D'amor sull'ali rosee - Claudia Muzio (1920)

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belcantopera

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10 жыл бұрын

Il Trovatore (Verdi)
D'amor sull'ali rosee
Claudia Muzio
Edison (Diamond Disc) - Mtx 7610
New York, 06-12-1920
Claudia Muzio's Edison recordings represent not only the best operatic recordings released by that company, but also Muzio's power and ability to project her personal intensity through the difficult acoustic recording process. She was aided at Edison by chief recordist Walter Miller's exceptionally good engineering and accompaniments directed by Edison's gifted staff conductor Cesare Sodero.
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"D'amor sull'ali rosee...the veritable apotheosis of bel canto with its demands for vocal beauty, agility and range", in fact, notes Charles Osborne. And, as a melodist, Julian Budden demonstrates this example which shows Verdi as "the equal of Bellini".
Il Trovatore. Act 4: The Punishment. Scene 1: Before the dungeon keep. Manrico has failed to free Azucena and has been imprisoned himself. Leonora attempts to free him (Aria: D'amor sull'ali rosee / "On the rosy wings of love"; Chorus & Duet: Miserere / "Lord, thy mercy on this soul") by begging di Luna for mercy and offers herself in place of her lover...
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Claudia Muzio (1889-1936), grandissimo punto di riferimento per qualsiasi soprano, Callas compresa, che si lamentava di non saper leggere la lettera di Violetta nell'ultimo atto come lei (cosa tra l'altro verissima). Aveva preceduto Maria Callas, anche se con una voce più morbida e meno aggressiva, tuttavia fu anche interprete delle due Leonore (Trovatore e Forza del Destino), di Aida, Tosca, Turandot, Santuzza, della Sonnambula e di Norma.
Donna affascinante come la propria voce, interprete unica, fraseggiatrice geniale, tale da rendere perfetto o almeno credibile tutto quello che cantava, persino le canzoni patriottarde...
Dopo un inizio con Rigoletto, la Muzio passò subito al repertorio lirico e lirico spinto. Se poteva le note dal do5 in poi le evitava (vedi "D'amor sull'ali rosee"). La Muzio poi, laddove non arriva con il suo strumento arriva con la spontanea ricercatezza ed fantasia del suo emozionante fraseggio.
Alla resa dei conti "d'amor sull'ali rosee" ha conosciuto esecuzioni ben più fluide e facili in zona acuta della Muzio, ma nessuna Leonora è misurata e disperata al tempo stesso come la divina Claudia.
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D'amor sull'ali rosee - Ester Mazzoleni (1909): • D'amor sull'ali rosee ...
D'amor sull'ali rosee - Luisa Tetrazzini (1913): • D'amor sull'ali rosee ...
D'amor sull'ali rosee - Rosa Raisa (1918): • D'amor sull'ali rosee ...
D'amor sull'ali rosee - Claudia Muzio (1920): • D'amor sull'ali rosee ...
D'amor sull'ali rosee - Maria Callas (Napoli 1951): • D'amor sull'ali rosee ...
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Пікірлер: 26
@mnverrone
@mnverrone Жыл бұрын
Elegante, Musa, Reina.
@bodiloto
@bodiloto 5 жыл бұрын
una Attrice Meravigliosa . immortale .
@adrianoariani2259
@adrianoariani2259 8 жыл бұрын
Grande importanza costituiscono gli Edison incisi tra il 1920 e il 1925. La cantante è vocalmente colta nel momento più propizio: il leggendario timbro acquisisce fragranza unica, la cantante dimostra anche d'essere in possesso d'un dignitoso canto d'agilità e di enorme suggestione è l'uso dei contrasti dinamici di cui la Muzio si serve, soprattutto per fini espressivi, nel repertorio melodrammatico. Non solo. La purezza del canto legato e l'assenza di quelle asperità vocali dovute principalmente allo stile verista, invece presenti nelle incisioni di cantante coeve tipo Bianca Scacciati Maria Carena e Gilda Dalla Rizza, fanno di lei una cantante romantica a tutti gli effetti. Il "d'amor sull'ali rosee", inciso prima per la Pathé nel 1918 poi per la Edison nel 1920, presenta una ricchezza di sfumature e di chiaroscuri in cui ogni suono pianissimo, pur essendo tale, risulta sempre vibrante e acceso, come vibrante e accesa era la sua anima.
