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Fra i tanti racconti scritti da Gianni Rodari ce n’è uno che s’intitola La macchina per fare i compiti.
«Si schiaccia il bottoncino rosso per fare i problemi, il bottoncino giallo per svolgere i temi, il bottoncino verde per imparare la geografia: la macchina fa tutto da sola in un minuto». In cambio, il venditore non chiedeva denaro, ma il cervello. «Comprami la macchina. Babbo!», implora il bambino, «Che cosa ne faccio del cervello?». Ma alla fine si trova in gabbia come un uccellino. «Meno male che era stato solo un sogno! Vi assicuro che mi sono subito messo a fare i compiti».
Quella che mezzo secolo fa era solo una fantasia da favoletta, ormai è diventata realtà. Oggi, grazie alla cosiddetta «intelligenza artificiale», ci sono macchine che - con poche indicazioni - possono davvero scrivere un testo efficace. Ma a che serve? Se al posto nostro facciamo fare sport a una macchina, diventeremo forse più forti o veloci? L’uso che possiamo fare di questi strumenti è casomai un altro e consiste nell’utilizzarli appunto come attrezzi utili per allenare le nostre conoscenze, competenze e capacità.
Nel 2001, Raffaele Simone aveva individuato tre paradigmi di scrittura: quello platonico, basato fin dall’antichità sulla concretezza materiale del testo (a cui, si potrebbe aggiungere, corrisponde l’italiano scritto tradizionale); quello digitale, dalla videoscrittura fino agli sms e poi agli smartphone (coincidente con l’italiano digitato); quello multimediale, in cui l’interazione con video e audio ha ricondotto la scrittura un ruolo ancillare (l’èra attuale dell’e-taliano). Oggi probabilmente stiamo entrando in un quarto paradigma, che potremmo definire artificiale o robotico o forse meglio algoritmico: la lingua dominante, in questo caso, potrebbe diventare proprio l’IA-taliano.
La conferenza si soffermerà sui tratti allo stato attuale più riconoscibili dell’italiano prodotto da Chat-GPT, suggerendo alcune possibili ricadute didattiche sull’insegnamento
Relatore
Giuseppe Antonelli è professore ordinario di Storia della lingua italiana all'Università di Pavia, dove presiede il Centro per gli studi sulla tradizione manoscritta di autori moderni e contemporanei. Scrive su «7» e «la Lettura» del «Corriere della Sera»; per molti anni ha raccontato storie di parole su Rai3 e Rai Radio3. Con Matteo Motolese e Lorenzo Tomasin ha curato la Storia dell'italiano scritto in sei volumi (2014-2021; premio Cesare Pavese per la saggistica); con la collaborazione di Giovanni Battista Boccardo e di Federico Milone, è stato curatore scientifico della mostra Dante. Un’epopea pop (Museo d’Arte della città di Ravenna). Tra i suoi ultimi libri: Volgare eloquenza (Laterza, 2017), Il museo della lingua italiana (Mondadori, 2018), Il mondo visto dalle parole (Solferino, 2020) e Il piacere del significante (Cesati, 2022). Per Einaudi ha pubblicato da poco Il Dante di tutti. Un'icona pop (2022) e per Mondadori Education è co-autore, insieme a Emiliano Picchiorri e Leonardo Rossi, della grammatica italiana per la Scuola Secondaria di Primo Grado La lingua in cui viviamo e della grammatica italiana per la Scuola Secondaria di Secondo Grado L'italiano dal vivo.