… sto facendo anche un viaggio nella Storia. Mi mancava questa bella sensazione!
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 2 ай бұрын
@@linkinmark83 la bellezza della filosofia è anche questa: da un lato è lo specchio dei tempi, per cui per comprenderla appieno bisogna prestare un pochino di attenzione al contesto storico; dall’altro, la buona filosofia, è capace di offrire riflessioni che superano il loro tempo e permettono ad ogni persona di riflettere sul suo proprio tempo.
@linkinmark83
@linkinmark83 2 ай бұрын
Buonasera Prof, “purtroppo per lei” questa è una riflessione che ho fatto fresca fresca in questi giorni. Mi sono trovato in una particolare situazione lavorativa, dall’esito (per me) incerto, ma per chiunque mi conoscesse, sicuramente positivo (avevano ragione loro). Nell’attesa, mi sono un po' guardato dentro e ho ripensato al mio percorso lavorativo (leggere Montaigne ha questa controindicazione ). Non avrei mai pensato che le difficoltà caratteriali che ho vissuto nel percorso universitario (un peccato, ma ho toccato con mano i miei limiti, e ho costruito da zero il legame con la città cui oramai appartengo) NON le affrontassi nel mondo del lavoro, anzi! Di fronte all’ordinaria precarietà (un decennio di tempi determinati, tante volte al posto giusto, ma nel momento sbagliato), ho trovato sempre motivazioni, voglia di fare bene, sfida più con me stesso che con gli altri. Ho lasciato ovunque un buon ricordo ed oggi, attorno a me, si è costruita l’immagine di un lavoratore (quasi) perfetto, una macchina da lavoro precisa, efficiente e ai limiti dell’infallibilità. In questi giorni di attesa e riflessione, anziché al bagaglio di cose positive, ho pensato ai limiti di questi anni, ai possibili passi falsi, a qualcosa di “negativo”… insomma a fare un po' di sana autocritica. Ho concluso che alla fine non mi sento "semi-perfetto" come vengo etichettato, è semplicemente un’idea che si sono fatti di me, certamente supportata dall’indole equilibrata e dalla voglia e curiosità di imparare e fare bene, dal saper condividere e aiutare "l'ultimo arrivato" (avendo io vissuto tante volte questa situazione, è un modo per onorare e ringraziare i tanti tutor avuti), ma sicuramente sono “sopravvalutato”. … e, pensando anche alle etichette appiccicate in passato (nella vita stagnante nel piccolo borgo di provincia si “categorizza” molto), mi sono reso conto di quante lacune denotino questi “universali”, alla banalità di questi significanti con limitato, poco o nullo significato, a quante sfumature di una personalità perdono per strada. Quindi, di buono, le etichette, hanno davvero poco. Come un like a un intervento ben fatto. Semplice, efficace, immediato. Ma sapresti argomentare il perché di quel like (e in questo io esagero 🤣)? La semplificazione applicata a una professionalità, o ancora peggio a un modo di essere/vivere, lascia il tempo che trova. Può svilire la figura, e se la combiniamo con le aspettative, può diventare un peso da sostenere, magari controvoglia, una trappola. Per non essere troppo critici, potremmo dire che più si avvicina alle caratteristiche della persona, meno "danni" fa... ma se con il tempo la persona muta, o l'etichetta si ingigantisce, allora può essere pericoloso togliersela di dosso. L'OPINIONE E' UN AVVERSARIO POTENTE, ARDITO E SENZA MISURA (cit.) Posso fare un pensiero provocatorio e un po' malvagio? Pensi ad avere l’etichetta di “bravo ragazzo, figlio modello, ecc. ecc.”, e decidere di truffare tutti. Tanti ci cascherebbero come polli. E probabilmente neanche di fronte all’evidenza, ammetterebbero la fregatura (caso estremo, la storia che ha ispirato il libro e il film francesi "L'avversario"). Quindi concludo con una diversa interpretazione all’idea di etichetta, di dubbia etica, e come dicono in tv “non fatelo a casa”... e se fosse un’arma da usare a nostro vantaggio???
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 2 ай бұрын
È uno dei capisaldi delle truffe. “Prova a prendermi” o “The Wolf of Wall Street” si basano proprio sul costruire pregiudizi positivi per poter sfruttare questa nomea ed attuare le truffe.
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 2 ай бұрын
Comunque, scrivimi su Instagram perché io voglio sapere chi sei e poter dialogare con te! 🤣
@linkinmark83
@linkinmark83 2 ай бұрын
@@mangasofiaLammoglia ... o anche mostrare il bel faccino d'angelo di Patrick Bateman
@linkinmark83
@linkinmark83 2 ай бұрын
@@mangasofiaLammoglia Non ho né Facebook né Instagram, facciamo Linkedin?
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 2 ай бұрын
@@linkinmark83 mamma mia quanto è vero!
@linkinmark83
@linkinmark83 2 ай бұрын
Mi sento di cambiare un po' questa storica frase, suggerendo un’alternativa: “Il Potere AMPLIFICA” Un’espressione che dice tutto e il contrario di tutto… Vediamola dal lato di “chi ce l’ha”. Hai qualità buone? Hai l’occasione per metterle in pratica e guidare bene il tuo popolo, e perché no, migliorarlo. Hai un’indole aggressiva, perfida, vendicativa, paranoica? Allora povero chi si trova sotto di te… Certamente il potere amplifica le tue caratteristiche caratteriali, dando loro libero sfogo, ma per quanto tu sia in alto, pensiamo anche a quanto “subisci”: le pressioni di chi il potere te lo ha concesso, l’influenza (disinteressata?) di chi ti circonda (non vorrai mica comandare da solo senza consiglieri?), la diplomazia necessaria per confrontarti con le altre fonti di potere… tante mani tirano la tua giacca, ed è dura da gestire. Logorante, forse? E per “chi non ce l’ha?”. Non voglio usare la parola “subire”, che non mi piace. Rimaniamo nell’esempio familiare, o scolastico. Un “potere illuminato” può aiutare a crescere un buon figlio, un buon studente, quindi un buon cittadino… viceversa, si possono produrre danni incalcolabili. Quindi si amplificano le conseguenze su chi “sta sotto”: una buona guida ti può portare in alto, una pessima ti può fare sprofondare. Ma in fondo anche un “pessimo potere” può portare al risveglio della tua coscienza, alla consapevolezza dei tuoi diritti, alla scoperta delle tue energie e alla voglia di lottare per ciò che è giusto… Concludo con una domanda provocatoria: il “buon potere” è un concetto “utilitaristico”? Il “buon padre di famiglia” che crea buoni cittadini, quasi un gregge mansueto: non mi piace l’idea di addomesticare gli umani. Ma del resto il POTERE è anche un ottimo mezzo per l'ORDINE...
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 2 ай бұрын
Concordo su quasi tutto, tranne due cose: 1) la persona buona rischia di essere corrotta (non necessariamente, ma è una possibilità) dal potere. Non per indole, ma per circostanze. A causa delle persone che stanno intorno. I casi storici di progressisti fagocitati dal conservatorismo del potere è enorme. 2) il potere è ordine. Senza se e senza ma. Il potere necessita di una forza coercitiva: senza questo, manca lo strumento che renda efficace il potere. E questo è estremamente problematico (da cui, l’abuso di potere).
@linkinmark83
@linkinmark83 2 ай бұрын
@@mangasofiaLammoglia Concordo con le osservazioni! Che il potere possa corrompere è una delle possibilità: magari quando si è mal consigliati, o più semplicemente il deragliamento parte dentro di sé, quando in un angolino remoto della personalità germoglia pericolosa la gemma dell’ambizione! Ma anche quando subentra la sensazione di essere un “deux ex machina” (Light Yagami ci stai ascoltando?), cioè il non ascoltare più i buoni consigli e autoconvincersi di essere l’unico che può salvare tutti! E per quanto riguarda il connubio Potere-Ordine, effettivamente non so se sia mai esistita qualche società che si autoregola da sola; magari qualche antropologo potrebbe dirci la sua. Mi vengono in mente le laboriose api, ma lì probabilmente è più una manifestazione “meccanicistica” della natura… e comunque c'è una Regina da "servire" 🐝
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 2 ай бұрын
@@linkinmark83 hai mai letto “La favola delle Api” di Mandeville?
@linkinmark83
@linkinmark83 2 ай бұрын
@@mangasofiaLammoglia Non lo conosco, la mia ignoranza letteraria rasenta l'analfabetismo! Però in compenso ho intervistato di recente un giovane apicoltore, che mi ha raccontato nel dettaglio la società delle api, impressionante la loro organizzazione! Peccato che la loro sopravvivenza in natura sia a forte rischio
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 2 ай бұрын
@@linkinmark83 se ti capita, è un libricino edito da Laterza, in cui in realtà si parla della troppa efficienza delle api. (Non dal punto di vista scientifico eh)
@linkinmark83
@linkinmark83 2 ай бұрын
Il video che aspettavo! Una volta, per definire Vinland Saga, usai il seguente paragone “prendi il Re Leone, e fai crescere Simba da Scar e dalle iene”. Rende l’idea, no? [il commento contiene SPOILER] Fresco di papiro sull’Uomo Tigre, Thorfinn mi ricorda tanto la figura di Naoto (all’inizio dell’opera). Entrambi sono il frutto di un’educazione animalesca. Poco più che bambini, sbattono il muso contro tutto il peggio che la vita può mostrare. Naoto viene addestrato al MALE, mentre Thorfinn vi si rifugia per sopravvivere (non possiamo dire che, almeno all’inizio, la truppa di mercenari che uccide il padre lo “educhi”; in realtà lo abbandonano a se stesso, e per curiosità poi vogliono vedere se può cavarsela). Ricordo ancora come uno shock (quasi quanto le “Nozze Rosse” di GoT, e che mi capiti con il cartaceo non è facile) il volumetto 8, quello “della svolta”. La beffa non era soltanto avere un obiettivo totalizzante, ma anche che questo sfuggisse “sotto il naso” del ragazzo. Se avesse ucciso Askeladd avrebbe perlomeno raggiunto il suo “unico” obiettivo, ma ne avrebbe tratto giovamento? La sorte vuole sbattergli in faccia l’amara realtà: puoi anche impegnarti tutto te stesso per una meta, trascurando tutto il resto, ma il risultato non è garantito. Se vogliamo fare una “critica” all’atteggiamento della prima parte di storia di Thorfinn (ma sottovoce, anche perché va ribadito, una vera educazione non l’ha proprio avuta, o quantomeno la violenza che lo ha coinvolto/travolto ha sicuramente sbiadito gli insegnamenti valorosi del padre), nel suo percorso avrebbe anche occasione di conoscere persone importanti e di valore ed arricchirsi, ragionare, scoprire sé stesso. Persino Askeladd, pur nella sua ambiguità, forse (con lui il condizionale è d’obbligo), nutre un affetto per il giovane vichingo, addirittura provocandolo/spronandolo in punto di morte, a CERCARE (sé stesso, il suo percorso). Thorfinn passa dall’eccesso delle emozioni brutali all’apatia estrema nella seconda parte della storia, poi (come per Naoto) avviene il risveglio della coscienza, inizia a porsi dei dubbi, affrontando i propri demoni e leggendo nei ricordi, e solo allora inizia a cercare il suo posto nel mondo e a credere negli altri. INIZIA A COSTRUIRE SÉ STESSO. Ragionando sugli insegnamenti di quest’opera, di fronte a un “compito totalizzante”, proporrei alcuni quesiti. 1) Chiediti innanzitutto: l’hai scelto tu? Ne vale così la pena? Hai idea degli imprevisti? Hai pronto il piano B nel caso fallisse? E’ un obiettivo con una “fine”? E dopo? Hai la forza e nuove idee per proseguire? Non è meglio ritagliarsi un pizzico di energie per qualcosa che allieti la sfida e “distragga” un pò? 2) … e qui il secondo quesito: e se non l’avessi scelto tu, ma qualcun altro per te? Ne vale veramente la pena? Ti appartiene? (… e qui mi viene in mente la riflessione su Gohan e Goku). PS: Un giorno sarebbe bella un’analisi del personaggio di Askeladd, uno dei più intriganti mai incontrati in decenni di opere fumettistiche e non solo… non trovo parole per definirlo, lo adoro e lo temo, allo stesso tempo.
