La pastinaca di Capitignano, un gusto che evoca lo spirito dei Natali passati

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CAPITIGNANO - Il cibo, con i suoi odori e i sapori, ha un potere evocativo talmente forte da superare le dimensioni spazio-temporali. Se si chiede agli abitanti di Capitignano (L'Aquila), comune dell’Alta Valle dell’Aterno, che sapore ha il Natale questi risponderanno, senza ombra di dubbio, che ha il gusto della pastinaca.
Entrata a far parte del presidio Slow Food da qualche mese, a novembre del 2023 dopo un lungo percorso, la pastinaca di Capitignano, radice di colore giallo avorio con una forma particolarmente ramificata che ricorda il ginseng, sta ridestando sempre più l’interesse di abitanti e agricoltori che si stanno impegnando per preservare questo ecotipo locale, che è sopravvissuto al passare degli anni per il particolare legame con il Natale, essendo presente in una pietanza tipica del cenone.
Tra i pochi che non hanno mai smesso di coltivare questa radice antica, arrivata secondo la storia grazie ai romani che l’hanno importata dalla Germania, c’è Giuseppe Commentucci che, oltre a portare avanti la coltivazione della pastinaca ed altri prodotti del territorio, gestisce insieme a sua moglie Bruna e alle sue tre figlie l’Azienda agrituristica La Canestra, che si trova ad Aglioni di Capitignano. Qui, nei mesi invernali, da novembre a marzo, è possibile degustare la pastinaca, preparata nella cucina dell’agriturismo e servita a turisti ed avventori del ristorante.
“La pastinaca c’è sempre stata qui a Capitignano ed ha sviluppato delle caratteristiche uniche per adattarsi ai terreni - racconta Commentucci a Virtù Quotidiane -. In famiglia non abbiamo mai interrotto la coltivazione perché, avendo anche l’agriturismo, era interessante da servire inserendola nell’offerta dei prodotti tipici. Molti invece l’hanno interrotta e hanno perso il seme e di conseguenza la radice. Intorno gli anni ‘90 questo ecotipo è stato censito e siamo riusciti a portarlo fino ad oggi. Adesso grazie al Presidio, si sono attivate un po’ di persone nel territorio per poterla riscoprire, mettendola negli orti familiari e produrla, sperando di riuscire a coinvolgere anche le nuove generazioni”.
La sua preparazione nel menù delle festività natalizie ha fatto sì che rimanesse “nella memoria di molti, non solo qui in zona - prosegue Commentucci -. Infatti, mi arrivano richieste anche da Teramo o da Roma di persone che si ricordano del prodotto, di quando erano piccoli e veniva preparata dalle loro madri. La similitudine di una radice usata per celebrare le radici cristiane è un’associazione forte, ed è fondamentale capirla in quanto è proprio quella che ha permesso la conservazione e la produzione costante della pastinaca in questa zona”.
La maturazione della pastinaca dura un anno e avviene nei mesi invernali, fattore questo che ne ha rafforzato l’uso durante quel particolare periodo. Viene, infatti, raccolta da novembre a marzo dell’anno successivo alla semina, e “se la radice rimane nel terreno diventa legnosa e non può più essere usata per preparazioni culinarie, ma l’anno successivo fa il seme - spiega -. Il fatto che venisse usata ogni anno induceva la gente che la coltivava a lasciare una pianta affinché producesse, nel suo secondo anno, il seme, che poi veniva raccolto e seminato permettendone così la continuazione. Questo seme ha una germinazione molto lenta, dopo 30 giorni che comincia a nascere è ancora piccolissimo. Il rischio più grande, che può influire sulla produzione, è proprio questo suo sviluppo lento perché altre piante con una crescita più rapida potrebbero soffocarla. Per evitare l’uso di diserbanti è molto importante capire bene come fare la rotazione delle colture sul terreno, mettendo erbe che abbattono le altre erbacce”.
La semina viene fatta in due diversi momenti dell’anno, “normalmente il seme si mette all’inizio della primavera, intorno a marzo, ma viene messa anche a capo inverno, cioè a novembre, come si faceva anticamente. Qui si diceva sempre che ‘bisognava levare l'anima della pastinaca’, e io ho notato che quella che si mette a inizio inverno diventa più dura all'interno, forse perché sta più tempo nel terreno, mentre quella che viene messa a primavera è un po' più tenera ed è possibile usarla mettendola direttamente in padella”, continua Commentucci.

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