@phyllisramsey9531
@phyllisramsey9531 6 жыл бұрын
My favorite Verdi soprano aria sung by an Angel--Claudia Muzio!
@romearomeo
@romearomeo 6 жыл бұрын
Divina
@giuseppegabriele4461
@giuseppegabriele4461 3 жыл бұрын
FU TANTE COSE MA RESTA E RESTERÀ PER SEMPRE UNA VOCE AMMALIANTE CAPACE DI TOCCARE IL CUORE
@adrianoariani2259
@adrianoariani2259 8 жыл бұрын
Debuttò nel 1910 Claudia Muzio, appena ventenne, nel momento in cui l'epoca verista del teatro lirico aveva già conosciuto gli spasimi e le tregende liriche d'una Carelli e d'una Burzio. Costoro avevano spiegato tutto lo sconquasso di cui era capace il canto di quella corrente stilistica che aveva fatto soprattutto proseliti tra i soprani e che, tuttavia, agli inizi degli anni '10 dello scorso secolo, ancora doveva protrarsi per almeno un ventennio. Non sarebbe propriamente lecito però accostare cronologicamente la figura artistica di Claudia Muzio a quelle di Emma Carelli e Euguenia Burzio, entrambe nate rispettivamente dodici e sette anni prima. Attorno al 1914, allorché la celebrità di Claudia Muzio inizia a toccare i confini oceanici, sia la Carelli che la Burzio intraprendevano la fase declinante della loro carriera. Un tratto tragico della vicenda umana di ciascuna, però, accumuna fatalmente Claudia Muzio a Emma Carelli e Eugenia Burzio: la morte prematura. La Carelli e la Burzio avevano avuto una vita tormentata da affetti e sentimenti e malgrado la grande celebrità e i favolosi guadagni, forse mai trovarono la pace interiore. Emma Carelli aveva preconizzato fatalmente la sua fine, "con questa macchina un giorno mi schianterò", come poi avvenne puntualmente a Montefiascone nel 1928. La morte di Eugenia Burzio, altra "disperata del verismo", fu avvolta da mistero che mai ne celò la vera natura: era malata di nefrite ma, tra le cause addotte per la prematura morte, per lei, ci fu anche quella del suicidio indotto da sonniferi. La mattina del 24 maggio 1936 a Roma splendeva il sole, ma in un lussuoso albergo della città la Divina Claudia, così come la chiamava il suo pubblico prediletto di Buenos Aires, cessava di vivere a soli quarantasette anni, preda del cuore matto e dei sonniferi anche lei. Beffardo destino quello delle "disperate del verismo". Ma Claudia Muzio in realtà non era una di quelle disperate. Aveva una voce dolce, tenue e delicata, come delicata era la sua piccola figura. La sua voce aveva dei limiti in volume ed estensione, ma la personalità timbrica era soggiogante. Non vantava la straordinaria risonanza della voce di Eugenia Burzio, aveva però penetrazione. In natura non era un soprano di forza bensì un lirico e, come terreno d'elezione, il canto patetico e tragico. Canto tragico nuovo, però, in controtendenza. Lauri-Volpi così definì il suo canto: "la cui dolcezza ancor dentro mi suona". Alle angosce e ai tormenti declamati ad alta voce, come richiesto dallo stile verista, ella preferiva il canto "piano", la differenza chiaroscurale che le screziature del timbro conferivano al testo musicale e, laddove i soprani della stessa epoca amavano declamare, la Divina Claudia eseguiva sommessamente, nel piano, con canto alato, cosciente che il dolore interiore "urla" più eloquentemente nel piano che nel forte (analoga lezione si ebbe molti anni dopo, in Italia, soprattutto nel melodramma, con la giovane Callas). Claudia Muzio non era un soprano drammatico nel pieno senso vocale e temperamentale, la purezza del suo legato e il sapientissimo uso dei portamenti di voce però furono forti peculiarità che definirono l'aderenza stilistica di Claudia Muzio allo stile melodrammatico: sennonché sempre Lauri-Volpi, il tenore più "romantico" dello scorso secolo, la chiamò "divina" proprio