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 2 ай бұрын
Sto leggendo pian piano Vinland, lo sto centellinando. Askeladd è stata una figura estremamente interessante. Per dove sono ora (non so se tornerà, come memoria di Thorfinn visto che i flashback sono all’ordine del giorno) ho ancora forti dubbi sulle sue motivazioni. Cosa lo ha spinto fino a dove è arrivato nel volume 8? Quale progetto ha intravisto nella sua morte accolta e cagionata a ragion veduta? Si è immolato come padre putativo di Thorfinn? Veramente una figura interessante. Mi viene (quasi) da associarlo a Kenny Ackermann, tanto che aspetto con bramosia il volumetto di AoT sulle origini di Levy!
@linkinmark83
@linkinmark83 2 ай бұрын
@@mangasofiaLammoglia La figura di Askeladd lascia tanti enigmi, si può provare a ragionarci su, senza uscire troppo dalle tematiche del video. Qual è il suo obiettivo? E se ne ha uno, è totalizzante? Trovo che sia un uomo figlio del suo tempo, cresciuto sbattendo subito il muso contro la durezza della vita, come dal flashback che racconta la sua infanzia. Si nutre subito del sentimento della vendetta, denotando certamente un’indole spietata, ma anche una notevole capacità di pianificare. Che cosa cerca Askeladd? Siamo sicuri che abbia un vero e proprio obiettivo? Guida una ciurma di “reietti”, che lo seguono non tanto per stima (tranne Bjorn, unico uomo di fiducia), ma perché è forte ed è soprattutto scaltro e abile, insomma un “vincente”. Ma avrebbe potuto esserlo di più, se si fosse messo a disposizione di qualche signore della guerra. Magari avrebbe ottenuto il comando di qualche esercito. Forse vuole godere dei privilegi di essere un bandito, libero e, quando necessario, a disposizione del miglior offerente. A differenza della gente che lo circonda, lui ha un’abilità strategica innata, unita ad un sano opportunismo. Credo che più che cercare soldi e potere, faccia buon viso a cattivo gioco: “è un mondo spietato, impossibile trovare un angolo dove rifugiarmi e vivere in pace, io sono forte ma anche molto intelligente, come posso sfruttare questo a mio vantaggio? Perché farmi sopraffare dagli altri? C’è un’alternativa? Non mi sembra proprio…” Mi è capitato diverse volte di affezionarmi a personaggi “negativi” (lo metto tra virgolette, perché è una definizione troppo semplicistica). Ebbene, spesso la rovina di queste persone è stato il compiere un gesto insolito, solitamente “buono” e positivo. Possibile che Askeladd, stanco di passare da una parte all’altra della barricata, abbia avvertito, calcando il suolo della terra natia, una sorta di richiamo alle origini, e un senso di stanchezza nel vivere? C’è un momento meraviglioso con Thorfinn quando, circondati da rovine dell’impero romano, preannuncia l’imminente tramonto dell’era che stanno vivendo. O parla forse di sé, delle sue motivazioni che forse iniziano a venir meno? E’ possibile che la figura di Thorfinn risvegli in lui un senso paterno che ovviamente non può mostrare di fronte agli altri, per non rivelarsi “debole”. Credo che le provocazioni nei suoi confronti siano un invito (magari non tanto delicato) a TROVARE LA SUA STRADA. Askeladd non può più farlo. Incanalato nel binario della violenza e dell’eterna lotta, forse vuole spingere il ragazzo a cercare un’alternativa alla violenza, spegnendo il fuoco della vendetta che lo divora, e seguendo la via indicata dal valoroso Thors (tra l’altro l’unico uomo degno dell’ammirazione di Askeladd, da sottolineare!). Ed è anche probabile che veda in Canuto (un po' repentino il suo cambiamento, unico difetto della prima parte a mio avviso) un sovrano “illuminato”, e decida (magari non subito, ma sicuramente nel corso delle loro vicissitudini) di appoggiarlo, al fine di lasciare al mondo un uomo valoroso a governarlo. Tenta infine un ultimo coup de théâtre con Re Sweyn, ma sappiamo che per quanto tu sia in gamba, c’è sempre qualcuno più scaltro di te. E allora forse è il caso di lasciarsi andare, cercando con i tuoi ultimi attimi quei gesti di vero coraggio ed umanità (spianare la strada a un sovrano dalle qualità umane importanti, proteggere il paese natio, indicare la via a un discepolo) che non hai mai potuto mostrare per decenni. Personaggio sfaccettato all’infinito: ambiguo, magnetico, carismatico, astuto, terribilmente pericoloso, lascia il segno nella storia dei manga.
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 2 ай бұрын
@@linkinmark83 io penso che Askeladd sia una figura in lotta con se stessa: L’uomo del Galles, ispirato alla tradizione dell’Impero Romano, con sogni e ambizioni di grandezza, che si ritrova ad essere Askeladd, il ragazzo nella cenere. Askeladd è un guerriero di quelli che odia. Non è il re che vorrebbe essere. Anche se passato per follia, forse, il suo ultimo gesto è il più coerente di tutti.
@linkinmark83
@linkinmark83 2 ай бұрын
@@mangasofiaLammoglia Dono della sintesi, a me sconosciuto 😉 Direi che ha centrato il punto: Askeladd è nato “nel posto sbagliato al momento sbagliato”. Pertanto la personalità che vediamo è una reazione necessaria ad affrontare l’epoca che vive. A questo punto il dialogo con Thorfinn in mezzo alle rovine romane acquista ancora più significato; e tutto l’atteggiamento che mostra, quando torna a calpestare il suolo natio, fa trasparire un senso di “rispetto”, che mai ha riservato ai suoi contemporanei (anzi!). Lui, sempre così sarcastico e sprezzante, di fronte a Gratianus appare così misurato e rispettoso… non è certo un caso! In quanto abile mercenario l’ho definito libero, al servizio del miglior offerente ma senza padrone alcuno, ma la sua tragedia personale è che non ha vissuto nel tempo che ha immaginato e sognato, anzi si è dovuto circondare di persone che ha sempre disprezzato… è triste, sentirsi “fuori tempo”. Più che libero ha dovuto “adattarsi”, e i suoi gesti più fieri ed orgogliosi li compie in prossimità della fine. PS: forse un’alternativa “pacifica” c’era, poteva fare il navigatore 😉
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 2 ай бұрын
«Tra favori grandi e piccoli, tra guadagni e maneggi legati al tiranno, si arriva insomma al punto che il numero di persone a cui la tirannia sembra vantag. giosa risulta quasi uguale a quello di chi preferirebbe la libertà». E. De la Boetie, Della servitù volontaria.
@linkinmark83
@linkinmark83 2 ай бұрын
Buonasera Prof! Lessi il manga dell’Uomo Tigre una decina di anni fa, e ammetto che lo trovai un po' deludente, “privo di mordente” e di pathos, soprattutto nella parte finale. Ricordo invece con somma nostalgia il cartone, più di una spanna sopra all’originale cartaceo. Sono giudizi un po' forti, sarò severo, possibile che la mia memoria abbia scordato qualche bel passaggio che sicuramente avrò letto, però questo sentenziai all’epoca. Di sicuro la tematica del video si manifesta anche nell’anime. Naoto Date viene cresciuto in un ambiente senza scrupoli, dove la violenza e la sopraffazione sono gli unici modi di esprimersi per primeggiare nel mondo della lotta. L’incontro con i bambini dell’orfanotrofio e la scoperta dell’amicizia (con Baba, Inoki, Kentaro e Daigo) cambiano la sua prospettiva, e gli regalano i (pochi) momenti lieti della sua esistenza. Ripenso a Naoto come ad una delle figure più tragiche mai incontrate nel mondo delle opere che ho affrontato. Parte come un contenitore vuoto, nel tempo viene riempito dei lati peggiori dell’uomo, e quando inizia ad accogliere cose buone e positive, deve lottare come un animale per difenderle. Penso che dopo una gioventù come la sua, l’avvicinarsi di persone “buone” (semplifico ma per rendere l’idea) inevitabilmente lo spiazzi. Abituato ad essere educato ed usato come macchina da guerra, circondato da uomini che di umano hanno poco, belve feroci forse è il termine più corretto, la scoperta di un modo di vivere “alternativo” a quello crudele impostato da Tana delle Tigri, risveglia in lui la propria umanità, e questo “shock” non può che portare inizialmente a spiazzamento, stupore e diffidenza. Proprio mentre scrivo questo, mi parte un ragionamento sul concetto di MASCHERA. Forse andrò un po' fuori tema, o forse no. Poche come quest’opera raccontano quanto una maschera possa rappresentare non solo una persona, ma un modo di essere (beh poche fino a un certo punto, già mi viene in mente V per Vendetta). Nella prima parte della storia la maschera di Tigre incute terrore, pericolo, direi la sola visione suscita disprezzo per un lottatore violento, brutale e scorretto. Dopo la “redenzione”, la sua maschera rappresenta invece la lealtà, la correttezza, l’amicizia, l’invito a dare sempre il massimo rispettando le regole e l’avversario, il farsi carico delle speranze altrui, essere d’esempio. La maschera ha certamente un significato per noi, mai come in questo caso ambiguo ed ambivalente, ma per chi la indossa? [SPOILER!!!] … e qui mi ricollegherei al finale del manga, che non avrà il pathos dell’anime ma è sicuramente d’impatto, e sensibilizza su cosa vuol dire essere un uomo che indossa la maschera. Tutti ammirano Tigre, e tutti lo rimpiangeranno. Il povero Naoto non se lo filerà nessuno. La maschera ha surclassato l’individuo che la indossa. La maschera resta, il messaggio pure, per certi versi non è una cosa malvagia, però lo trovo ingiusto per Naoto. Ricapitolando: la maschera che indossi rappresenta i valori che vuoi divulgare. Però tu in quanto persona comune, devi condurre un’esistenza misurata e sobria, per non dare nell’occhio. Solo con la maschera tiri fuori il meglio di te. E’ un po' triste tutto ciò, concorda? La maschera così, la intendo come una trappola. V non ha una vera e propria identità, oramai non ce l’ha più. Vuole solo lanciare un messaggio. Naoto, invece, ha sicuramente aspirazioni, desideri, ma la maschera di Tigre lo schiaccia, e lo richiama alle sue responsabilità. Introdotto questo concetto, e passando alla “suckerfobia” nella società odierna, credo che gli ultimi anni abbiano esasperato tutto. Alcune maschere del potere sono cadute, ottenendo solo due risultati: molle obbedienza, o diffidenza/sfiducia. Da “hai sentito che hanno detto alla tv?” a “è tutto falso”, da “io non seguo più niente, arrivato a casa stacco la testa e voglio distrarmi” a “occhi aperti ci vogliono fregare tutti, anzi lo stanno già facendo”, forse è un po' scomparsa la sana via di mezzo. Là, dove sta l’analisi critica. Il mettere in discussione tutto rischia di diventare controproducente, ma oramai ritengo di fare parte di questa “gentaglia”, e il DUBBIO mi guida. Non è che non mi fido delle persone. Non mi fido “del potere”. Le persone, invece, in generale, non le trovo affidabili. Che è diverso. Faccio tante domande, ascolto, valuto, ma difficilmente “seguo”. Questo è il mio leitmotiv di questi tempi. Magari cambierò idea. Ma di sicuro questa "scontentezza", ha alimentato lo stimolo alla ricerca di "nuovi punti di riferimento" e "metodi da usare per una buona vita e giuste scelte", pertanto mi ha avvicinato alla Filosofia 🤗 Ultimo, ma non meno importante, non dia ascolto e non consideri le offese gratuite dei “buontemponi” che infestano i social con la loro nefasta presenza. Credo che la sua opera, unita a quella di tanti altri appassionati, sia un ottimo volano per la materia, un’interessante opportunità per avvicinare i curiosi e fornire approfondimenti. Siamo sempre pronti a massacrare la tecnologia, è sbagliato, voi fate parte del bello del web 😉 La scuola non si esaurisce al suonare della campanella per un prof, e tantomeno raggiunta la maturità per chi è stato studente, ogni occasione è buona per confrontarsi e imparare sempre!
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 2 ай бұрын
Bellissima integrazione alla riflessione. Su V per Vendetta c’è da qualche parte un video, nella playlist leggere il presente, in cui si ragiona proprio sulla maschera come simbolo. Ma concordo che per tigre è altro. Tanto da doverla “difendere” da un impostore che sfrutta la maschera per svilire l’uomo (è proprio nell’ parte finale del manga, forse la saga più bella). Il tema della maschera e delle diverse sfaccettature che assume è super interessante. Magari ci faccio un video (me lo segno subito!)
