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I mezzi di comunicazione di massa possono far perdere o vincere una guerra? La risposta a questa domanda è senz’altro sì e lo è ancora di più un’epoca come quella che stiamo vivendo nella quale la comunicazione si diffonde attraverso vie che i tradizionali centri di potere sembrano avere grande difficoltà a controllare. Costruire e amplificare visioni della realtà funzionali ai propri obiettivi è ormai parte integrante e decisiva dei conflitti. La vittoria sul campo si comincia ad ottenere insinuando il germe del dubbio nell’opinione pubblica dell’avversario o inducendola a credere a scenari irreali. Il più interessante caso di studio da questo punto di vista è senza dubbio quello del Viet Nam, la prima - tra virgolette - guerra televisiva della storia. Si può infatti tracciare un interessante parallelismo tra il potere allora incompreso della comunicazione televisiva, realizzata attraverso le immagini e i suoni, che in quegli anni stava prevalendo sulla comunicazione scritta e parlata di giornali e radio, e il potere di persuasione dei moderni media digitali.
Oggi ci occupiamo del potere di orientamento dell’opinione pubblica che i media sono in grado di esercitare, un potere che quando assume le forme della propaganda può anche riuscire a ridefinire la nostra percezione della realtà. Il caso del Vietnam è emblematico perché l’amministrazione americana si lasciò cogliere del tutto impreparata dall’affermarsi di uno strumento come la televisione la cui reale capacità di orientare il pensiero dell’opinione pubblica, le sfuggiva del tutto. Con la seconda guerra mondiale e con la guerra di Corea, il governo americano si era abituato ad una stampa che manteneva nei suoi confronti un atteggiamento molto collaborativo e che restituiva all’opinione pubblica una cronaca di quei conflitti sempre sostanzialmente in linea con la narrazione ufficiale. Per questo motivo, quando in Vietnam le cose si fanno serie, nessuno si preoccupa di limitare o controllare in qualche modo l’attività dei cronisti che godono anzi di una libertà pressoché assoluta. Quella del Vietnam diventa così la prima - e ovviamente anche l’ultima - guerra della storia nella quale ai giornalisti sarà consentito di muoversi liberamente sul fronte, raccontando ciò che vogliono. Nessun’altra nazione impegnata in un conflitto commetterà più lo stesso errore.
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