in Norma (opera di retaggio addirittura neoclassico) e Trovatore. Sarebbe oggi difficile, se non impossibile, delinearne un profilo critico esaustivo scostando di torno i giudizi critici di chi ebbe la ventura d'udirla in teatro o di conoscerla personalmente. Personalità artistica eclettica e non esattamente ben definibile nell'ambito ristretto dei parametri imposti dalle categorie vocali, anche per la poliedricità del repertorio affrontato, la sua vita teatrale s'intrecciava indissolubilmente con quella privata. Gino Monaldi, critico e impresario perugino nato nel 1847 e autore del primo libro di profili sui cantanti lirici, dopo averla udita a Roma nel 1928 in Traviata, paragonò l'eclettismo artistico della Muzio addirittura a Isabella Galletti Gianoli, celebre "falcon" della seconda metà d'800: "recentemente quando la Muzio venne al Teatro dell'Opera di Roma, essa apparve quasi una novità [nel 1928, dopo un glorioso quindicennio di carriera e a trentanove anni d'età!], tanto che non si mancò di creare diffidenze sul suo conto. Ma la voce magnifica e l'arte grandissima di lei, fecero inmediatamente scomparire quelle ombre, ed essa potè impadronirsi di colpo del pubblico e trasportarlo all'entusiasmo. Dotata di figura superba, d'un volto bello ed espressivo, la Muzio con sicurezza di risultato concepire la linea del personaggio, quale ch'esso sia, e tradurlo sulla scena con rara e convincente espressione. Ed è così che ci fa ricordare senza pentimento, le famose cantanti del tempo andato, tanto per ciò che riguarda la bellezza dei mezzi vocali quanto per la nobiltà dello stile e la forza della passione. Da molto tempo, sino cioè alle ultime grandi interpreti di Norma, quali furono: là Galletti, la Fricci e la Urban, la presenza del capolavoro belliniano sulle scene erasi fatta rara e, allorché se ne dava qualche rappresentazione, questa era sempre affidata a cantanti che, sebbene distinte, erano belle lontane dal possedere quella somma di elementi artistici e vocali indispensabili a rendere degnamente il difficilissimo personaggio della passionale sacerdotessa d'Irminsul. Ebbene, ciò lo ha saputo fare mirabilmente Claudia Muzio. In alcune recite di Norma, da essa date ultimamente al Teatro dell'Opera di Roma, questa insigne cantante ha saputo superare la barriera vocale e drammatica che separa Norma dell'atto primo da quella dei due successivi, rimanendo sempre ferma e irreprensibile nella linea rigorosa del personaggio, tanto dal punto di vista drammatico quanto da quello vocale. Alla magnifica creazione di Norma, non rimangono inferiori quelle segnatamente di Violetta, Tosca e di Aida". Vocalmente il difficile personaggio di Norma, novanta anni dopo questo giudizio dell'ottantenne Monaldi del 1928, oggi è inquadrato in un ambito stilistico ben delineato anche mercè l'esecuzione storica dei soprani apparsi nel dopoguerra completi di due requisiti vocali fondamentali, in assenza dei quali il personaggio della sacerdotessa rimarrebbe non completo: l'estensione e l'agilità di forza. Sotto quest'aspetto, indubbia risulta essere la storicità della lezione impartita prima dalla Callas (a Mexico City nel 1950 e Londra nel 1952) poi da Joan Sutherland negli anni '60 del '900. Dotata d'un emissione morbida in tutti i registri e priva certo delle asperità e delle fastidiose gutturalità delle cantanti della sua epoca la Muzio, in virtù di tali fattori vocali, riaffidava a Norma lo stile e i moduli vocali che propriamente le spettavano e l'interprete, di natura meramente lirica, ne esaltava la tragicità con la continua alternanza di effetti dinamici: Bruno Barilli, al riguardo, parlò di lei come "mollezza imperiosa e elastica tragicità".