@linkinmark83
@linkinmark83 2 ай бұрын
@@mangasofiaLammoglia Lieto di avere fornito ispirazione! Tra l’altro, questo è un concetto di “maschera” diverso da quello che usiamo nel parlare del nostro quotidiano, dove le vediamo come strumenti utili a muoverci nella società… qui è il contrario! La maschera ha bisogno del “quotidiano” per sopravvivere! Da “nascondo il vero me stesso per indossare la maschera” a “mi nascondo dietro a un finto/anonimo me stesso, per poter indossare la maschera con la quale esprimo… me stesso”… curioso!
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 2 ай бұрын
@@linkinmark83 sto leggendo proprio ora “Per farla finita con se stessi” dove si discute del termine persona e del suo essere maschera, che è strumento per poter agire in modo legale. (A Roma, ma non solo….)
@linkinmark83
@linkinmark83 2 ай бұрын
@@mangasofiaLammoglia Per riderci un pò su... il titolo è alquanto ambiguo 🤭 per fortuna ha anticipato il contenuto 😆
@TheArmstrong1969
@TheArmstrong1969 3 ай бұрын
È interessante come Platone formuli nel Fedone la tesi secondo la quale un'Idea possa " fuggire " da un ente in determinate circostanze. L'esempio che si fa è quello delle neve. Essa partecipa dell'idea del freddo, ma quando gli si avvicina il fuoco l'idea del Freddo viene sostituita dall'Idea del Caldo. Interpretrazione delle trasformazioni fisiche che suona piuttosto bizzarra per noi.
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 3 ай бұрын
Ammetto che ho dovuto rileggere il passo in questione perché non lo ricordavo! È bizzarra perché la leggiamo con gli occhi della fisica contemporanea dei passaggi di stato. Ma se la contestualizziamo nel discorso sulle idee che sta facendo è affascinante: il mondo è mutevole, ma le essenze (come le chiama in quel passo, cioè le idee) non possono mutare perché altrimenti non potremmo definire ciò che ci circonda. Quindi le idee in qualche modo fuggono nella trasformazione degli opposti proprio perché non possono trasformarsi. In questo passo, oltre la bizzarria, vedo la capacità platonica (che mi affascina da sempre) di trasformare in immagini chiare e accattivanti concetti tutt’altro che intuitivi. Grazie per avermi fatto fare questo tuffo nel Fedone che non maneggiavo da troppo tempo! 🫶🏻
@TheArmstrong1969
@TheArmstrong1969 3 ай бұрын
@@mangasofiaLammoglia Grazie a te per il video e la risposta.
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 3 ай бұрын
@@TheArmstrong1969 il mio sogno è riuscire a creare una bella comunità che dialoghi di questi temi. Quindi, davvero, grazie a te!
@giorgiaoodjrjdjdjfj8368
@giorgiaoodjrjdjdjfj8368 3 ай бұрын
come sempre il problema alla base è il capitalismo, il pensiero che tutto sia fatto o debba essere fatto per soldi, come se fosse l'unica cosa che conta
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 3 ай бұрын
Il capitalismo che reca in sé una società performativa per cui ci si sente sempre sotto esame. E ogni passo falso lascia una traccia indelebile.
@matteo.01
@matteo.01 3 ай бұрын
Ho sempre sentito parlare di questo titolo, ma non ho mai avuto modo di capire se valga la pena o no. Mi piacerebbe sapere qualcosa di più in merito (prima di vedere il video che magari contiene qualche spoiler 😅)
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 3 ай бұрын
È una narrazione complessa sulla morte. In particolare, il protagonista gira una serie di video/film con al centro la morte di una persona cara. Il cuore è capire come e perché li gira (nulla di paranormale).
@matteo.01
@matteo.01 3 ай бұрын
@@mangasofiaLammoglia ed è molto breve giusto?
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 3 ай бұрын
Si. Non supera le 200 pagine. Il che non significa però che sia breve. È possibile anzi che tu possa dividerlo e volerlo leggere pian piano. Io lo lessi in quelle che identificai come tre parti ben distinte.
@matteo.01
@matteo.01 3 ай бұрын
il tema dell'immortalità e delle relazioni che ne conseguono è il tema centrale di un manga che sta facendo tanto successo (e giustamente aggiungerei): Frieren. Molto bella la prospettiva in cui viene affrontato, con uno sfondo quasi da slice of life, piacevole e rilassante, ma che si fa leggere volentieri. Manga molto consigliato! Interessante il video comunque professore. Il personaggio di Von Hohenheim è decisamente uno dei più interessanti di FMA, arricchisce la narrazione con questa tematica che personalmente mi ha sempre affascinato molto, il tempo e la caducità della vita sono evidenti dalla prospettiva di chi non deve temere la morte. Come sempre ci riscopriamo necessitati in qualche modo all'amore, in ogni sua manifestazione, e l'amore si può vivere solo nella dimensione del tempo, in cui le relazioni hanno un valore reale.
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 3 ай бұрын
Frieren lo cerco subito!!!! Sulla necessità dell’amore è interessante anche la posizione del “Padre” e del suo bisogno di una famiglia, per quanto strana.
@matteo.01
@matteo.01 3 ай бұрын
@@mangasofiaLammoglia Frieren è un post-fantasy che racconta, diversamente dal genere classico, il seguito del viaggio di un gruppo di eroi che ha già sconfitto il re demone. Il nucleo narrativo è che l'elfa protagonista, Frieren appunto, è praticamente immortale, perciò vede morire uno a uno i suoi compagni. Si accorge di non aver dedicato loro il tempo che meritavano e si mette nuovamente in viaggio, incontrando due giovani in particolare con cui proverà a comportarsi diversamente, scavando in sé stessa e auspicabilmente modificando il suo modo di vivere procrastinando.
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 3 ай бұрын
@@matteo.01 è un tema che mi interessa moltissimo. Mi innamorai della serie “Altered Carbon”, come di “A good place” proprio per le riflessioni sull’eternità.
@matteo.01
@matteo.01 3 ай бұрын
@@mangasofiaLammoglia la prima serie non la conosco, la seconda è piaciuta molto anche a me, riflette su quello e non solo, davvero valeva la pena vederla
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 3 ай бұрын
@@matteo.01 la prima è una serie molto interessante. Il cuore della faccenda è che puoi caricare la “coscienza”’su una pila che si infila nella nuca. Quindi, quando il corpo deperisce, puoi spostarti in un altro corpo o in uno sintetico. Ovviamente se ne hai diritto o se lo puoi pagare.
@linkinmark83
@linkinmark83 3 ай бұрын
Buonasera Prof, stasera parlerò “con la pancia” da cittadino. Innanzitutto, la inviterei alla tranquillità: tra poco iniziano gli Europei, ed è quello che conta. Ironia a parte, non mi stupisco di niente. Non entro nel dettaglio di quanto abbia sfiducia nella politica, ci sono situazioni personali (anche lavorative) che mi hanno portato lontano da questo mondo, ammesso che lo abbia mai sentito vicino. Frequentai le piazze non troppi anni fa, quelle piazze odiate e bistrattate da tutti, prese di mira dalla politica, dai mezzi di “informazione” (🤡) e anche dalla gente comune. Il “copione” che stiamo vivendo sulla nostra pelle mi era stato “rivelato”, un po' più nel dettaglio di quanto non avessi già intuito. Penso saremo tutti d’accordo che Istruzione e Salute siano i pilastri portanti di qualsiasi Società degna di essere chiamata tale (ci metto anche la Sicurezza): sbaglio o noto che si tenti di renderle appannaggio di pochi eletti, e ciò non sia un andazzo casuale, ma ben tracciato?. Quando in questi mondi entra la parola Profitto sono guai, penso a quanto successo negli Stati Uniti negli anni ’80 nel mondo farmaceutico. Spiace non solo per gli utenti ma anche per le persone che operano in questi settori. Non si tratta di semplici “mestieri” e basta, svolti per sbarcare il lunario: credo che dietro ci sia una “vocazione” per l’ALTRO, nel curarlo, educarlo e proteggerlo, e ne concludo che questa precarietà sia frustrante, demotivante e vada ad intaccare e svalutare anni di studio e sacrifici. Forse stare a dibattere di Destra e Sinistra è oramai una bega da pollaio per “galline di Stalin”, poiché penso che sopra queste grigie marionette ci sia “qualcun altro”. Ammetto pertanto una grossa sfiducia nel futuro. Organizziamoci per essere “autosufficienti” in qualche modo, studiamo un piano B, sento che piano piano lentamente perderemo un pochino di tutto. Prima un pezzo a te, poi un pezzetto a me, un po' alla volta, colpendo le categorie più disparate in momenti diversi (fregati dall’istinto egoistico “ah a me questa cosa non tocca, chissenefrega”), così da non accorgercene nemmeno quando saremo nella bratta più totale. TUTTI, nessuno escluso. A volte penso che il benessere che abbiamo (avevamo?) raggiunto (economico ma soprattutto INTELLETTUALE) sia la nostra “arma” più temuta dal POTERE… e piano piano vada sgretolato, o comunque “contenuto”. Ed è buffo che io inviti a “mettere da parte un tesoretto” per il futuro, quando oramai il denaro è tutto virtuale, e con un click possono spegnerci! Concludo pertanto amaramente il mio sfogo, ammetto il mio limite nel non riuscire a proporre una soluzione, del resto “nessuno si salva da solo”... PS - Posso spararla tra di noi? Siamo nelle mani di quattro fondi d’investimento…
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 3 ай бұрын
Purtroppo condivido la visione nefasta. Siamo in un mondo dominato dal profitto e dal capitale. E per ora, sanità e istruzione non “rendono” ma sono una voce di spesa. Potrebbero arricchire il paese se solo ci fosse un po’ di lungimiranza… Ma la politica, ormai eternamente in campagna elettorale, deve mostrare risultati immediati: tagli, accumulo, vendita… E così, senza accorgercene, ci impoveriamo sempre di più. E come hai ben detto, istruzione e salute saranno sempre più voci elitarie. Il tempo del figlio di operaio che può diventare dottore è già finito da un pezzo. Ora bisogna “tornare a lavorare”. C’è un chiarissimo disegno che mira a far finire quanto prima la scuola (licei quadriennali, ad esempio) formando lavoratori di bassa lega pronti per impieghi sottopagati (se non a titolo gratuito… D’altronde lo imparano già con il PCTO, quando lavorano senza nessun compenso e non ritornano con grandi competenze). Io però credo ancora nelle piazze. Sopratutto in questi bistrattati giovani che hanno il coraggio di chiedere a gran voce un futuro più giusto e più equo, nonostante i manganelli di Stato. E credo anche che questa violenza del potere costituito possa essere un segno di paura: il timore di perdere i proprio privilegi coltivati di generazione in generazione a causa di un rinnovato impegno civico e di una forte partecipazione politica dal basso che va ben oltre lo sterile dibattito parlamentare dove, come dicevi, non c’è dialettica tra destra e sinistra perché, bene o male, i principali partiti si muovono nei fatti alla stessa maniera. Io voglio lottare.
@linkinmark83
@linkinmark83 3 ай бұрын
@@mangasofiaLammoglia Sicuramente pochi come un professore sono sul pezzo nel tastare il polso dei giovani, e può aiutarli a muovere i passi in questi “tempi difficili”. Quindi il suo grido di battaglia finale è benaugurante 😉 Io a volte sono così critico da pensare che anche le proteste siano “veicolate”. Mi spiego meglio. Questo “Leviatano” tira i fili anche del mondo dell’intrattenimento (e qui mi ricollego al PS, vedasi fondi d’investimento e partecipazioni nei più disparati settori), quindi una volta scelto il “settore” su cui vuole mettere la mano, tou lì che apre una bella Finestra di Overton. Nel commento a “V per Vendetta”, dicevo che oramai lo schiavo moderno si mette da solo le proprie catene. Le persone, credo in buona fede, sono spinte a discutere di un argomento, si crea un dibattito, e probabilmente è necessario che il confronto venga frammentato, avvelenato o comunque si getti benzina sul fuoco, così che si riduca tutto a un litigio da osteria (nel mentre i pensieri più critici vengono emarginati, o comunque messi in condizione di non nuocere). Bazzicando un po' il mondo del “dissenso”, sono venuto a conoscenza della figura del “gatekeeper”. Tu hai un gregge ben ammaestrato. Alcune pecorelle nere scappano e vanno per il cavoli loro (consapevolmente, intenzionalmente). Un po' per spirito critico, un po' per ribellione, un po' per volontà di contraddizione, ma anche per ignoranza, o per seguire chi dissente… insomma, per differenti casistiche. Il gk è un pastore che sembra arrivare da chissà dove, ma anche lui proviene dall’allevamento, raduna le pecorelle nere “più docili”, e le riavvicina al recinto. Non le fa entrare, ma intanto le ha raggruppate ed ammansite. Rimangono a questo punto pochissime pecorelle nere, potenzialmente le più pericolose, ma oramai sono così frammentate che non possono più nuocere a nessuno. Anche perché loro stesse non credono più in nessuna figura che le rappresenti. Così vedo la realtà odierna. Qualcuno ci vedrà del “complottismo”, probabilmente esagero. O un invito all’ “anarchia”? Chissà. (detto tra noi, mi piacerebbe troppo scoprire se qualche filosofo moderno abbia fatto pensieri simili ai miei) Se volessi dare una definizione più equilibrata, uscendo un po' dal vissuto di questi ultimi anni che mi ha portato ai pensieri di cui sopra, probabilmente quello di cui stiamo dibattendo è semplicemente il lato oscuro del progresso. Nessuno vuole solamente il nostro MALE per arricchirsi e basta, sarebbe troppo semplicistico, alla fine quello che ci danno è anche quello che vogliamo e chiediamo, e consumiamo. Siamo noi che alimentiamo il Leviatano che ci dà carota e bastone. E se avessimo raggiunto un livello di benessere tale, che per mantenerlo è necessario che qualcuno rimanga indietro, o semplicemente cada? Forse non avremo la soluzione, ma il parlarne è già un piccolo passo per tenere le coscienze accese!
