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Parco dei mostri Bomarzo

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Amicizia in viaggio

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Il Parco dei Mostri chiamato anche Sacro Bosco è uno dei luoghi più belli e misteriosi del Lazio e si trova a 1,5 km da Bomarzo, famoso borgo della Tuscia. Questo particolare e affascinante parco è ricco di maestose quanto bizzarre statue alcune dalla forma inquietante ma di grande magnetismo e impatto scenico.
Il Sacro Bosco era originariamente collegato al Palazzo Orsini di Bomarzo tramite un enorme giardino all’italiana, di modo che l’entrata inaspettata alla Villa delle Meraviglie producesse nel visitatore un evidente contrasto emotivo con la rasserenante ed ordinata visione precedente.
Tale contrasto incarnava così metaforicamente il distacco tra le rassicuranti certezze materiali quotidiane, proprie della vita sociale, e la violenta inquietudine interiore provocata dal percorso purificatore verso la conoscenza del sé e verso la verità che quelle medesime certezze tutte stravolge e distrugge.
Una metafora cioè della discesa all’Oltretomba, dimensione di cui, del resto, le sculture del Parco costituirebbero una costante evocazione. Chi visitava il Sacro Bosco percorreva, quindi, un itinerario iniziatico dove le varie tappe, simboleggiate dalle diverse figure, «corrispondono alle varie prove che l’anima deve compiere per elevarsi».
All’entrata del Parco dei Mostri sono due sfingi a dare il benvenuto al visitatore. Simbolo dell’enigma e del dubbio, su una di loro si legge: «Tu ch’entri qua pon mente parte a parte e dimmi poi se tante meraviglie sien fatte per inganno o per arte» quasi ad ammonire lo spirito che tenda all’elevazione affinché egli rifletta sulla fallacia delle apparenze e tenti di percepire il significato e l’insegnamento risposti in ogni scultura che incontrerà lungo il cammino.
Continuando verso destra, s’incontra una delle prime figure importanti ed imponenti: si tratta di un gigante (Ercole?) che squarcia la sua vittima (Caco?): la lacera «come lacerata è l’anima che inizi il cammino verso la conoscenza», anche se può scorgersi in lui un’espressione né di rabbia né d’odio, ma di intensa e austera pietà.
Da notare inoltre, che nei pressi del gigante (e del greto del torrente) vi sono alcune delle opere più misteriose e spettacolari, tra cui un pesce e una tartaruga giganti e il Pegaso.
Giunti quasi a metà del percorso, troviamo quindi una delle opere più curiose del parco. Si tratta della cosiddetta “Casa Pendente”, piccolo gioiello d’architettura rinascimentale. Questa pare voler simboleggiare la sensazione di vertigine provocata proprio da quella caduta delle sicurezze morali sociali. Caduta che l’iniziato deve in un certo senso “sopportare” per continuare il cammino verso la verità. Le sue convinzioni ormai barcollano, ma proprio nel saper affrontare simile stato d’animo sta il superamento di questo stadio purificatorio.
Ci si inoltra poi nel punto più spettacolare del complesso, una radura che ospita figure incredibili ed enigmatiche. Un Nettuno disteso, un magnifico drago che assalta la sua preda, un elefante che stritola un guerriero, un balcone contornato da coppe recanti sentenze ermetiche. Questa radura è dominata sullo sfondo dalla visione spaventosa e magica dell’Orco, la scultura più nota del parco. Il Mascherone da molti interpretato quale “Porta degli Inferi”, assume tratti differenti a seconda dell’ora. Arriva, infatti, a deformare la propria stessa espressione, mentre le sue fauci spalancate permettono al visitatore di entrare in una stanza angusta. In questa stanza, che riproduce l’atmosfera di una tomba etrusca, si trova un tavolino su cui poter addirittura banchettare.
Ciò che colpisce chi sta per avvicinarsi alle sue fauci è però la frase scolpita sulle labbra del mostro, recante l’iscrizione: «ogni pensiero vola». Un’enigmatica frase che vuole indicare la necessità di abbandonare la ragione, ormai insufficiente, in favore dell’intuizione. Si arriva così all’ultimo stadio del percorso esoterico, rappresentato dal Tempietto.
Lasciati l’Orco e un’altra radura, si inizia a salire verso la meta conclusiva dell’itinerario, incontrando il Cerbero. Si tratta ovviamente del cane a tre teste che pare presentarsi quale sorta di spaventoso guardiano del Tempietto. Questo vuole forse essere, con la sua ambiguità, estremo e terribile monito per il “viaggiatore della coscienza”. Monito a guardarsi bene dal non cedere alla falsa conoscenza e ad affidarsi soltanto all’intuizione divina.
Si giunge così infine al Tempietto, che sorge in diretta corrispondenza dell’ingresso del parco, quasi a voler tracciare un ideale “anello magico”. La “sacra conoscenza”, infatti, domina il visitatore che inizia il cammino alchemico di trasmutazione della propria anima da “materia vile” a “materia nobile”. Il viaggio si completa nei meandri della coscienza, donando all’illuminato la più alta virtù, quella del “viver bene”, del protendere l’anima verso l’estatica libertà dell’infinito e dell’eterno.
Concludendo, il Sacro Bosco rappresenterebbe, dunque, un vero e proprio libro scolpito nella pietra.

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