@adrianoariani2259
@adrianoariani2259 8 жыл бұрын
Era nata nel 1889 a Pavia. Il padre, nato nel 1848, direttore di scena del Covent Garden, la portò in un primo momento a Londra nel 1891, ove la bambina s'avviò allo studio dell'arpa, poi a New York e Chicago, città nella quale il genitore lavorava sempre come direttore di scena. In Italia s'avviò allo studio del canto con alcuni maestri, il più celebre dei quali fu Annetta Casaloni, nel 1851 prima Maddalena in Rigoletto. Il debutto avvenne il 15 gennaio 1910 nella Manon di Massenet, ruolo che ne delineò pienamente le caratteristiche vocali e interpretative. Poco dopo, a Messina, nel Rigoletto incontrò la prima volta il giovane Schipa, anch'egli poco più che debuttante. Le arrise subito grande successo. Il 6 maggio 1914 tentò la prima piazza importante internazionale: debuttò nella Manon pucciniana al Covent Garden, ove era stata preceduta da Bianca Stagno Bellincioni. Le critiche riferirono d'una "voce di considerevole ricchezza" che lasciava a desiderare però in "spontaneità" e "charme". Fa riflettere il "voce di considerevole ricchezza", specie se paragonata alle incisioni dell'epoca, non in poche delle quali il canto risuona assai sbiadito. Il 16 maggio successivo, sempre al Covent Garden, apparve con Enrico Caruso, ma la presenza del divo non ne occultò l'interpretazione: il London Time, tra i più importanti giornali della città, così intitolava la rappresentazione: "New Tosca at Covent Garden. Miss Claudia Muzio's singing con "chiarezza di dizione e sobrietà dello stile". "Particolarmente efficace" nelle scene con Caruso al primo atto. Un altro critico del Musical Times, dopo Manon Lescaut e Tosca, definì la Muzio come "una delle maggiori artiste del Covent Garden", rimarcando la forza dell'eccezionalità dell'attrice. Ancora nel 1914, il 1º giugno, si produsse in Otello, sempre al Covent Garden, accanto a Paul Franz, dopo che Nellie Melba aveva cantato pochi giorni prima il ruolo di Desdemona. La Muzio fu definita come "fortunata scoperta". Il 26 giugno successivo prese parte ad un glorioso Mefistofele con cast stellare: Adamo Didur, Rosa Raisa (Elena) e John McCormack, il quale, fu protagonista d'un aneddoto. Nel 1909 si recò a Napoli, al San Carlo, ove vide una fanciulla con occhi marroni che parlava un eccellente inglese. Durante la serata il padre della ragazza, assistente di scena del San Carlo, confidò al tenore che la figlia un giorno sarebbe diventata una grande cantante. Passò un lustro e McCormack rivide quella fanciulla al Covent Garden come sua Margherita nel Mefistofele, ora bella donna e stupenda cantante: si trattava di Claudia Muzio. Ormai era da annoverare tra le celebrità. Nel settembre 1915, al Dal Verme, affiancò Caruso con Toscanini nei Pagliacci, ultima volta in cui il grande partenopeo cantò in Italia. Nel 1916 iniziò per lei la non lunghissima era del Metropolitan di New York, subentrando temporaneamente a Lucrezia Bori ammalata e soprano di cartello di quel teatro, tuttavia non spodestandone l'autorità. Il 4 dicembre del 1916 la Muzio debutta al Met in Tosca con colossi come Enrico Caruso e Antonio Scotti, e così il New York Time scrisse di lei: "la sua azione era composta, animata, intelligente e raffinata. Era sempre pronta a sacrificare la voce per soddisfare l'intenzione drammatica del momento. La sua voce è fresca e di piacevole qualità". Da ciò si evince l'importanza accordata alla recitazione dei cantanti, non solo alla vocalità. Sempre nella stessa stagione si cimentò con gli ardui ruoli di Leonora nel Trovatore e Aida, di cui Giovanni Martinelli fu il suo primo Radamès: "brillante Aida" stando al Telegraph, cantata con "esaltante ispirazione" e, addirittura, "il più importante soprano dall'avvento di Lucrezia Bori". In realtà con Lucrezia Bori condivideva, oltre parte dello stile, anche affinità timbriche. Più cristallina e chiara la voce della Bori, più sensuale e languida quella della Muzio, ma anche più penetrante. Nel 1918 partecipò alla storica prima americana del Tabarro. Di fatto, però, il rientro al Metropolitan di Lucrezia Bori nel 1921 combaciò pure con l'ultima stagione