LA TRUFFA DELL'INTERROGATORIO

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Avvocato Penalista  | Avv. D'Andria Studio Legale

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Sei indagato in un processo penale e la polizia ti chiama per un interrogatorio. Cosa fai? Parli o taci. Ma soprattutto qual è la scelta migliore o la meno peggio?
Ne parliamo in questo video.
Ciao sono Francesco D’Andria e sono un avvocato penalista.
In questo video voglio parlarti dei rischi o dell’opportunità di rendere interrogatorio.
Dicevamo, sei indagato in un procedimento penale e vieni chiamato dalla polizia o dai carabinieri per un interrogatorio. Cosa fare?
Probabilmente, da uomo della strada e non da addetto ai lavori, ritieni che quell’interrogatorio possa essere il momento utile per dimostrare la tua estraneità ai fatti.
D’altra parte, se non parlassi, cosa penserebbe la polizia, i magistrati e anche il tuo avvocato?
Che vuoi nascondere qualcosa?
Insomma, secondo il “sentire comune” non parlare equivale ad un’ammissione di responsabilità.
La persona comune pensa: se non parla è colpevole. E lo stesso indagato, quando si trova coinvolto in un’inchiesta penale, pensa: ma se non parlo mi crederanno colpevole.
Ci sono tanti miei clienti che mi dicono: “Avvocato ma se poi non parlo il Giudice me condanna!”.
Ma è veramente così? No, non è così.
Tecnicamente, e il processo penale è innanzitutto tecnica collaudata nel tempo, l’avvalersi della facoltà di non rispondere è non soltanto l’esercizio di un diritto ma una scelta strategica.
È esercizio di un diritto perché se non esistesse questa regola lo Stato - che già oggi è onnipotente - sarebbe autorizzato a torturare il cittadino in nome di una religione integralista, una verità dei più, una dittatura sanitaria.
Voi pensate al processo della peste a Milano quanti furono torturati quando ci fu la caccia agli untori. Ebbene, costoro per salvarsi dalla tortura confessavano le cose più assurde! O meglio per sgravarsi da responsabilità accusavano altri di essere untori!
E ancora, il diritto al silenzio può essere anche una scelta strategica, assolutamente legittima.
Perché?
Perché quando si è chiamati a rendere interrogatorio noi non conosciamo il fascicolo delle indagini e quindi perché rispondere a scatola chiusa?
Ma ancor più perché rispondere ad un rappresentante dell’accusa quando ci sarà il momento, se vi sarà un rinvio a giudizio, di dire la propria verità ad un Giudice terzo ed imparziale?
Voi direte: ma se rendo interrogatorio il PM capirà che io sono innocente e archivierà il caso.
Ma voi credete veramente che sia così? Voi credete veramente che sia così?
La verità è un’altra: se l’interrogatorio andrà male e tu ti impappini diranno che sei un “pessimo bugiardo”.
Se invece dirai tutto alla perfezione, con tutti i riscontri, e senza sbavature, diranno che tu sei un “ottimo bugiardo”.
Insomma, modificando gli addendi il risultato non cambia. L’interrogatorio non cambierà il tuo destino.
Ma diremo di più.
L’interrogatorio può essere addirittura una truffa.
Perché il PM vuole interrogarti non perché ti vuole aiutare ma perché ad una sua domanda vuole trovare la sua risposta.
Vi racconto un aneddoto di vita.
Tanti anni fa ho avuto una relazione con una donna che riteneva che io l’avessi tradita. Io le dissi, guarda che non ho nulla da nascondere. Guarda il mio telefono, leggi la mia posta, interrogami, passa al raggi X la mia vita. Lei lo fece.
Dopo di che ci lasciamo e ci prendemmo una pausa di riflessione. Così un giorno la incontrai e le chiesi: “Allora, hai trovato le prove?”.
Lei mi disse: “No. Ho trovato le mie certezze”.
Ecco il Pubblico Ministero vi interrogherà non per ascoltare le tue risposte ma per trovare le sue certezze.
E la tua risposta sarà quella esatta se sarà la sua. Attenzione, non la “tua” risposta, ma la “sua” risposta. Ovviamente una risposta che possa confermare la sua verità accusatoria.
Di conseguenza, a meno che non ci siano fatti eclatanti e oggettivi da dichiarare che provino in maniera obiettiva la tua estraneità ai fatti, io ti consiglio di avvalerti della facoltà di non rispondere.
Qualcuno diceva: “c’è un tempo per parlare e un tempo per tacere”.
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