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Il teatro dei burattini conosciuto come l’Opera dei Pupi, iscritto nel 2008 nella Lista Rappresentativa del Patrimonio Culturale Immateriale, è emerso in Sicilia agli inizi del XIX secolo e ha vissuto un grande successo tra le classi lavoratrici dell’isola.
I pupari hanno raccontato storie basate sulla letteratura cavalleresca medievale e su altre fonti, come le poesie italiane del Rinascimento, la vita dei santi e le storie di noti banditi. I dialoghi in queste rappresentazioni furono in gran parte improvvisati dagli stessi pupari. Le due scuole siciliane siciliane di Palermo e Catania si distinguono principalmente per la dimensione e la forma dei burattini, le tecniche operative e la varietà di sfondi colorati di palcoscenico.
Questi teatri erano spesso imprese a conduzione familiare; la scultura, la pittura e la costruzione dei burattini, rinomati per le loro espressioni intense, sono state eseguite da artigiani che impiegano metodi tradizionali. I pupari si sforzavano costantemente a superare l’uno con l’altro con i loro spettacoli e hanno esercitato una grande influenza sul loro pubblico.
In passato queste esibizioni si sono svolte in diverse serate e hanno offerto occasioni di incontri sociali. Fino agli anni Sessanta del secolo scorso, la sopravvivenza dell’Opera dei pupi era garantita da un efficace meccanismo di trasmissione orale. Gli allievi assistevano quotidianamente alla preparazione ed alla messa in scena degli spettacoli realizzata dagli opranti, depositari di un prezioso patrimonio tradizionale: un meccanismo che è andato in crisi con il venir meno della ciclicità e serialità degli spettacoli conseguita al mutato contesto di fruizione.