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All’alba del Novecento, come molti giovani, Carlo Emilio Gadda partì da volontario per il fronte del primo, sanguinoso conflitto europeo: azione “necessaria e santa”. Finalmente avrebbe potuto “fare qualcosa per questa porca patria”, ed elevarsi nell’azione. In realtà dal suo “Giornale di guerra e di prigionia” ‒ appena uscito per Adelphi in una nuova edizione accresciuta, a cura di Paola Italia, con una nota di Eleonora Cardinale ‒ emerge uno spirito lucidissimo e percettivo, che approderà al più funesto disincanto sulla vita, gli uomini, le gerarchie militari, e perfino su sé stesso, quotidianamente obbligato a combattere con una «bestiale ipersensibilità», l’infinita tristezza della solitudine e l’orrore della disumanità. Durante la prigionia il diario di Gadda si trasformerà poi nella sobbollente cronaca di giorni allo sbando metafisico, scritta dal più profondo Inferno, con Dante sempre alla mente. Ma quei dolorosi esercizi di scrittura, sull’appassionata milizia, sulla rotta di Caporetto e i campi di Rastatt e Celle in Germania, segnano la nascita di uno dei più grandi prosatori italiani del Novecento.
L’incontro, dedicato a un volume che include sei taccuini finora inediti, sarà aperto da un saluto del professor Angelo Stella, direttore del Centro Nazionale di Studi Manzoniani. In dialogo la curatrice Paola Italia, docente di Letteratura italiana all’università di Bologna, e Giorgio Pinotti, editor Adelphi. Interviene in chiusura Claudio Vela, direttore del Centro Studi Gadda.