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 3 ай бұрын
Probabilmente c’è anche nel dissenso una certa regia. Ma non sono così convinto che si riesca a mantenere. Di certo in molti hanno ciò che vogliono e stanno bene così, nel loro privilegio. Ma sempre di più, i tantissimi che non ci stanno fanno rete. E forse, un domani, riusciranno a ribaltare la situazione.
@danielabaldan6307
@danielabaldan6307 3 ай бұрын
Grazie mille. Ti ascolto molto bene, sei chiaro e semplice. Complimenti.
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 3 ай бұрын
Grazie di cuore! ❤️
@SaraNovello-ju5tl
@SaraNovello-ju5tl 3 ай бұрын
Molto interessante. Riesce ad offrire uno sguardo umano e personale sulla resistenza curda e le difficoltà vissute dalla popolazione locale. Zerocalcare utilizza uno stile umoristico e di introspezione, riuscendo ad affrontare temi complessi e drammatici e a coinvolgere profondamente il lettore, sensibilizzando su una realtà spesso ignorata dai media tradizionali. Evidenzia l'importanza della solidarietà internazionale e della consapevolezza globale riguardo alle ingiustizie. Inoltre il fumetto, attraverso un linguaggio visivo e personale, riesce a trasmettere emozioni e dettagli che altrimenti potrebbero andare persi.
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 3 ай бұрын
Questo è un dato importantissimo: spesso la Storia non insegna perché manca una dimensione emotiva: quando i fatti restano parole su carta, ci sembrano lontanissime. Al contrario, un racconto maggiorente empatico ed emozionante è più efficace nel trasmettere il senso della storia e degli eventi che, a quel punto, entrano nella biografia personale del lettore quasi come un’esperienza.
@caterinaciarlo3046
@caterinaciarlo3046 3 ай бұрын
penso che il fumetto rende meno pesante la lettura del viaggio di zerocalcare, anche solo nel prologo si ha una spolverata generale del tema. i campi profughi che si distinguono solo quando si vedono all’interno come ad esempio dagli abitanti fa capire come lo stato voglia nascondere certi aspetti della guerra. Mi ha colpito molto la parte in cui si parla dei “pericoli” in essa racconta come le persone comuni tornando a casa si chiedono se sarà ancora lì o se sera distrutta.
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 3 ай бұрын
Il senso di caducità e provvisorietà della guerra è cosa risaputa. Ma quando questa guerra non è riconosciuta, non è sotto i riflettori e anzi viene nascosta, il tutto diventa ancora più tenebroso e imprevedibile.
@caterinaciarlo3046
@caterinaciarlo3046 3 ай бұрын
@@mangasofiaLammoglia esatto e non solo, soprattutto quando la narrazione si basa sui civili senza il telo che le potenza mettono per coprire ciò che avviene veramente
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 3 ай бұрын
@@caterinaciarlo3046 siamo assuefatti dalla narrazione mediatico/informativa, incapace di arrivare alla verità, orientata unicamente agli interessi di chi la finanzia. Oggi, tra le varie complessità del mondo, abbiamo la difficoltà di raccogliere informazione affidabili e complete. Per approfondire ti consiglio la lettura di “Noi vogliamo tutto” di Flavia Carlini.
@caterinaciarlo3046
@caterinaciarlo3046 3 ай бұрын
@@mangasofiaLammoglia lo leggerò sicuramente quest’estate grazie mille così approfondirò alcune conoscenze su questo tema.
@linkinmark83
@linkinmark83 3 ай бұрын
Un giorno raccontai a un trombone intellettualoide che stavo leggendo Epicuro. Nel tentativo di stroncare (invano) il mio entusiasmo per la materia che sto scoprendo, mi disse che il “modello del giardino” era inapplicabile all’oggi. Voleva subito troncare il discorso, e non valeva la pena replicare, salvo che io mi sono fatto una mia idea, “attualizzando” questo concetto. Intendo il “giardino” come quella “situazione” dove siamo realmente noi stessi, dove interagiamo con gli altri, principalmente le persone importanti che ci fanno stare bene e migliorare, e dove coltiviamo le nostre sane passioni (ha senso vederla così Prof?). Ecco, in questa realtà io NON vedo affatto bene i Social. Dal momento che questa disciplina è anche dubbio e autocritica, riconosco che non ho pienamente ragione nel sostenere questo, basterebbe constatare che è grazie a KZbin se ho scoperto questo canale, e posso allenarmi alla riflessione e imparare concetti nuovi. Quindi, dirò la banalità più scontata della storia dell’umanità, è l’uso del mezzo che fa la differenza, e la maturità e consapevolezza di chi lo usa. Ma qui entro nel “metafisico”, e mi domando se è corretto parlare di “uso”, o piuttosto “costrizione forzata”, come se fosse una creatura-BLOB, che una volta lanciata sul mercato ha fagocitato il suo fruitore, creando tanti piccoli mostri. CHI USA CHI??? Credo che il problema nasca nel momento in cui un “bene di intrattenimento” diventa “status symbol”. Penso alla mia generazione, tutti inseguivano il motorino o la playstation, e chissà ai tempi dei nostri nonni o genitori; ogni generazione ha quel “qualcosa” cui tutti devono aspirare a “partecipare” per sentirsi parte di un gruppo, pena l’essere esclusi, soprattutto nell’età più delicata e forse “vulnerabile”, l’adolescenza. Tuttavia, a differenza degli esempi citati in precedenza, che comunque tendevano ad aggregare fisicamente le persone, i Social portano dentro di sé un’amara contraddizione: sicuramente avvicinano le persone lontane, ma probabilmente allontanano le persone vicine. A volte mi chiedo come possa alle persone interessare morbosamente della vita di altre persone, probabilmente è un avvicinarsi di solitudini, l’emergere di mancanze, ma qui subentra l’indole mia discreta e poco curiosa dei fatti degli altri… allora provocatoriamente domando: può essere che oggi abbiamo infiniti mezzi di comunicazione, ma abbiamo poco di realmente utile ed intelligente da dirci? Io non so fino a che punto l’esplosione dei Social sia “voluta”, o sia semplicemente stata un’idea geniale che ha dato alle persone quello che chiedevano, come se fossero un “male che ci meritassimo”, probabilmente un mix delle cose. Certo è quasi spaventoso constatare come possano essere contemporaneamente uno strumento che ci migliora la vita (ad esempio riallacciare l’amicizia con un vecchio conoscente perso per strada), ci fanno conoscere in pochi attimi una miriade di eventi e situazioni di svago, ma allo stesso tempo possono rovinarci, per un commento fuori posto o una foto scattata nel momento sbagliato nel posto sbagliato e finita nelle mani sbagliate. Sì, forse la Creatura è andata oltre il suo Creatore (che voleva ciò? lo aveva previsto?), ed ora è ovunque là fuori, che ci piaccia o meno, e arginarla è impresa vana. Forse perché volenti o nolenti ne facciamo parte tutti, ed è uno specchio della nostra società, e ci mostra tutti i nostri lati, dai più nobili ai più infimi, e ciò fa male.
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 3 ай бұрын
Credo che la tua riflessione sia molto complessa. E ti consiglio assolutamente di leggere sia The Circle che The Every perché valgono tanto quanto dei saggi sul tema. Aggiungo due pensieri: 1) non credo che la creatura sia sfuggita al creatore. Anzi, il creatore sta perfettamente lucrando sulla situazione. Caso mai lo strumento è sfuggito dal controllo dell’utilizzatore. Non sono i social ad essere strumenti, ma spesso siamo noi ad essere strumenti (di guadagno) per chi i social li possiede. 2) per ciò che concerne il giardino, credo proprio che Epicuro oggi parlerebbe di un giardino digitale, senza rete. Come nel giardino, infatti, avremo relazioni maggiormente intense e prossime e, sopratutto, una grande assenza di turbamento e ansia da prestazione generata dai social media. Non credo proprio che la tua sia una proposta folle. Al contempo credo sia molto difficile accogliere questo giardino. È possibile oggi vivere senza social (attenzione: whatsapp è un social!)?
@linkinmark83
@linkinmark83 3 ай бұрын
@@mangasofiaLammoglia 1) Pienamente d’accordo. Teniamo presente che i Social possono anche influenzare l’opinione pubblica! Ho cercato di scrivere un commento piuttosto equilibrato, ma sotto sotto la mia “sfiducia” nei confronti di tali mezzi c’è, e non ho problema ad ammetterlo. Sa che penso? Venendo da una realtà piccola dove “tutti si fanno gli affari di tutti”, sinceramente non ho trovato molto furbo andarmi a cacciare in realtà dove questa (malsana!?!) abitudine è amplificata all’ennesima potenza. Bisognerebbe rendere interessante la propria vita, e condividerlo solo con chi ne vale la pena, con chi può essere realmente interessato al nostro benessere e merita di essere ricambiato. Agevolo con un sofisticatissimo modello matematico: passo un’ora divertente, e un’altra ora a rendere partecipe il mondo che mi sono divertito… ecco, probabilmente ho sprecato un’ora del mio tempo!!! 2) Propongo di creare un gruppo WhatsApp chiamato “Il Giardino” Avevo provato a resistere, fino a quando il lavoro me lo ha “imposto”, certo riuscivo a farne benissimo a meno, mi sembra che una volta “invischiati” è difficilissimo uscirne; si può gestirne l’uso, limitandolo allo stretto necessario, può andare? Del resto è uno strumento, se lo usiamo come tale… poi se apriamo il vaso di Pandora di tematiche come privacy, geolocalizzazione, monitoraggio dell’utilizzatore, ecc ecc è la fine. Ma poi, che noto? Discorso un po' in generale eh, ma un fondo di concretezza c’è: spesso se ti mostri restio o diffidente verso certe novità/innovazioni/comodità vieni subito “preso di mira”, non si comprenda come tu possa “rinunciare” a qualcosa che ti semplifica la vita; una prossima volta scriverò di come credo che il contesto sociale non sempre porti al miglioramento della persona e delle sua qualità (non ho solo pensieri rivolti all'ottimismo e costruttivi, anzi, tutt'altro), ma aspetto l’occasione giusta 😈 Se avessi incassato 5€ ogni volta che qualcuno ha esclamato “ah ma non hai WA? come mai? come fai?” a quest’ora vivrei di rendita… Adesso per strappare una risata mi viene in mente una scenetta: immagino un concerto, decine di migliaia di spettatori, l’artista che si esibisce, tutti a riprendere con il telefono in mano, concentrati più sullo schermo e la qualità delle riprese che sull’esibizione, pronti a pubblicare un secondo dopo… ad un certo punto arriva Diogene con la lanterna, cercando l’uomo… chissà cosa penserebbe 😱
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 3 ай бұрын
La questione del limite è importante e dolorosa. Quasi traumatica ormai. Io non sono per nulla bravo a darmi dei limiti. Devo impormeli. Provo a lasciarmi dei momenti di allontanamento dallo smartphone ma c’è sempre la “paura” sciocca di perdere un messaggio importante o simili… E poi ti ritrovi a scrollare cose inutili… Se vuoi l’occasione per scrivere cattiverie, nella playlist “incontri pubblici”ci sono dei video che mi hanno fatto ma pubblicati da altri. Due in particolare posso consigliarteli per il tema: 1) il capitalismo della sorveglianza, che abbiamo girato con un amico come inchiesta/documentario (tecnicamente molto bello, niente a che vedere con i video che giro io 🤣) kzbin.info/www/bejne/oZnSlqeoramXn7Msi=Ilk_nTcATp6Ncf3M 2) perché siamo isolati, una riflessione sulla solitudine anche digitale. kzbin.info/www/bejne/iKfPfYOYhZxqpcksi=b817mSaa4vwtfYIl
@linkinmark83
@linkinmark83 3 ай бұрын
@@mangasofiaLammoglia Conosco bene l’ “ansia da commento”. Finite le superiori aprii un blog. Erano gli anni in cui andava di moda avere un proprio spazio virtuale, per discutere di qualsiasi argomento. Mi piaceva parlare di cinema. Con il tempo la qualità delle mie recensioni aumentava, e scrivendo di film “di nicchia” e non di blockbuster, avevo anche iniziato a collaborare con qualche sito un pochino più strutturato. Ovviamente attendi con ansia il primo commento, che qualcuno ti segua, e l’attenzione da porre è massima in quanto, considerata la molteplicità di spazi simili, il rischio di perdere “follower” è alto. La passione diventa un po' una prigione… come capire qual è il limite da non varcare? E se mi avesse contattato qualcuno per iniziare una seria collaborazione da giornalista (non era il mio caso eh, non avendo una preparazione nella materia né studi adeguati, ma è per porre l’esempio)??? Con l'entrata nel mondo del lavoro da pendolare con conseguente diminuzione di tempo, energie e lucidità per scrivere alla sera, e la meticolosità quasi maniacale che mi imponeva di pubblicare recensioni sempre più ricercate, alla fine mollai. Mi chiedo: cos’altro avrei potuto fare? Ci sono passioni stra-comuni per le quali è facile poter trovare persone affini, puoi parlarne anche al bar, altre sono più difficili da condividere… non da ultimo questo mio approccio al mondo filosofico. Direi che non è proprio l’argomento da dibattere in pausa caffè… le opzioni sarebbero bazzicare un’università (un po' impraticabile visto che lavoro) o cercare nella piazza virtuale dove posso tornare ad essere alunno e confrontarmi senza limitazioni… non trovo un’alternativa. Ora vado a vedere i due video 😉
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 3 ай бұрын
@@linkinmark83 credo che passare per le università sia altamente improbabile (anche per me, che lavoro nel settore). Servirebbero spazi di condivisione che sono sempre meno, localizzati in grandi eventi con poca discussione. Vedo però, lontano dai riflettori, un certo fermento giovanile sui temi: non abitano solo piazze digitali (che sono comunque, quando funzionano, uno strumento utile), ma anche confronti umani.
