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*Museo dei racconti di Paraloup
Stagione 1950-1980 | Prologo: lo spopolamento
Le stagioni di Paraloup: ieri
Negli anni 1950-1980, con il boom industriale del dopoguerra, si aprono le fabbriche e i montanari scendono nelle città per lavorare, abbandonando saperi, borgate e terreni.
Sulle montagne rimangono rovine, così viste dall’industrializzazione a valle, che ancora raccontano storie di migrazioni e di ritorni.
In questi anni di una modernizzazione per molti aspetti violenta, Nuto Revelli, soprattutto attraverso i libri Il mondo dei vinti (1977) e L’anello forte (1985), ricolloca al centro del dibattito politico e culturale la questione contadina, l’abbandono della terra e della montagna, lo spopolamento delle aree interne.
"Così le montagne si sono svuotate e si sono riempite le fabbriche e le città.
Devo dire la verità: la fabbrica non ci piaceva. C’erano gli orari fissi, il turno di notte, l’aria velenosa, troppa gente tutta insieme. Noi eravamo abituati a vivere liberi, con aria buona, le bestie, le piante e le stagioni, ma in montagna non si poteva più stare: la luce elettrica arrivava giusto in paese, scaldarsi d’inverno era un’impresa, una nevicata ci bloccava per giorni. E poi un montanaro, dall’inizio degli anni Sessanta, non trovava più da sposarsi.”
“Noi ragazze volevamo sposare l’operaio e volevamo la casa in città con il riscaldamento centrale, la lavatrice, i negozi con le vetrine illuminate. Una vita che non dipendesse dal caso, dalla buona o cattiva stagione per il raccolto.
In fondo eravamo state noi donne a dare il via a quel fenomeno che ha cambiato la vita di tante e di tanti, a trascinare gli uomini più pigri, a far capire loro che quella vita stentata in montagna non era più vita. Anche a educarli un po’, perché lassù l’uomo si considerava padrone della donna, come se noi fossimo cose, o bestie, a cui imporre un figlio all’anno e questo non era più sopportabile.”
*Museum of tales of Paraloup
Season 1950-1980 | Prologue: the depopolation
The season of Paraloup: the past
In the 1950s-1980s, with the post-World War II industrial boom, factories opened and mountain people descended to the cities to work, abandoning peasant knowledge, villages and land. In the mountains ruins - so called by that world of industrialization - remain, still telling stories of migrations and returns.
In these years of a modernization that was in many aspects violent, Nuto Revelli especially through the books Il mondo dei vinti (The World of the Vanquished, 1977) and L'anello forte (The strong ring, 1985) refocuses the peasant question, the abandonment of land, the depopulation of the mountains at the center of political and cultural debate.
“So the mountains emptied and the factories and cities filled up. I have to tell the truth: we didn't like the factory. There were the fixed hours, the night shift, the poisonous air, too many people all at once. We were used to living free, with good air, the beasts, the plants and the seasons, but in the mountains we could no longer stay: there was no electric light, getting warm in the winter was a struggle, a snowfall would freeze us for days. And then a mountaineer, since the early 1960s, could no longer find to marry."
"We wanted to marry the laborer and wanted the house in town with central heating, washing machine, stores with lighted windows. A life that didn't depend on chance, on good or bad seasons for the harvest. After all, it was we women who had started the movement that changed the lives of so many, to drag the laziest men, to make them realize that that stunted life in the mountains was no longer life. Also to educate them a little bit, because up there the man considered himself master of the woman, as if we were things, or beasts, on whom to impose one child a year, and that was no longer bearable."