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Tarvisio 9 settembre 1943: inizia la battaglia alla caserma Italia, dove in poche ore perdono la vita 29 soldati italiani nei combattimenti contro le truppe tedesche. In questo video esploreremo le opere del centro di resistenza di Porticina e Casa Colma, facenti capo al XVII° settore del sistema difensivo "Vallo Alpino del Littorio". La nostra attenzione si concentrerà in particolare sulle opere 3, 5, 6 e 7, ovvero quelle che hanno preso parte ai combattimenti del 9 settembre 1943. Infatti, tra tutte le opere del Vallo Alpino, quelle in località La Colma, presso il confine austriaco di Tarvisio - Coccau, sono le uniche ad essere ricordate per il loro coinvolgimento in uno scontro a fuoco con le truppe tedesche.
Tutto ebbe inizio la sera dell'8 settembre 1943, quando il maresciallo Pietro Badoglio, capo del governo, comunicò al paese in diretta sulla radio nazionale l'armistizio tra le forze alleate e l'Italia, intimando di cessare ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane da parte delle truppe italiane. Esse però dovranno reagire ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza.
Le parole di Badoglio cambiarono improvvisamente lo scenario sul campo, tramutando l'alleato tedesco in un nemico. E a Tarvisio, nella Caserma Italia dove in quel momento c'erano 300 soldati della Guardia alla Frontiera, fu subito chiaro il rischio di un imminente attacco di rappresaglia da parte dei tedeschi. Vennero quindi fatti rientrare tutti i soldati e dato l'ordine di predisporre le poche armi automatiche a difesa della caserma, operazione conclusa verso le 2.45 del 9 settembre.
Nel frattempo il capo delle SS in Val Canale, colonnello Brand, fece recapitare al comandante della caserma Italia un ultimatum con cui intimava ai militari italiani di consegnare le armi entro un'ora.
La situazione divenne ancora più tesa allo scadere del tempo concesso, quando giunse davanti alla caserma un sidecar tedesco, con a bordo un ufficiale e un sottufficiale, venuti per intimare la resa ai militari italiani.
La richiesta venne seccamente respinta dal comandante Giovanni Jon, che invece ordinò al tiratore della mitragliatrice di puntare l'arma in direzione dell'automezzo tedesco. A quel punto, i militari delle SS aprirono il fuoco con le pistole uccidendo la sentinella della caserma. Seguì l'immediata reazione dei soldati italiani, che risposero al fuoco con le mitragliatrici. In un attimo si scatenò l'inferno: era l'inizio della folle battaglia alla Caserma Italia, uno scontro impari che si concluse al mattino, dopo 4 ore di combattimento con l'inevitabile resa dei militari italiani, una volta esaurite tutte le munizioni, nell'attesa dei rinforzi da parte degli alpini, che non arrivarono mai. Sul campo restarono i corpi di 29 soldati caduti della G.a.F. e una quarantina di feriti, mentre alcuni sopravvissuti verranno fatti prigionieri e deportati nei campi di concentramento in Germania.
Una volta caduta la Caserma Italia, i comandanti dei vari sottosettori, non essendo più in grado di ricevere disposizioni, dovettero decidere di propria iniziativa il da farsi. Al caposaldo di Porticina, il capitano Canova, continuava la resistenza per mezzo delle opere 3 e 7 di Porticina e la 5 e 6 di Colma. Tali fortificazioni, essendo sprovviste di artiglieria, potevano contare solo sulle mitragliatrici, le quali però non consentivano di interrompere la strada o la ferrovia per rallentare l'avanzata dei mezzi tedeschi. Nonostante la situazione estremamente difficile per i militari italiani, alle 14.00 il capitano Canova respingeva la richiesta di resa del comandante delle S.S. Brandt, rifiutando di arrendersi in assenza dell'ordine scritto del suo Comando.
A quel punto, dopo la minaccia da parte dell'ufficiale germanico di ricorrere ai lanciafiamme e bombardare le opere, la resa dei militari italiani venne formalizzata con un ordine scritto, anche per evitare un ulteriore e inutile spargimento di sangue che non avrebbe potuto in alcun modo cambiare l'esito del confronto. Alle 15.30 anche l'opera di Casa Colma, l'ultima che continuava a sparare, cessò il fuoco. La resistenza del XVII Settore, era terminata. Quasi tutti militari in forza alle 4 opere, dopo essere stati radunati presso Porticina, riuscirono a sfuggire fortunosamente alla deportazione, compreso il capitano Canova.
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