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Il generale Antonio Cantore detto "Toni", è l'apino per antonomasia Antonio Cantore. Era nato a Sampierdarena nel 1860. Genovese di origine, avrebbe dunque dovuto abbracciare la carriera militare in marina. La forte miopia che lo affliggeva gli impedì però di solcare i mari e lo fece invece approdare alla Scuola Militare di Modena dalla quale uscì nel 1886. Come ufficiale inferiore prestò
servizio in fanteria fino al grado di maggiore. Dopo aver seguito i corsi della Scuola di guerra incontrò finalmente gli alpini, fra le cui fila rimase sino alla promozione a colonnello, avvenuta nel 1908. Antonio Cantore diverrà «l'alpino» per antonomasia. In lui, la grande passione per la montagna, andrà di pari passo con la popolarità che, nel bene e nel male, acquisirà fra le penne nere. Il generale aveva un carattere molto forte. Era burbero, irascibile, duro nel linguaggio e sempre pronto a spingere gli uomini innanzi, urlando con il suo accento genovese, quel motto che lo rese leggendario: «Avvanti, avvanti…». Divenuto colonnello, Cantore venne destinato al comando dell'88a reggimento di fanteria. Vi presterà servizio solo alcuni mesi, per rientrare poi negli alpini, dove assume il comando dell'8° reggimento, che era stato costituito a Udine il primo ottobre 1909.
Al reggimento Cantore consacra tutto se stesso tanto che le penne nere che ne faranno parte si riferiranno sempre a quella unità come al «Reggimento Cantore». Del carattere dell'uomo si è detto, e ricca è l'aneddotica che ne alimenta la leggenda. Da colonnello, durante un'esercitazione in montagna, egli ritenne di notare vicino a sé un alpino che, a suo parere, marciava con poco impegno. Avvicinatoglisi di soppiatto, senza profferir parola, gli assestò un calcione nel posteriore. Purtroppo per lui, la sua miopia lo aveva ingannato… L'uomo a cui a cui aveva rifilato la pedata era un generale dello stato maggiore che si voltò furibondo e lo fece mettere agli arresti. Cantore aveva un carattere molto duro e questo si ripercuoteva nelle relazioni con i propri sottoposti ma non era ingiusto. Non vi è traccia di rapporti scritti fatti ad alcuno dei suoi uomini. A imporre la disciplina gli bastava uno sguardo e le potenti lavate di capo che di tanto in tanto somministrava agli sfaccendati di turno o a chi si era reso responsabile di una qualche mancanza.