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La seconda parte dell'esplorazione si propone di scoprire l'ultima parte delle opere idrauliche di canalizzazione dell'acqua e le 3 centrali dismesse dell'impianto Cellina. Grazie alla preziosa disponibilità del Comune di Montereale Valcellina, Eupolis ed Edison, è stato possibile visitare in maniera approfondita le centrali della vecchia asta idroelettrica del Cellina, disattivata nel 1988.
Il percorso riprende dall'uscita della galleria "Monciaduda", dove si era conclusa la prima parte del video, per proseguire sull'argine dell'ultimo tratto di canale adduttore, trasformato oggi in un bel itinerario naturalistico. Negli ultimi 2 km del canale, si concentrano le opere più ardite di questo complesso impianto idroelettrico, realizzate attorno al 1903 grazie alle fatiche di oltre 2000 operai. Sono manufatti impressionanti, pensando che i lavori vennero eseguiti tutti a mano, con l'ausilio dei soli mezzi a trazione animale.
Poco più avanti l'acqua confluiva in un bacino di decantazione, dove venivano trattenute le impurità. E proprio qui si può ammirare uno dei manufatti più spettacolari, l'enorme sfioratore a gradoni in pietra sul rio Bennata, previsto per scaricare l'acqua in eccesso in caso di fermata della centrale. Il canale adduttore sta per terminare il suo percorso, dove l'acqua confluiva nella vasca di carico della centrale, pronta per il primo salto di 58 m con cui produrre preziosa energia.
Siamo giunti finalmente alla centrale di Malnisio, la più grande delle 3, oggi trasformata in uno splendido museo. La sua costruzione risale al primo quinquennio del 1900, su progetto di Aristide Zenari, ingegnere del Regio Genio Civile (per la parte civile ed idraulica) e dall'ingegner Antonio Pitter, (per la parte elettrotecnica) da cui prende il nome.
Inaugurata nel 1905, rimase in funzione per 83 anni, uscendo indenne dai conflitti mondiali e dal sisma del ’76. La sala macchine ospita 4 turbine tipo Francis (realizzate da Riva-Monnert) accoppiate ai rispettivi alternatori Tecnomasio Italiano Brown-Boveri da 2640 HP. Il grande edificio, in un'ala ospitava anche gli uffici, le abitazioni per il personale, i magazzini e un'officina per la manutenzione. L'altra ala invece era occupata da locali tecnici per i quadri dell'alta tensione e i relativi interruttori. Da questa centrale partiva un lungo elettrodotto a 30.000 V su pali in larice che alimentava Venezia.
All'epoca dell'inaugurazione, la centrale poteva vantare diversi primati: è stato il primo impianto trifase d'Italia, aveva la tensione di uscita più alta d'Europa, a 30 kV, ed era collegata alla linea elettrica più lunga del mondo, ben 87 km (fino a Venezia San Giobbe). Fu anche la seconda centrale al mondo per potenza installata, e quella dotata degli alternatori più potenti mai costruiti.
Lasciata la bellissima centrale, il cammino riprende per esplorare anche l'ultima parte del vecchio impianto del Cellina. Attraverso un canale derivatore di 4 km, progettato per sfruttare anche il secondo salto, veniva alimentata un'ulteriore centrale. Sul fianco di una collina sperduta, si trovano le costruzioni idrauliche relative al secondo salto. Abbiamo modo di constatare lo stato di degrado delle opere, dopo oltre 40 anni di abbandono. Da qui, attraverso 2 condotte, veniva sfruttato il salto di 56 m per la seconda centrale, inaugurata nel 1908 per fornire energia a Udine, con un elettrodotto di 44 km.
La seconda centrale è stata parzialmente smantellata, e versa in condizioni di degrado dovuto al lungo abbandono, ma la sala macchine con i 2 gruppi degli anni '30, è ancora quasi intatta. In origine qui era montata una macchina ad asse orizzontale con turbina francis, poi affiancata da una seconda macchina identica, e attorno al 1911 entrò in funzione anche una terza unità. Nel 1934 le macchine vennero sostituite da 2 alternatori ad asse verticale, ancora in posizione.
Percorriamo altri 7 km per vedere anche l'ultima centrale, pure questa disattivata nel 1988 come le altre. Si tratta della centrale del Partidor, costruita dalla SADE nel 1917 e entrata in servizio 2 anni dopo. Era stata progettata per sfruttare gli ultimi 26 metri di salto utile, prima della restituzione al torrente Cellina. All'interno c'erano 2 gruppi Francis da 1,5 MegaWatt e uno da 376 KW che scaricava l'acqua nella roggia di Aviano, con un salto minore. L'edificio elettrico è stato svuotato dai macchinari nel 2001, ed è adibito a magazzino. La torre piezometrica fa ancora bella mostra di se, serviva ad ammortizzare il colpo d'ariete dell'acqua nelle condotte alle quali era collegata, in caso di blocco improvviso delle turbine.
Una rete di canali irrigui riutilizza l'acqua scaricata dalle centrali attualmente attive, mentre una minima parte viene restituita al Cellina, concludendo così nello stesso torrente questo lungo ma utilissimo viaggio.
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