@LucreziaBottaro
@LucreziaBottaro 3 ай бұрын
Io credo che la società contemporanea, o meglio la società contemporanea europeo/occidentale sia arrivata ad un momento di cristallizzazione di ruoli, valori, ideali e perciò alla formazione di gabbie mentali da cui è veramente difficile uscire. Ne consegue che, in primo luogo, noi non riusciamo nemmeno a immaginare una realtà del "terzo mondo" (come il campo profughi in Kobane Calling), nella quale sono in procinto di sbocciare ideali e valori più democratici rispetto alla nostra apparente democrazia, che nella cristallizzazione si è frantumata piano piano. Esempio lampante di questa degenerazione e dell'assetto prettamente sessista del nostro paese è stata la puntata di "Porta a porta" del 18 aprile in cui è stato affrontato il tema dell'aborto da parte di 7 uomini; 7 uomini che si sono sentiti in diritto di pronunciarsi su una questione che riguarda esclusivamente il mondo femminile, dato che, fino a prova contraria, la gravidanza può essere portata avanti solo da noi donne. Ma appunto, fino a che non si innescherà una rivoluzione a livello mentale che sradichi sia dalla mente di uomini sia da quella di donne l'impianto sessista, prodotto di questa società capitalista, tutto manterrà lo stesso assetto, nel migliore dei casi, e nel peggiore noi donne vedremo sottratti dalle nostre mani quei diritti tanto sudati, dopo decenni e secoli di lotta ed emancipazione.
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 3 ай бұрын
Proprio nel credere di essere “arrivati” sta il problema: come dicevi, la cristallizzazione si tramuta in una gabbia di immobilismo. Solo la convinzione della miglioramento continuo, della ricerca e del progresso può portare a quello stato mentale di apertura che accompagna l’accrescimento e il consolidamento dei diritti. Essi, infatti, non sono mai dati una volta per tutte. Chi lo crede, inciampa inevitabilmente nella regressione di chi sta fermo, mentre il mondo sotto i suoi piedi avanza.
@LucreziaBottaro
@LucreziaBottaro 3 ай бұрын
@@mangasofiaLammoglia 🙏🏻🙏🏻
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 3 ай бұрын
@@LucreziaBottaro 😉
@linkinmark83
@linkinmark83 3 ай бұрын
Una volta Carmelo Bene disse: “Il talento fa quello che vuole, il genio fa quello che può. Del genio ho sempre avuto la mancanza di talento”. Faticai a capire questa frase, anche perché talento e genio possono sembrare superficialmente sinonimi, allora mi aiutai cercando il parere di qualcuno che avesse una visione più ampia della mia, trovando la seguente spiegazione che mi convinse: vediamo il “genio” come un dono innato, quasi un diamante grezzo, che spetta a pochi, e il “talento” come tutti i fattori che permettono di realizzare tale genio. Pensiamo ad alcuni sportivi famosi, che avevano qualità tecniche indiscutibili ma non “la testa”, o “il carattere”, e hanno raccolto molto meno di quanto avrebbero potuto. Che tristezza un’incompiuta (vissuta da spettatore)! Parlando di Gohan, e tornando alla spiegazione precedente, forse tirando le somme il suo “genio/dono” non è del tutto voluto, o quantomeno non è “affine” alla sua indole, e per sfruttare tale dono (tra i “talenti” necessari) serve anche la Volontà. E spesso sembra “costretto” ad usarlo, o per scelta di altri, o per necessità. Vado a memoria: nella saga dei Sayan e di Freezer viene addestrato duramente da Piccolo, e ricordiamoci che lui era soltanto un bambino che si divertiva con suo papà, sfuggendo dalle “aspettative” di Kiki, che lo vedeva sui libri. Nella saga di Cell la sua forza viene portata all’estrema potenza, ma se vogliamo essere critici, Goku lo “costringe” a subire una sofferenza inaudita, ricordiamoci che Gohan riesce a superare il limite solo arrabbiandosi dopo avere assistito a brutali violenze: il suo potenziale sì esplode, ma a che prezzo? (qui tirata d’orecchie per Goku!) Già nella saga di Majin Bu sembra volersi riconciliare con una vita più tranquilla, nel ruolo di studente e Great Saiyaman, ma anche qui verrà di nuovo caricato della responsabilità di salvare il mondo (e stavolta non raggiungerà l’obiettivo). Non nascondo che ai tempi, essendo molto simpatizzante del personaggio, ci rimasi male. Quel guerriero “totale” apparso contro Cell, una potenza straordinaria abbinata ad un animo gentile, aveva di nuovo “ceduto” il passo al genitore per la salvezza della Terra. Però, e qui mi ricollegherei al commento sull’avere aspettative sugli altri, perché “avrebbe dovuto”? Per me il suo dono poteva essere un’abilità da invidiare, ma senza considerare che per lui non poteva essere altrettanto… c’è anche da dire che se andassimo incontro alla distruzione totale, inevitabilmente nutriremmo aspettative nell’essere che potrebbe salvarci (che ruolo difficile!), ma è una situazione estrema… Lui è diverso da Goku e Vegeta: non ha la curiosità (quasi patologica) della ricerca di un avversario sempre più forte per mettersi eternamente alla prova, come il padre, né lo stimolo a superare l’eterno rivale (complesso di inferiorità?) del Principe dei Saiyan. E’ consapevole della sua forza, ma non la ritiene necessaria, o comunque, con onestà nei confronti di sé stesso, si rende conto che è un dono “pesante” da sopportare. E probabilmente risulta onesto anche con gli altri: se io non sono pienamente convinto del mio talento, probabilmente non lo userò bene, e quindi meglio non usarlo che usarlo male? Cito una scena secondo me significativa della serie “The Young Pope”. Il bisbetico pontefice interpretato da Jude Law riceve il Cardinale Aguirre, uno dei pochi personaggi della “corte” che lo circonda che mostra un’ingenuità quasi fanciullesca, una serenità d’animo che appare “fuori luogo” in una realtà dove si lotta ferocemente per il potere. L’osservazione provocatoria del pontefice, vedendolo sempre disteso e sereno, è “in vita mia ho sempre associato il buonumore alla stupidità”, e la risposta che ottiene è “in effetti non ha tutti i torti, ma lei non immagina la quantità di energia che deriva dal buonumore e dalla stupidità”. La interpreto così: “in un mondo di “squali” arrivisti, mi rendo conto di non essere al loro livello, ma ho comunque in me delle qualità che mi portano a vivere sereno; non arriverò mai in alto, forse non potrò competere, ma questo è il mio posto nel mondo, e posso starci”. Oppure, per quanto ne sappiamo, anche quel cardinale avrebbe "gli attributi" per farsi spazio in quel “covo di vipere”, ma accetta serenamente una “posizione tranquilla” nel mondo. Forse quella che ha sempre cercato Gohan. Come fargliene una colpa, visto quello che ha vissuto?
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 3 ай бұрын
Grazie! Non posso aggiungere nulla ad una riflessione così ricca e puntuale! Grazie davvero!
@linkinmark83
@linkinmark83 4 ай бұрын
Confesso: che fatica avevo fatto a capire questi concetti! Cose mai sentite per me, allora mi sono fatto aiutare dalla mia compagna che ha studiato lingue e mi ha spianato la strada 😉ora mi è chiaro 🤗
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 4 ай бұрын
Se hai dei dubbi, non esitare a chiedere chiarimenti nei commenti! 😃
@klementinabushgjokaj352
@klementinabushgjokaj352 4 ай бұрын
"Kobane Calling" di Zerocalcare è un'opera che apre gli occhi su una realtà lontana che è spesso ignorata, quella della resistenza curda contro l'ISIS. Attraverso i disegni di Zerocalcare, si percepisce il coraggio delle persone che combattono per la loro libertà. La sua ironia rende il libro accessibile e coinvolgente, trasformando una storia di guerra, dunque qualcosa di violento, in una testimonianza toccante e personale. Questo libro mi ha fatto riflettere sul valore della solidarietà, ricordando quanto sia importante non restare indifferenti di fronte alle ingiustizie del mondo.
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 4 ай бұрын
Zero ha sempre la capacità di rendere immediato e comprensibile tutto ciò di cui parla, nonostante spesso siano temi delicati e complessi.
@ivanocorucvi861
@ivanocorucvi861 4 ай бұрын
Grazie , molto utile e interessante
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 4 ай бұрын
Di nulla!