newyorkese cui partecipò Claudia Muzio. Nel 1919 iniziò a peregrinare con il repertorio più disparato nei paesi dell'America Latina i cui pubblici, da lei fortemente suggestionati, la idolatravano come una dea. Intanto, a metà degli anni '20 aveva conosciuto Giacomo Lauri-Volpi con cui aveva partecipato a Beunos Aires, nel 1926, alla prima sudamericana di Turandot (la Muzio nel ruolo del titolo) esattamente due mesi dopo la prima della Scala con Fleta e la Raisa: la sua voce, pur non essendo di poderoso volume e priva di risonanza abnorme, riusciva comunque a farsi udire e creando, così, una suggestiva e personalissima interpretazione della principessa "di gelo", fatta tutta di contrasti tra il piano e il forte. Tra lei e il lanuvino iniziò una simpatia, oltre che artistica, soprattutto umana e amorosa. Pare s'innamorarono entrambi perdutamente l'uno dell'altra ma il matrimonio di Lauri-Volpi, contratto col soprano Maria Ros nel 1922, funse da deterrente insuperabile per qualsiasi realizzazione materiale. Si parlò d'amore "platonico" come suole dirsi in gergo: pare però che la gelosa moglie del tenore, venutane a conoscenza, iniziò a portarsi dietro una pistola! Proprio a Buenos Aires il pubblico, che l'amava alla follia, iniziò a chiamarla "la Divina" e l'appunto "a Claudia Muzio, l'unica" su di una busta scritto dal mezzosoprano Gabriella Besanzoni e alla Muzio indirizzato, poco dopo si tramutò nell'epiteto più diffuso per indicarla al pubblico di tutto il mondo. Nel 1925, durante il leggendario settennato di Toscanini, era tornata alla Scala per prendere parte a produzioni memorabili conseguendo nuovamente strepitoso successi: Trovatore, con Aureliano Pertile e Benvenuto Franci, Traviata diretta da Toscanini e Andrea Chénier con Pertile e Mariano Stabile. Intorno la fine degli anni '20 iniziò ad abusare di sonniferi, che ebbero però la capacità di ridurle le forze fisiche. A Roma, nel 1934, portò in scena in prima assoluta la mesta figura di Cecilia, composta per lei da Licinio Refice e eseguita subito dopo nel suo amato Colòn di Buenos Aires. Ma proprio all'Italia dovette una delle più grandi delusioni della sua carriera. Nel 1935, dopo alcune rappresentazioni di Norma sempre all'Opera di Roma, più d'un critico sottolineò l'abuso di "pianissimi" sostanzialmente estraneo allo stile tragico e che malcelava l'affievolimento dei mezzi vocali: si vide così sottratta la parte di Adriana Lecouvreur in precedenza programmata.
@adrianoariani2259
@adrianoariani2259 8 жыл бұрын
Di grande rilievo il lascito discografico. Iniziò ad incidere sostanzialmente poco più che debuttante, nel 1911, e terminò l'attività fonografica con i leggendari e sofferti Columbia del 1934-35, un anno prima di morire. Ad onta del fatto che la documentazione discografica sia priva della parte visiva, Claudia Muzio, maggior "cantante attrice" che l'Italia abbia prodotto dopo Rosina Storchio, riesce a persuadere l'ascoltatore con convinzione, a seconda del periodo d'incisione, anche senza la parte scenica per la quale le arrise successo planetario. I dischi Pathé, incisi tra il 1917 e il 1918 con tecnica precaria e rudimentale, sono quasi tutti pressoché deludenti ancorché numerosi e la voce dell'artista, ora più ora meno, suona lontana, togliendo all'ascoltatore qualsivoglia sensazione di ampiezza del timbro, di cui certo non era priva. Grande importanza invece costituiscono gli Edison incisi tra il 1920 e il 1925. La cantante è vocalmente colta nel momento più propizio: il leggendario timbro acquisisce fragranza unica, la cantante dimostra anche d'essere in possesso d'un dignitoso canto d'agilità e di enorme suggestione è l'uso dei contrasti dinamici di cui la Muzio si serve, soprattutto per fini espressivi, nel repertorio melodrammatico. Non solo. La purezza del canto legato e l'assenza di quelle asperità vocali dovute principalmente allo stile verista, invece presenti nelle incisioni di cantante coeve tipo Bianca Scacciati Maria Carena e Gilda Dalla Rizza, fanno di lei una cantante romantica a tutti gli effetti. Il "d'amor sull'ali rosee", inciso prima per la Pathé nel 1918 poi per la Edison nel 