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Dalla stagione ormai lontana del teatro-immagine fino a oggi, il nucleo artistico formato da Federico Tiezzi (regista), Marion D’Amburgo (attrice) e Sandro Lombardi (attore), cioè il Carrozzone, poi Magazzini Criminali e ora semplicemente i Magazzini, non ha perso nulla della sua forza di provocazione e della sua incessante capacità di reinventarsi, in un itinerario straordinariamente ricco e articolato, aderente alla realtà del momento e insieme legato a una fedeltà di fondo.
Procedendo per sensibilità e anticipazioni, individuando affinità elettive e linee di fuga, tra parole d’ordine e gesti emblematici, affilando segni e immagini in performance da bruciare in un’unica occasione o in spettacoli rigorosamente formalizzati, D’Amburgo-Lombardi-Tiezzi hanno disegnato una possibile mappa del teatro di questa nostra fine-secolo. Una vorace successione di appropriazioni e sconfinamenti ha progressivamente messo a fuoco una serie di punti di riferimento, con un procedimento che coniuga l’immedesimazione e la mitizzazione, la citazione per frammenti e il contagio emotivo.
Artaud, le arti visive dal concettuale alla body art, da Beuys a Duchamp, la musica dai minimalisti a Brian Eno, passando per i concerti rock tenuti direttamente dai Magazzini criminali, la new dance e il teatrodanza, Copeau e Gordon Craig, la metropoli e l’avventura, la moda e la pornografia, Kerouac e Burroughs, Pasolini e il teatro di poesia, Genet e Beckett, Welles e Fassbinder, finiscono così per comporsi in una medita ma coerente costellazione. Perché questa mobilità, questo vorace nomadismo mentale sono sorretti e insieme misurati da una ossessione analitica, dalla puntigliosa riflessione sul senso e il funzionamento dell’evento scenico, dalla formalizzazione di rigorose grammatiche teatrali che ogni spettacolo costruisce e consuma.
Da questa assoluta radicalità, concretizzata in una serie di azzeramenti e svolte emblematiche e anticipatrici, nasce la capacità di porsi come punto di riferimento sempre mobile. E la spinta a bruciare periodicamente tutti i residui, per avvicinarsi sempre più, da direzioni diverse, al senso profondo e segreto della propria ricerca.
La compagnia ha anche realizzato un disco (1980, Italian records, Tix 003, Bologna) con lo stesso titolo da cui questo "brano" è tratto.