@linkinmark83
@linkinmark83 4 ай бұрын
Buonasera Prof, lascio un po' di riflessioni a ruota libera. Premessa: vengo dalla serie “Il Problema dei Tre Corpi” (trovata carina, ha fatto molto discutere, ma la consiglio comunque), e direi che questo argomento è ampiamente ben affrontato. Ripenso poi anche a Black Mirror, in particolare agli episodi “Torna da me” e “San Junipero” (quest’ultimo per me devastante!), oltre ovviamente all’episodio da Lei citato. Domando: e se fossimo “uni e trini”? Io mi vedo come corpo, mente “razionale” e mente “emotiva”. Suddivido la mente in due parti perché credo ci sia una parte di noi che apprende delle nozioni, ha una sua logicità che ci rende simili, un po' come un “computer calcolatore”… ma poi c’è tutta quella parte più emotiva che ci caratterizza e forse è il nostro vero IO (?), che contiene le emozioni (e anche i difetti), potremmo anche definirla ANIMA quindi… tanto per non inventare un nuovo termine. Avremmo quindi il corpo come mezzo per muoverci ed esplorare, la mente per immagazzinare le informazioni che il corpo ci dà e l’anima (non necessariamente nel senso cristiano) che ci caratterizza nel bene e perché no anche nel male. Appoggiandoci all’informatica, potremmo dire che abbiamo l’hardware/corpo, il software/cervello e… un qualcosa in più, di “indefinibile”. Spesso rifletto su questa tematica, soprattutto quando penso alle persone malate di Alzheimer (c’è il corpo, ma la mente? cosa si diventa con tale malattia? chi sei???) o a chi è immobilizzato ma con la mente lucida… non rischiano di impazzire? Queste tre componenti ci caratterizzano e sono collegate l’una con l’altra: se ho un corpo forte e robusto potrei avere una mente emotiva più ambiziosa e portata al rischio, ma non è detto, anche un corpo piccolo e magari debole può trasmettere il messaggio “mettici più impegno per farcela”… se il corpo si indebolisce possiamo abbatterci, oppure trovare nuovi stimoli, nuovi interessi… se abbiamo una mente emotiva portata all'idea di miglioramento possiamo allenarci per diventare forti e sani e robusti, quindi la mente può migliorare il corpo… in quest’ottica queste tre entità sono interconnesse: la mente razionale è come il software che connette l’hardware a quel qualcosa che ci rende… UMANI!?!?!? Penso a quanto sia fottutamente bello (e insieme tragico nella sua ineluttabilità?) che miliardi di persone siano esistite dalla nascita dell’uomo e siano state tutte diverse… magari simili come lineamenti, ma sicuramente tutte diverse “dentro”!!! Ultima riflessione: a volte penso a quando si parla di “miglioramento personale”. Pensiamo di portare questo processo all’estremo: diventeremmo quasi divini, ma avremmo ancora UMANITA’? Forse, alla fine, anche i nostri difetti oltre che caratterizzarci possono aiutarci… in alcuni momenti la cocciutaggine ci può salvare, l’orgoglio difendere dalle offese gratuite, l’impazienza ci può portare ad allontanarci da un pericolo… ecc ecc… quindi miglioriamoci sì, ma con giudizio 😉e sono andato fuori tema
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 4 ай бұрын
Del problema dei tre corpi, non posso che consigliarti il libro. Come di Black Mirror, per approfondire la questione, ti consiglio (ahimé) il mio testo sul tema: Black Mirror, narrazioni filosofiche, edito da Mimesis. Infine, entrando nella questione “dura”, resto scettico sulla possibile scissione, in particolare sull’esempio hardware/software: se così fosse, ci sarebbe la possibilità di scindersi restando in qualche modo, se stessi. Al contrario, io credo che perdere o variare qualcosa significa cambiare persona. Forse perché penso, in fin dei conti, che siamo in continuo cambiamento. Siccome il tema è molto più ampio di così, ti consiglio altri due libri: Patrone F., piccola guida all’identita personale, Laterza e Di Francesco, Marraffa, Tomasetta, Filosofia della mente, Carocci. Un bel po’ di libri, insomma (e ti assicuro che sarebbero molti molti di più). In generale il tema è quello della metafisica della persona.
@linkinmark83
@linkinmark83 4 ай бұрын
@@mangasofiaLammoglia La sua risposta mi fa riflettere sulla mia ingenuità: nella mia spiegazione ho parlato come se fosse possibile scindere questi tre fattori e analizzarli separatamente ma intanto c’è una fregatura, ammesso che si possa credere che esistano queste tre parti, esse sono sempre in divenire: tutto cambia e noi siamo sempre diversi, a volte basta poco per portarci al cambiamento caratteriale, forse non c’è un vero e proprio “NOI STESSI”, perché cambiamo… Quello che ho scritto ieri sera potrei confermarlo chissà per quanto tempo, poi magari tra qualche anno potrei pensare l’esatto opposto… oppure potrebbe non interessarmi più l’argomento (scherzo, voglio approfondire e studiare la materia perché mi sta regalando belle riflessioni e perché aspiro a nuove conoscenze). E il nostro corpo? Non so perché, ma penso (chissà con quanta attinenza) al paradosso di Achille e la tartaruga: forse io nel mio ragionamento ho “bloccato l’attimo”, cercando di ragionare come se si potesse fermare il tempo e “definire” una persona in un preciso istante… ma se prendiamo anche pochi secondi, il nostro corpo sarà cambiato… quindi esistono, forse, infinite versioni di “noi”. insomma, che fatica definirci: nel cercare di farlo siamo già cambiati, ma allora, CHI SIAMO??? L’importante è che la risposta non ce la dia Rustin Cohle Grazie per le segnalazioni!!! Io prendo appunti, ho sempre letto COLPEVOLMENTE poco e quindi mi devo riabituare, ho bisogno di molta tranquillità e concentrazione, soprattutto su queste tematiche dal momento che non si tratta di narrativa ma prodotti da analizzare e su cui riflettere molto… pensi che volevo portarmi dietro qualcosa da leggere in pausa pranzo, noto che nessuno legge ma sono tutti sui cellulari, ma ammetto che faccio fatica a trovare la giusta concentrazione per affrontare tali tematiche in poco tempo. PS: pensavo che il nuovo film di Coppola, “MEGALOPOLIS” potesse essere un prodotto interessante, purtroppo ho letto pessime recensioni (che potrebbero però lasciare il tempo che trovano, a volte certi capolavori non sono stati capiti subito)… a Lei interessa? Lo vedrà? Grazie come sempre e buona serata!
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 4 ай бұрын
@@linkinmark83 per ciò che concerne Megalopolis, quando potrò ovviamente lo vedrò. Per il resto cerca “il paradosso della nave di Teseo” per farti scoppiare la testa 🤣
@linkinmark83
@linkinmark83 4 ай бұрын
@@mangasofiaLammoglia Grazie, era proprio quello di cui avevo bisogno
@linkinmark83
@linkinmark83 4 ай бұрын
@@mangasofiaLammoglia Sul tema dell’IO mi viene in mente anche la riflessione che faceva il buon Patrick Bateman di “American Psycho”, che iniziava con “c’è un’idea di P.B., una sorta di astrazione, ma non esiste un vero e proprio “me” e si concludeva con un “io sono un essere umano incoerente”… brividi!!! Filmone!!!!!
@benedettamistretta1155
@benedettamistretta1155 4 ай бұрын
Molto interessante professore,penso che al giorno d'oggi tutti devono godere degli stessi diritti e che la donna deve essere una figura molto importante nella società stando allo stesso livello dell'uomo!
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 4 ай бұрын
Credo che sia qualcosa in più: non è solo lo stare allo stesso livello, quanto avere le stesse possibilità. Mi spiego: il rischio del livellamento è avere donne come gli uomini. Al contrario, ci sono sensibilità diverse, capacità e competenze diverse che vanno valorizzate. Il che non significa “fare cose diverse” quanto piuttosto “fare le stesse cose in modo (o con sensibilità, orizzonti, approcci) diverso”.
@giorgiaoodjrjdjdjfj8368
@giorgiaoodjrjdjdjfj8368 4 ай бұрын
Molto interessante
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 4 ай бұрын
Grazie!
@klementinabushgjokaj352
@klementinabushgjokaj352 4 ай бұрын
Le questioni di genere sono complesse e influenzate continuamente da fattori culturali, sociali ed economici. Secondo me è coloro che hanno una visione accogliente nel mondo, è importante promuovere l'uguaglianza di genere e il rispetto per di ogni individuo, indipendentemente dal genere o dall’orientamento. La diversità di punti di vista e esperienze arricchisce la nostra società e dovrebbe essere accolta e celebrata, questa però è una diversità che nel mondo maschilista non rientra, ma non impossibile da sradicare. La diffusione più frequente di queste tematiche nei libri, tra le notizie di attivismo, volantini, aiuterebbero a sradicare pregiudizi di genere.
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 4 ай бұрын
Credo che sia proprio il riconoscimento della costruzione culturale del genere che permetterà meglio da un lato di abolire tutte le presunzioni di "naturalità" e, dall'altro, di incrementare una cultura di accoglienza, comprensione e dialogo. Grazie!
@_Ale_19
@_Ale_19 4 ай бұрын
Buongiorno Prof! Innanzitutto volevo farle i complimenti per i contenuti sempre interessantissimi. Qui in particolare ha affrontato una tematica a me molto cara da quando, ormai 4 anni fa, cominciai Berserk. Il discorso sul sogno proposto da Griffith mi ha sempre colpito moltissimo e fino a pochissimo tempo fa ero convinto anch'io di dover seguire quell’ideale proposto da questo personaggio. Così da un annetto ho deciso il mio percorso universitario successivo alla maturità, vorrei entrare nell’Accademia Di Belle Arti di Bologna e, per seguire il corso dei miei sogni, ho provato in poco tempo a imparare a disegnare e a raccontare storie. Mi sono scontrato ben presto con burnout e una grandissima quantità di stress proprio perché nel mentre, come sottolinea nel video, ho dovuto mandare avanti anche percorsi paralleli e rinunciare ad altri e questo nell’ultimo periodo mi ha portato a fermarmi e a riflettere, da qualche tempo mi ha attanagliato il dubbio di rinunciare al sogno, proprio perché come Kolcas non mi sentivo all’altezza di quest’ultimo. Questo pensiero ora sta svanendo e sta ripartendo in me la determinazione che mi ha accompagnato in questi mesi, tuttavia ora ho compreso un particolare fondamentale che in questi 4 anni di amore per l’opera mi ha sempre portato dubbi. Il metodo di Griffith è sbagliato, il vero idealista, il vero sognatore è proprio Guts, che tra tutti i personaggi presenti nel manga sembra anche quello più concreto. Per quanto entrambi abbiano messo sangue e sudore nel sogno, Griffith ha dovuto schiacciare un infinità di persone (e quindi di sogni) per raggiungere il suo scopo, è cinico e totalmente egoista, mentre Guts per quanto si mostri scorbutico e antipatico prosegue la sua lotta con le sue forze, “non dipendendo dagli ordini di nessuno, lo fa solo per far scoccare la scintilla della sua vita.”
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 4 ай бұрын
Grazie per questa risposta molto interessante (e per i complimenti graditissimi). Credo che Gatsu abbia una facciata di egoismo che poi, però, si scioglie in un attenzione (anche minima) all’altro. D’altra parte, è grande e grosso e sa/può badare a sé stesso pur non facendo “nulla”, che è un po’ distante/difficile per noi. Grifis non so quanto sia egoista fino in fondo. Hai ragione, e l’eclissi dice tutto…. Ma era così dall’inizio? Forse hai ragione tu…
@linkinmark83
@linkinmark83 4 ай бұрын
La parola “aspettativa” suscita sentimenti contrastanti. Intanto mi pare che le aspettative siano “personali” (interne al soggetto), o “esterne” (della famiglia, della scuola, del gruppo sociale che si frequenta). Quelle che causano più problemi, mi sa, sono quelle che arrivano dall’esterno. Possiamo vederle da un lato positivo, come a dire “mi ritengono una persona che vale, riconoscono le mie qualità, quindi si aspettano da me che faccia buone cose”, ma talvolta hanno una deriva negativa, soprattutto se cozzano con le capacità di una persona, o le sue caratteristiche caratteriali, o le sue aspirazioni. Vengo dalla provincia, tanto per fare un esempio quella cantata splendidamente dai Baustelle ne “I provinciali” e “Le rane”. Qui le aspettative si mischiano con il controllo sociale e una sorta di “ordine precostituito delle cose”, dove i cammini sembrano già indirizzati verso un ineluttabile piano, predisposto principalmente in famiglia (a tale proposito cercate la recente intervista dell’attore Alfred Molina, dove parla della delusione del padre una volta scelta la strada artistica). Nelle piccole realtà sembra quasi che il paese sia tutta una grande famiglia, un microcosmo che tende a legare a sé i suoi membri, per sopravvivere. Certamente si può sostenere che le persone abbiano una propria “personalità”, che dovrebbe imporre loro di reagire ai condizionamenti ed intraprendere il proprio percorso, ma non è così facile. I meccanismi che si vengono a creare creano trappole psicologiche che possono rendere difficile l’emancipazione della persona. Forse solo uno “shock” può innescare una reazione che porti alla ricerca di un proprio percorso, indipendente e soddisfacente. Questa visione critica e un pizzico pessimista è ovviamente frutto di un percorso personale e non la verità assoluta, la piccola comunità ha ovviamente i suoi pregi e dà soddisfazione e senso di sicurezza per chi è portato al viverla appieno. Ma non per tutti funziona così. Pensando alle “nostre” aspettative invece, sicuramente possono essere più oneste ed attualizzabili, se supportate da un attento esame di coscienza, valutando le nostre capacità in funzione dell’obiettivo prefissato. Facendo tesoro di questi ragionamenti, dovremmo stare attenti nel nutrire aspettative sugli altri…..
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 4 ай бұрын
Credo che “Le rane” sia un’ottima immagine per le aspettative sociali. In fondo siamo tutti, nelle relazioni, persone di provincia. Ci sono i pettegolezzi, le categorie, le frasi stereotipate: le attese che le persone che ci circondano hanno su di noi. Le aspettative, purtroppo, anche quando sono positive hanno un lato negativo: mettono sotto pressione. Passano da essere apprezzamenti incentivanti ad essere richieste opprimenti. Forse, come dici tu, dovremmo stare molto attenti nel coltivare aspettative. Non tanto nei contenuti, ma nelle modalità. Vedo le tue potenzialità e sogno in grande con te, ma tu sarai sempre libero di attuare o meno ciò che si pensa tu possa diventare.