1920, presenta una ricchezza di sfumature e di chiaroscuri in cui ogni suono pianissimo, pur essendo tale, risulta sempre vibrante e acceso, come vibrante e accesa era la sua anima. Il blocco delle incisoni Columbia del 1934-35 poi, suo testamento sonoro, mette in luce un'interprete dotata di approfondimento psicologico innato. La voce, pur essendosi affievolita, nulla ha perso della sua dolcezza primiera e, anche se gli acuti dal La bemolle siano afflitti da suoni un poco calanti di intonazione, la stupefacente grandezza dell'interprete compensa in altra maniera qualsiasi difetto vocale. E così, il racconto di Santuzza, mai conobbe tanto tragico accoramento come pure l'"ah non credeva mirarti", tutto imperniato su di un alito di voce, avrebbe dovuto attendere la lezione della Callas del 1955 per essere avvicinato, e certo non superato, così come per l'"addio del passato". Nella vita privata donna fragile e vulnerabile, nella scena accolse pienamente l'epiteto de "la Duse del canto", così come la chiamavano i suoi fervidi ammiratori. Attratta da uomini più giovani, a Buenos Aires conobbe un giovane Aristotele Onassis, del quale s'innamorò. Nel 1929, quarantenne, sposò un uomo di sedici anni più giovane, tale Renato Liberati. Il 24 maggio 1936 terminava la sua tormentata esistenza terrena a soli quarantasette anni. L'amato padre era morto nel lontano 1917, la madre ancora in vita. Fu sepolta al cimitero del Verano, a Roma, con una lapide recante questo scritto: "La sua voce divina, le genti d'ogni remoto paese, ammaliò. Messaggera di grazia, di forza, di luce e d'arte". facebook.com/groups/grandivocidelpassato/permalink/560227484148651/
@TenorMironov
@TenorMironov 10 жыл бұрын
Bravisimo! Una voce dal cielo
@liedersanger1
@liedersanger1 4 жыл бұрын
No trill?
@santamariadelfiore3343
@santamariadelfiore3343 3 жыл бұрын
😍😍😍😍😍😍😍😍😍😍😍😍😍😍😍😍😍😍😍😍😍😍😍😍😍
@Shahrdad
@Shahrdad 2 жыл бұрын
Great singer, but how do you sing an aria riddled with trills when you can't sing a single trill?
@laprimmadonna2341
@laprimmadonna2341 2 жыл бұрын
Me pregunto lo mismo. Saludos cordiales.
@terrance7220
@terrance7220 Жыл бұрын
Because at that time coloratura is not in fashion, verismo and expressing real emotions is more in fashion. Did Verdi write any trills for Otello ? Isn’t that basic music history knowledge? Can you try not to sound like a McDonald’s take out worker trying to be bougie listening to opera under everyone who’s better than the ultimate tacky diva Maria Callas ?
@Shahrdad
@Shahrdad Жыл бұрын
@@terrance7220 Actually, yes. Verdi did in fact write trills in "Otello" for Iago to sing in “Inaffia l’ugola,” also known as the Drinking Song. And that’s very late Verdi (1887). Trovatore is still very much in the bel canto tradition, predating Otello by 34 years. Azucena alone has 20 trills to sing in Stride la Vampa. Fernando, Manrico, and the Count also have written trills, as does Leonora. As lovely as Muzio was, she didn’t have the technical arsenal to sing what Verdi wrote. If you listen to Karin Branzell sing Azucena’s entrance, (sung in German as Lodernde Flammen), you’ll hear what Verdi actually wrote.
@purisermonisamator
@purisermonisamator Жыл бұрын
@@terrance7220 It seems to me that you could be more polite to your interlocutor, more respectful to Callas and more qualified in judgments.
@patrickandrew2785
@patrickandrew2785 Жыл бұрын
No that is the question of the century?
@operaforever8545
@operaforever8545 2 жыл бұрын
ROSA RAISA
@plooh5316
@plooh5316 3 жыл бұрын
Oh dear, she ignored every trill the composer placed in this aria
@belcantopera
@belcantopera 3 жыл бұрын
This said, it is also true that trills are often "cheated" or altogether replaced, by great singers and even by pianists... However, I like the depth of her phrasing, and Muzio didn't lack the necessary broad sweep...
@williammaddox3339
@williammaddox3339 Жыл бұрын
Lovely performance but her trills are very weak which is common with a lot of Leonoras.
@maxcornise-qh2jk
@maxcornise-qh2jk 10 ай бұрын
Oh dear! The goddess didn’t have a trill. Caballé was much better!
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