MICI e pazienti fragili: non è solo questione di anagrafe

Intervista con la Prof.ssa Emma Calabrese (Prof. Associato Gastroenterologia, Università Tor Vergata, Roma) e la Dr.ssa Paola Balestrieri (Fond.ne Policlinico Universitario Campus Biomedico, Roma) in occasione del Corso ECM “UPDATE SULLE MALATTIE INFIAMMATORIE CRONICHE INTESTINALI”, gennaio 2024.
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“La fragilità è una condizione di vulnerabilità della persona. Nelle malattie infiammatorie intestinali, in particolare quando la malattia è attiva, vi è una elevata prevalenza di fragilità, soprattutto in alcuni pazienti oltre i 60 anni. Questa prevalenza aumenta fino anche ad arrivare a 30% in questa popolazione di pazienti, per cui quando dobbiamo gestire il nostro paziente e lo abbiamo in ambulatorio, dobbiamo sempre considerare quale sia il suo stato di fragilità per impostare al meglio un trattamento che sia per lo più personalizzato per quel tipo di paziente."
Quali sono le caratteristiche del paziente fragile? è soltanto un problema di età?
"La fragilità è presente anche in pazienti più giovani, se hanno anche una malattia infiammatoria cronica intestinale e hanno altre comorbidità, altre patologie, la fragilità è molto frequente in questi pazienti. La fragilità è una condizione multidimensionale perché coinvolge la sfera fisica del paziente, lo stato nutrizionale, ma anche la sfera emotiva, cognitiva, sociale, per cui è una condizione che deve essere valutata in maniera multidisciplinare."
Evidentemente profilando bene il paziente si cerca di avere una maggiore efficacia, una maggiore sicurezza anche a livello terapeutico e di questo parliamo con la professoressa Calabrese.
"I pazienti fragili non sono per forza i pazienti più anziani però in effetti nei pazienti più anziani noi abbiamo più studi che ci hanno dimostrato l'efficacia e la sicurezza di tutti questi trattamenti che abbiamo a disposizione attualmente per le malattie infiammatorie croniche intestinali. Perché abbiamo visto che alcuni farmaci biologici possono determinare un maggior rischio di alcuni tipi di infezioni, soprattutto in pazienti che utilizzano più farmaci, come per esempio nei pazienti anziani è stato visto che utilizzano maggiormente i corticosteroidi, quindi l'associazione di più farmaci può in qualche modo indurre un maggior rischio di infezioni in questi pazienti. Però è anche importante fare sempre più ricerche, perché il concetto di fragilità, come abbiamo detto, come ha detto già la dottoressa Balestrieri, non coinvolge solo i pazienti anziani, ma anche i pazienti giovani. I pazienti fragili sono quelli che non vengono analizzati negli studi registrativi dei nuovi farmaci, perché naturalmente gli studi registrativi dei farmaci presentano delle caratteristiche ben precise di inserimento; quindi, c'è bisogno di più studi prospettici per analizzare proprio delle sottoclassi di pazienti e i pazienti fragili lo sono per capire bene l'efficacia e la sicurezza di tutti i farmaci che abbiamo e che avremo a disposizione."
Il tutto è complicato dall'assenza di un registro dei pazienti IBD.
"Il registro manca ed è una carenza che si fa sentire non solo per il tema della fragilità, va detto anche che non abbiamo a disposizione un metodo di screening validato nelle malattie infiammatorie croniche intestinali, per cui ci dobbiamo affidare a metodi di screening soprattutto che vengono applicati nella popolazione anziana, in ambito geriatrico, internistico, per cui anche qui la ricerca deve fare passi avanti perché la fragilità è un fattore predittivo negativo per molte patologie, soprattutto a livello infettivo e di complicanze post-operatorie."
La medicina di base avrebbe un compito importante, immagino, da questo punto di vista.
"Potrebbe aiutare soprattutto per prevenire le infezioni in questi pazienti perché già la proposta e l'incentivazione per esempio della vaccinazione anti-influenzale, può essere un driver per noi per proporre delle terapie biologiche maggiormente in sicurezza, perché le vaccinazioni che possono essere proposte al di sopra dei 50 anni, la vaccinazione anti-influenzale, per la polmonite pneumococcica, per l'herpes zoster attualmente, possono essere un valido sistema protettivo e i medici di base potrebbero contribuire agli specialisti nella protezione di alcune fasce di pazienti a rischio."
Che cosa vorreste vedere realizzato nell'anno che sta cominciando?
"Una più attenta visione a tutto tondo del paziente, a 360 gradi, questo è prevalentemente sul versante clinico, però già è stato visto anche nella prima parte del congresso tutta la parte innovativa, biologica, molecolare, e quindi qualcosa che ci potesse aiutare con un programma ‘magico’ che ci potesse far capire in poco tempo le criticità del paziente e quindi aiutarlo nel miglior modo possibile, quindi qualcosa che ci aiuti a capire e a migliorare la nostra prevenzione, la nostra diagnosi e la nostra anche terapia per poterla personalizzare in un determinato paziente."