@linkinmark83
@linkinmark83 4 ай бұрын
@@mangasofiaLammoglia La canzone dei Baustelle mi ha fatto tornare alla mente che nelle campagne del mio paese c’era un fiumiciattolo (chiamato comunemente roggia) dove i cinquantenni di oggi facevano il bagno, e c’erano le rane e addirittura i gamberi di fiume… ora rimangono solo fossi invasi dall’erba. Sono sparite pure le lucciole, che peccato. Sono stato rapito dal mare, ma ammetto che anche la campagna ha una magia unica. Tralasciando questa immagine malinconica, a proposito di… malinconia e tematica - aspettative, Le chiedo: ha mai visto “Donnie Darko”? A breve verrà proiettato per la prima volta al cinema… è un qualcosa di imperdibile che mi sento di consigliare… ed è un’opera che meriterebbe ore e ore di riflessioni!
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 4 ай бұрын
@@linkinmark83 Donnie darko è un capolavoro a cui, però, non mi sento preparato! 😅 Devo assolutamente rivederlo!
@linkinmark83
@linkinmark83 4 ай бұрын
@@mangasofiaLammoglia Allora bisogna cogliere l’occasione del 3/4/5 giugno 😉 Devo rivederlo, con venti anni in più sul groppone e un bagaglio di conoscenze diverso e più ampio… ma già alla prima visione lasciò tante sensazioni e riflessioni, come pochi altri film. Servirà un occhio ancora più critico, voglio cercare di andare oltre a quella sensazione di malinconia che mi trasmise…
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 4 ай бұрын
@@linkinmark83 assolutamente!
@linkinmark83
@linkinmark83 4 ай бұрын
Ritengo i Cavalieri d’oro le figure più belle che abbia mai incontrato nel mio percorso tra cartoni animati e letture fumettistiche. Niente ha raggiunto le loro vette, né sarà eguagliabile, al pensiero di questi 12 “mostri sacri” (ci metto dentro anche quelli “cattivi”). Un mix di autorevolezza, carisma, forza, senso del dovere e della giustizia (non tutti!), fierezza, un pizzico di superbia… una spanna sopra tutti. Del cavaliere della Vergine ricordo con intensità le pagine dove riflette sul senso dell’esistenza, nel capitolo di Ade se non ricordo male. Lo conosciamo come un cavaliere all’inizio superbo, ma fortunatamente il dubbio lo coglie e poi torna sulla retta via, dalla parte della giustizia. Se pensiamo che combatte ad occhi chiusi, quasi da fermo, ed è uno dei cavalieri più temibili… applausi a scena aperta a Kurumada! Una figura potente, carismatica, di sicuro da temere, e anche un po' carica di sofferenza, proprio per tutti gli interrogativi che si pone… spettacolo, non aggiungo altro. Saint Seiya rimane il manga che mi porterei su un’isola deserta se mi obbligassero a sceglierne uno 😉
@linkinmark83
@linkinmark83 4 ай бұрын
Vidi FC in piena adolescenza. Ovviamente a quella età ciò che ti colpisce di più è lo spirito di ribellione di Tyler Durden, il suo essere assolutamente fuori dagli schemi, ingovernabile, una mina vagante che decide esclusivamente per sé stesso… a distanza di più di venti anni, cosa è rimasto di quel film e dei suoi “insegnamenti?” Tyler Durden rimane un’icona… di stile, quasi un “influencer”, paradossalmente quello che lui non voleva essere. Lui è il Maestro: ti indica la luna, ti dà le dritte, ma lassù ci devi arrivare tu. E difatti, dopo un po' nella narrazione scompare. Temo che nella società odierna, un personaggio così verrebbe “fagocitato” dalla ricerca del figo a tutti i costi (da prendere, esaltare, masticare e sputacchiare via), e rischierebbe di perdere la sua essenza (non per “colpa sua”, ma della nostra superficialità). Ma siamo qui per provare a coglierla. Inizio col dire che forse un po' tutti oggi, cresciuti, per un motivo o per l’altro, ci ritroviamo più nel protagonista senza nome, che nell’eversivo Tyler. Sulla tematica consumismo, se ci ha lanciato un allarme, temo sia stato poco ascoltato. Come dicevo ieri, le comodità ci hanno circondato, assediato, qualcuno diceva “On n’échappe pas de la machine”… il “Sistema” ha vinto, ci ha circondato, ma non mi sembra il caso di scrivere un messaggio di “sconfitta”, se qualcosa di buono vogliamo trovarlo. Un anno fa lessi il libro, e come da consuetudine, cercai pareri di “chi ne sa più di me”, per trovare qualche spunto di riflessione ulteriore, qualcosa che mi fosse sfuggito. Mi colpii in particolare la recensione di uno psicologo. Questo video parlava di un altro “piano di lettura” dell’opera. Spettacolo!!! Non le vicende che vediamo sullo schermo, lo sfogo della violenza, ecc ecc… non la critica alla società ecc ecc… ma FG come un’opera che parla di insoddisfazione/mancanza di qualcosa/rabbia repressa -> crisi -> messa in discussione dei propri valori -> quasi “autodistruzione” -> rinascita -> preparazione ad affrontare la “solita vita”, ma con nuove risorse mentali e consapevolezza di sè. Ok, mi ha convinto. Sotto questo punto di vista mi piace pensare a FC un’opera che invita al DUBBIO, a riflettere se siamo schiavi di quello che possediamo, se siamo soddisfatti del nostro lavoro, delle nostre relazioni, se siamo consapevoli dei nostri limiti e abbiamo mai provato ad affrontarli… insomma, ci porta ad interrogarci su chi siamo, dove stiamo andando, e se ci piace la direzione intrapresa. Se la risposta è tutt’altro che sì, allora è il caso di ascoltare il nostro Tyler (dov’è? cerchiamolo perlomeno) per vedere se qualche convinzione radicata in noi ci ha fatto deragliare dai nostri propositi, se qualche pilastro su cui ci poggiamo da sempre non lo abbiamo edificato noi ma qualcun altro che lo ha fatto per il proprio tornaconto… allora proviamo a radunare le forze ed abbatterlo. E magari, tenendo per mano una persona a noi cara (non necessariamente la partner, va bene anche un amico, un famigliare), guardiamo al futuro consapevoli che tutto quello che abbiamo affrontato (perché sì, ci siamo battuti, magari non fisicamente ma all’interno della nostra psiche) ci ha reso più forti. E rendendoci conto che SIAMO ANCORA IN TEMPO. Alcune persone che vediamo nel film, purtroppo, non ne hanno più. E pazienza se ogni tanto compreremo qualche mobile Ikea, e il capo ci farà una ramanzina… l’importante è che ogni tanto, se un Tyler si affaccia nella nostra mente, proviamo a capire il perché e a dargli ascolto, senza deragliare eh! Quindi una lettura psicologica di FC abbinata alla filosofia, il massimo
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 4 ай бұрын
Condivido: Tyler è un personaggio paradossale. Forse, però, è paradossale in sé. Non so se sia stato fagocitato dal sistema o se, in fondo, non sia diventato ciò che voleva. “Mi si nota di più se vengo o se resto a casa” diceva Nanni Moretti… Tyler, forse, si chiede se l’essere eversivo non sia la vera chiave per diventare mainstream… Molto interessante, riguardo la riflessione psicologica, la scena con il commesso di Market: noi dovremmo “puntarci una pistola alla tempia” per interrogarci sulla nostra esistenza. Abbiamo rinunciato alla vita per sopravvivere? E se si, ha senso sopravvivere così o forse è meglio tornare a cercare la vita?
@linkinmark83
@linkinmark83 4 ай бұрын
@@mangasofiaLammoglia La chiave di lettura psicologica forse è una delle più inattaccabili sulla missione “educativa” della figura di Tyler. Del resto, penso che nel momento in cui io mi pongo come “alternativa al sistema”, all’inizio predicando nel deserto, ed in seguito inizio ad avere un seguito, io stesso divento “un sistema”… e in futuro, se la mia “parola” verrà seguita dai molti, arriverà qualcun altro a porre una visione diversa dalla mia cercando di scalzarla… è nella natura delle cose, ci sta. Invece, leggendo il messaggio di TD come una sorta di “conosci te stesso, mettiti alla prova, cambia quello che non ti va, sii consapevole”, diamo il senso massimo alla sua figura, e a quanto ci vuole lasciare. Se invece vogliamo cogliere il suo messaggio più brutale e primitivo di “distruggere tutto”, probabilmente perdiamo in partenza. Mi viene da fare una riflessione su un fatto attuale. Ho scoperto con dispiacere che un noto giornalista è gravemente malato, e ha denunciato di essere stato abbandonato dall’ambiente di lavoro per il quale ha prestato fedele servizio per tanti anni. Spulciando i commenti, oltre alla solidarietà per la sua difficile situazione, leggevo nelle persone un “astio” nei confronti del lavoro, che sfociava nelle classiche frasi “dovremmo lavorare di meno/il lavoro ci porta via tanto/ci rendiamo conto del tempo che sprechiamo quando è troppo tardi ecc ecc”. Provocatoriamente, indossando la maschera del Tyler della situazione, mi verrebbe da chiedere loro se oggi si sono licenziati, e hanno iniziato a girare il mondo… La “catena di montaggio” è una sentenza vicino all’inoppugnabile. Andrebbero fatti i dovuti distinguo, credo che alcune occupazioni diano seguito a una “vocazione” (artisti, insegnanti e medici i primi che mi vengono in mente), pertanto possano regalare qualcosa di più del “porto a casa la pagnotta per vivere”. Forse la verità è che possiamo fare davvero poco su questa “problematica” (la metto tra virgolette, perché un problema vero oggi è il NON avere un lavoro), qui si amplia totalmente la faccenda e dovremmo coinvolgere la società, ma anche la famiglia e l’educazione ricevuta (e qui ci sta un bel collegamento al video sulle aspettative… ma anche a quello dei sogni). Ma qui mi fermo, lasciando un bel punto interrogativo a un quesito grosso come una casa... Concludendo: il lato più feroce (e cool) di Tyler probabilmente non porta da nessuna parte, o se decidiamo di seguirlo in toto rischiamo di “perdere tutto”, ma nel vero senso del termine… lavoro, affetti, un tetto sopra la testa… se invece accettiamo il “compromesso” dello stare in società (parola, compromesso, che io comunque trovo irritante e fastidiosa, da sempre), possiamo fare tesoro degli spunti che ci ha lasciato, per imparare a combattere e rimanere in piedi, in quel grande FIGTH CLUB che è la Vita.
