SBARCO MIGRANTI LAMPEDUSA LUGLIO 2024

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#lampedusa #migranti #crocerossaitaliana
Lampedusa, come le Canarie e le isole greche sono diventate il poliziotto cattivo delle politiche di esternalizzazione delle frontiere, luoghi di confine/confino. A Lampedusa i migranti ci sono, ma i cittadini non li vedono, non li incontrano, non ne possono scorgere l'aspetto umano e culturale. Mentre cresce la rabbia e la frustrazione per l'abbandono che gli abitanti di quest'isola subiscono e per le narrazioni a cui sono costretti e che non sono mai le loro. In questo terzo reportage a dieci anni dal naufragio del 3 ottobre 2013, Christian Elia ci racconta di questa terre di mezzo.
Lampedusa, nel 2013 come in tutti questi anni, non è mai stata solo la scenografia vuota dei flussi migratori. Un’isola mondo. La sua terra, le sue case, il suo mare, è un racconto di migranti. Camminando lungo le scogliere di quest’isola, parlando con i suoi abitanti, leggendo la sua storia, ci si ritrova al centro di un movimento, umano, eterno e naturale.
Si muove il mare, sempre, ricordandoti che sei nel mezzo, si muovono le persone, ricordando a tutti noi che il movimento è parte delle nostre stesse vite, si muove la terra, anche qui a Lampedusa, che oggi sperimenta le mutazioni di quella desertificazione generata dai cambiamenti climatici che affliggono le persone indistintamente dalla sponda del Mediterraneo sulla quale sono nate. Sponde lungo le quali si specchiano due periferie: per il ‘centro’, per lo Stato, per il ‘potere’, le sponde esistono solo in una dimensione. Le comunità di frontiera, però, non vogliono cedere alla logica degli avamposti di confino e di confine alla quale sembra che l’Unione Europea si sia decisa a sacrificare Lampedusa come le isole greche, fino alle Canarie in Spagna. Una sorta di terra di mezzo, tra la Fortezza Europa, con i cuoi privilegi, con le sue pseudo - certezze, e il mondo ‘altro’, che spesso diventa il poliziotto cattivo delle politiche di esternalizzazione delle frontiere.
Uno dei grandi cambiamenti avvenuti nel decennio passato dal naufragio del 2013 è proprio quello di aver investito somme inimmaginabili delle tasse dei cittadini Ue in una campagna di fidelizzazione di agenti terzi. La Turchia, il Niger, l’Afghanistan, la Tunisia, la Libia. Si stringono accordi - anche bilaterali, ma sempre più collettivi - perché il lavoro sporco venga appaltato a paesi che non hanno fastidiosi diritti umani da rispettare. E là, nel mezzo, tra questi due mondi, c’è la terra di mezzo delle isole dell’Europa meridionale, che devono fungere da centri di contenimento e smistamento. In fondo, a Lesbo come a Lampedusa, passando per le Canarie, oggi una persona può passare decine di giorni sulle isole e non incontrare mai un migrante.
A Lampedusa, ma anche altrove, arrivano al Molo Favaloro (ormai praticamente inaccessibile ai comuni cittadini), vengono portati nel centro allestito sull’isola, vengono portati via appena possibile. E’ normale che in estati roventi come questa, quando a Lampedusa sono arrivate anche 2mila persone in un giorno (come sta accadendo anche in queste ore), la situazione diventa esplosiva. Per le condizioni del centro, che è pensato per accogliere per periodi molto brevi meno di 400 persone, ma anche per le polemiche politiche, per la comprensibile stanchezza di amministratori, operatori del mondo della pesca, gente comune. Se ne parla, due lanci d’agenzia, due dichiarazioni polemiche, un servizio tv.
Una storia che inizia ben prima di quella Lampedusa diventata un “simbolo di accoglienza umanitaria”, candidata al Premio Nobel per la Pace. Ma lontana anche dalla Lampedusa raccontata oggi, colma di rabbia e frustrazione verso i migranti. Perché se si abbandonano le persone al prezzo della benzina più caro d’Italia, se si pensano come cittadini gli isolani solo per le elezioni per scaricare qui gli effetti di dinamiche globali, di fronte alla vita quotidiana di persone che per partorire devono andare a Palermo, diventa troppo comodo scrivere che ‘’i lampedusani sono diventati razzisti”. I lampedusani sono stanchi, certo, al punto da dimenticare la storia stessa di quest’isola. La sua posizione geografica, più vicina alle coste africane che all’Italia, la fa essere un naturale punto di passaggio, e di approdo seppur momentaneo, per i migranti che a bordo di piccole o grandi imbarcazioni partono dalle coste del Nord Africa e attraversano il Mar Mediterraneo, per giungere in Italia. Questo fenomeno, però, è solo l’ultimo atto di una storia eterna di movimento che ha visto - nel tempo - più volte cambiare il senso di marcia.
Il primo sbarco a Lampedusa è stato nel dicembre 1993. In molti lo ricordano ancora.

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