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Giorni di tensione nel Consorzio di tutela dei vini dell’Oltrepò dove, ormai da settimane, si rincorrono le voci sul crescente malcontento di una parte delle aziende, in procinto di abbandonare il consiglio di amministrazione: un modo per chiedere ascolto con un segnale forte senza tuttavia decretare una crisi così profonda da poter risultare fatale all’ente di promozione e tutela che, di fatto, si fonda sui contributi delle aziende agricole in base al meccanismo dell’”erga omnes”. Le aziende in questione sono infatti “pesanti”, ovvero una parte rilevante di quelle appartenenti alla categoria degli imbottigliatori, in pratica - per i non addetti ai lavori - si tratta degli “industriali” del vino oltrepadano, che, pur rappresentando un terzo del consiglio di amministrazione, con 7 membri (così come le altre due categorie degli agricoltori e dei vinificatori) hanno numeri ed economie di scala di molto più elevati: il loro ad Non è la prima volta che tra le varie categorie dei produttori ci sono scintille, visti i diversi interessi, a volte contrapposti, in gioco nella filiera del vino, dal frutto, alla lavorazione fino al marketing e alla distribuzione. Secondo i bene informati tuttavia, dopo l’ultimo rinnovo del consiglio, la scorsa primavera, le frizioni si sarebbero fatte sempre più frequenti fino all’epilogo delle scorse ore: 5 consiglieri su 7 hanno presentato le proprie dimissioni: tra di loro il vicepresidente Renato Guarini, Federico Defilippi, Pierpaolo Vanzini, Valeria Vercesi e Quirico Decordi. Cosa succederà ora? Presto per dirlo. Se da una parte il vuoto in consiglio potrà essere colmato con nuovi ingressi, dall’altra qualcuno ha letto le dimissioni come un ultimatum alla presidente Francesca Seralvo che suona più o meno così: o si cambia musica o ce ne andiamo proprio dal Consorzio, e questo sì, che sarebbe un problema.