@linkinmark83
@linkinmark83 4 ай бұрын
Comprai l’edizione maxi nell’autunno 2021, avevo bisogno di una lettura che mi desse conforto in un periodo un po' particolare diciamo. Trovai un’opera diversa rispetto al film, leggerlo non fu agevolissimo, mi riprometto assolutamente di rileggerlo con più calma e meno coinvolgimento. Comunque video stimolante e confronto totale a 360°, con una marea di tematiche su cui riflettere, voglio aggiungere alcune mie osservazioni sparse qua e là. Io penso che non avremo più dittature “come una volta”: sì ok, probabilmente l’ “uomo forte al comando” ha sempre il suo “fascino”, ma la trovo una figura “superata”. Il vero dittatore “moderno” è la “persona qualunque”, sobrietà e garbo, volto distinto, giacca&cravatta, uno che riesce a convincerti ad invocare le catene, a mettertele, e a lucidarle per benino. Ti invita ad entrare nel tunnel della perdizione, e arredarlo. E come si può attentare alla libertà agli uomini “moderni”? Principalmente togliendoci le comodità. Ricordiamoci che siamo entrati nell’“epoca delle emergenze”! Anni fa feci l’esempio (giuro che non conoscevo il principio della rana bollita!) del ragazzino messo in castigo, al buio e senza merenda (un esempio crudo eh!!! non si educa così eh, non prendetemi alla lettera). Un po' alla volta gli concedi di uscire, gli concedi un assaggio di merenda, poi al minimo sussulto di “orgoglio”, di nuovo punizione. Con questo tira-e-molla, probabilmente riuscirai ad educarlo all’obbedienza. E come puoi distoglierlo dalla consapevolezza (e qui dimentichiamo per un attimo che si parla di un giovincello eh) dell’essere stato “programmato ad obbedire"? Regalandogli svago, un cartone, perché no, magari con disponibilità 24h su 24, per distrarlo. Ricordandogli che tutto quello che l'hai fatto, è stato solo per il suo bene. Siamo la società del “beh faccio subito così non ci penso più”, “ah io non so, non seguo più niente” (non sono purtroppo luoghi comuni, troppe volte i miei timpani hanno udito queste orride blasfemie), e soprattutto la "società delle etichette", dove il dubbio non è coltivabile perché scomodo. Anche qui scopo con stupore che la Filosofia mi sta insegnando qualcosa. Quando ho affrontato la “questione degli Universali” nel Medioevo, lì per lì pensavo a un dibattito “fine a sé stesso”, se rapportato ai tempi di oggi. Una tappa certamente da conoscere, visto il percorso che sto intraprendendo, seguendo le varie tematiche dei vari periodi, rimasto lì, in quegli anni così lontani da noi... e invece no, mi sbagliavo. Oggi si abusa delle etichette per categorizzare chi ha idee diverse, mettendo TUTTI contemporaneamente in un “calderone infernale” già predisposto e apparecchiato anche per chi solo vuole porre un vero dibattito sulle più disparate questioni. Ecco allora che in un tavolo di confronto devi “premettere” di NON essere un “qualcosa”… come non bastasse alzare la mano educatamente per esprimere un’idea (o anche solo provare un confronto), no, devi mettere le mani avanti. Mi corregga se sbaglio, ma nel Medioevo chi voleva filosofare "bypassando" la religione rischiava grosso o ho capito male? E tutto perché nella "società dei like", l’etichetta ti semplifica la vita, tanto che spesso si perde già da subito la voglia di dialogare (...e si finisce qui su KZbin a scrivere papiri!!!). Calando l’asso di un livello di informazione (mio parere) di infimo livello, shakerando il tutto otterremo (come mi piace definirla) la Società del Paradosso. Abbiamo tutti i mezzi di informazione, ma abbiamo poco di utile da dirci. Abbiamo tutte le comodità, che ci permettono di fare mille cose, ma senza queste rischiamo di essere perduti… e il concetto di Libertà lo trovo lontano da questa situazione. Ho concluso che solo lo studio e il viaggio sono le principali fonti di arricchimento totale, che ci rendono liberi, certo il secondo ha anche bisogno di tempo e denaro, se non altro con lo studio si può "viaggiare nel tempo e nello spazio", e confrontarsi con tante menti brillanti e attingere il meglio. Concludo un po' provocatoriamente, sostenendo che quando ci sarà una nuova dittatura, forse non ce ne accorgeremo nemmeno. E saremo così stati “ben ri-educati”, che magari inveiremo con chi ci farà notare che "qualquadra non cosa". PS: mi permetto di suggerire la lettura di un piccolo gioiello che ha ispirato la serie “Snowpiercer”, TRASPERCENEIGE
@linkinmark83
@linkinmark83 4 ай бұрын
Uh, in questo personale “trattato”, ho omesso la tattica di educare il cittadino abituandolo al “senso di colpa”, ma per oggi mi fermo qui 🤭
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 4 ай бұрын
Leggerò sicuramente il tuo consiglio (anche perché ho adorato sia la serie che il film di Snowpiercer). Sulla questione etichette, ne abbiamo parlato nella puntata uscita oggi relativa alle questioni di genere. E non è male. Ma la cosa più interessante è che hai ragione: se mai arrivasse una dittatura, probabilmente non ci accorgeremo di nulla, perché saremo completamente assuefatti e assorbiti. Saremo comodi sui nostri divani, e tutto ci andrà bene. La prossima dittatura non sarà violenza e manganello, ma sarà felicità in pillole, come il mondo nuovo di Huxley…
@linkinmark83
@linkinmark83 4 ай бұрын
Uh, rileggendomi non vorrei essere frainteso: quando parlo di "componenti biologiche/chimiche" volevo semplicemente dire che influenzano i nostri stati d'animo e hanno voce in capitolo... era un discorso "neutro", spero di essermi spiegato... sennò sembra che inviti allo sballo 😂
@linkinmark83
@linkinmark83 4 ай бұрын
Bella tematica Prof!. Proprio in questi giorni sto leggendo “Gente di Dublino” di James Joyce, che non è altro che una raccolta di storie sulla tematica del “vorrei ma non posso”. O non voglio? Sono racconti che, toccando tutte le età della vita, trasmettono in primis la sensazione del “non vissuto”, di quello che poteva essere e non è stato, soggetti “bloccati” in situazioni dalle quali non si intravede la via d’uscita. Aspirazioni soffocate, desideri repressi, schiacciati da una quotidianità che prende questi personaggi e li butta in un tritacarne fatto di routine grigia e misera, senza grosse prospettive sul futuro. Colpa di cosa? Contesto sociale deprimente? Famiglia pressante? Debolezza caratteriale? “Sfortuna”? Un mix di tutto ciò li ha costretti a rimanere (cit. Ken il Guerriero) “rane nel pozzo che ignorano l’esistenza dell’oceano)” Credo che la tematica “Sogni” possa variare da persona a persona, c’è chi li ha “da subito”, e chi li scopre cammin facendo; chi punta a un “qualcosa” (carriera/percorso artistico/fama/denaro/potere), chi punta a un “qualcuno” (amore/famiglia/fare del bene agli altri), o a un’“esperienza” (penso principalmente al viaggio). Esiste qualcuno che non ne ha? Chissà... Pensi che io alla fine dell’università un certo giorno, di per sé comune come altri, per una serie di eventi fortuiti venni posto di fronte a momenti del mio passato, concretizzai il mio presente, ed ebbi una visione del mio futuro… e lì capii che il mio sogno era trasferirmi a vivere nella città che mi aveva accolto e “cresciuto” in quegli anni. Il vivere lì in tutti questi anni, ha portato a quel “benessere di fondo” che mi accompagna… e penso che se mi fossi “accontentato”, io non sarei la persona che sono adesso ma solo… un’ombra in una caverna PS: vidi l'anime di Berserk nell'inverno 2022... mi devo ancora riprendere dall'Eclissi
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 4 ай бұрын
Grazie! Le riflessioni che partono dal proprio vissuto sono perle di miniere, ottenute scavando a fondo e, perciò, rese ancor più preziose!
@linkinmark83
@linkinmark83 4 ай бұрын
Ho elaborato la mia “teoria” … certo che dopo le Sue osservazioni supportate dallo studio, rischio di buttare lì delle fregnacce semplicistiche ma vabbè… la tematica mi ispira e mi piace scrivere 😊 Cosa può essere la Felicità? Io lo associo alla Gioia, alla Serenità, alla pace interiore. Penso che sia un “qualcosa” che avvertiamo inversamente proporzionale all’età… ci vuole poco a suscitare stupore e fare contento un bambino, no? E’ già più difficile vedere un adulto “sprizzare di gioia”, sicuramente da una certa età in poi subentra qualcos’altro, direi la “complessità” del pensiero, unita al crescere e all’evolversi (e complicarsi) della vita. MA mi chiedo: il bambino, in quanto più “semplice”, è soggetto a tanta meraviglia forse “troppo spesso” per definirla "autentica"? Si può definire maggiore di quella manifestata da un adulto “consapevole”? Poi separerei il concetto da quello di Divertimento, che vedo come l’”atto” in sé di una cosa che ci piace fare (tra le più disparate eh, dal ricamare al fare bungee jumping), la cui aspettativa… ci porta Felicità! Nel mio modo di vedere, conta una sorta di equilibrio di umore, di serenità interiore. Quella sensazione di pace che ti accompagna da quando ti alzi a quando vai a letto. Io credo che si debba lavorare su sé stessi e imparare a “gestire” la propria mente e gli impulsi… mi spiego meglio. Ci sono situazioni dove siamo in balia degli altri e degli eventi (il lavoro, tanto per dirne una). Ecco, qui il “controllo” è tutto. Fare sempre del nostro meglio, la sensazione di avere dato il massimo, ma comunque con quel pizzico di “distacco” necessario, per non farsi travolgere dagli imprevisti. Lasciare perdere nervosismi, polemiche inutili, pettegolezzi vari… rimuovere tutto quello che non è necessario, per raggiungere nel migliore dei modi (e senza disperdere energie in sciocchezze) l’obiettivo che ci è stato dato. Per non parlare di situazioni stupide (ma veramente stupide eh) come le litigate in macchina, le riunioni condominiali… riuscire a raggiungere il distacco. Cioè, ragioniamoci su, ma per cosa ci stiamo arrabbiando? Credo che durante il giorno dovremmo tutti almeno una volta FERMARCI (non necessariamente fisicamente, ma sicuramente con il cervello) e renderci conto che in primis SIAMO VIVI (non è poco!!!) e stiamo (spero) bene. E poi, darci un piccolo compito: cercare ogni giorno un momento bello, per quanto piccolo sia, da portarci dentro. Pagine di un libro che ci piace, una passeggiata al tramonto, il prendersi cura di un animale o una pianta, un gesto gentile… e piantarcelo bene in testa, promettendoci che anche domani faremo altrettanto… e in questi momenti togliere il “freno di sicurezza” alla nostra mente, e lasciarla libera di vagare e riempirsi di quelle sensazioni. Poi credo ci siano anche componenti biologiche-chimiche (ormonali forse? ma anche medicinali) che possono "spostare gli equilibri" e portare a determinate sensazioni… mi vengono in mente i farmaci che tolgono i freni inibitori, ma quello è un altro mondo 🤔 Probabilmente è anche questione di “indole” personale, io in tante situazioni di entusiasmo generale mi sento sereno ma non riesco granché a esternare (risultando quasi indifferente), così come in situazioni gravi/serie cerco di mantenere la rotta e la compostezza (risultando di nuovo, ahimè, quasi indifferente). Mi rendo conto di avere scoperto l’acqua calda ma ci tenevo a condividerlo! PS: ... mi fa strano avere scritto queste parole fin troppo “buoniste”, quando in realtà sono anche molto attratto dalle correnti di pensiero più disfattiste e ciniche (nel senso “cattivo” del termine, e non della Scuola ellenista)… ma in fondo, come diceva Whitman, “conteniamo moltitudini” 😉
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 4 ай бұрын
Non sono banalità. Sono le riflessioni di chi la bellezza come tramite della felicità cerca costantemente e con passione. Che poi, alla fine, è tutto qui: per essere felici, bisogna essere innamorati e appassionati.
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 4 ай бұрын
Non sono banalità. Sono le riflessioni di chi la bellezza come tramite della felicità cerca costantemente e con passione. Che poi, alla fine, è tutto qui: per essere felici, bisogna essere innamorati e appassionati.
@emilianobrajato8216
@emilianobrajato8216 4 ай бұрын
molto bello, ho anche molto apprezzato il testo! ci sono aspetti che avrei aggiunto, magari ti scrivo!
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 4 ай бұрын
Volentieri! Eh lo so! È una miniera, ho provato a fare il massimo ma sapevo che mai sarei stato esaustivo.
@linkinmark83
@linkinmark83 5 ай бұрын
Buonasera Prof! Il concetto del tempo come un cerchio mi rimanda un po' a True Detective… ha visto quella serie? Perché nel caso mi sento di consigliarla accoratamente. Già in passato vidi molti video sulla figura di Rustin Cohle interpretata e studiata con l’ausilio di strumenti filosofici, è un personaggio così particolare che ha lasciato il segno nel pubblico… una persona così schietta e disillusa da risultare sgradevole agli altri, ma verso il quale non si può provare comunque un senso di vicinanza per il suo tragico vissuto e la sofferenza che lo accompagna… (ricordo tuttavia che la ciclicità del tempo che cita Rust si riferisce a filosofi successivi e non ai greci)
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 5 ай бұрын
Come si può non averla vista?!? Ti consiglio un bel libretto di Tommaso Ariemma che è la filosofia di True Detective edito da “Il Melangolo”. È anche interessante la serie Dark (anche se è più legata all’eterno ritorno dell’uguale Nietzschiano). La ciclicità greca è quella orientale non sono poi cosi diverse. Si distanziano negli anni, quando la visione occidentale si lega alla scientificità.
@Nerdevil
@Nerdevil 5 ай бұрын
Ottime riflessioni come sempre. La felicità è un concetto che tutti pensiamo di conoscere, ma che nei fatti non viene mai colto davvero
@mangasofiaLammoglia
@mangasofiaLammoglia 5 ай бұрын
È uno di quei concetti che, quando proviamo a ragionarci per davvero, ci rendiamo conto di non conoscere davvero.