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Eugenio Borgna è un genio, un animo gentile. Nobile prestato alla scienza medica più diserta e difficile, perchè scienza umanistica, la psichiatria. Il poeta romantico Brentano la definiva la sorella infelice della poesia, ed è grazie alla poesia amatissima dei suoi classici che Borgna ha sempre trovato la chiave dell’umano, declinata in ascolto, in amore da comunicare ai suoi pazienti. In tempi in cui erano in pochi a considerare “i matti” delle persone, con una dignità, quando le terapie erano catene ed elettroshock. Oggi, dopo la legge illuminata di Basaglia, le costrizioni esistono ancora: magari si nascondono dietro l’abbondanza di farmaci, somministrati con faciloneria anche per disagi mentali non così gravi e difficili da definire. Se ad esempio la depressione sembra dilagare, è perchè diventano depressione la malinconia, la tristezza, senza le quali un uomo intelligente non è uomo. Profondamente religioso, Borgna sa che anche la malattia può essere un dono. La solitudine dell’anima è la strada che i mistici hanno camminato per arrivare a Dio. E infatti mistici vengono di solito apparentati ai folli…