Nel Castello di Spessa, alle origini della viticoltura friuliana

CAPRIVA DEL FRIULI - Con un nucleo originario risalente al 1200, una storia che si intreccia con quella dell'Italia e dell'Europa, un bunker del 1939 oggi diventato speciale luogo per lunghi affinamenti, il Castello di Spessa a Capriva del Friuli (Gorizia) è un po' il custode della viticoltura friuliana.
È in questo luogo speciale, tra le basse colline tra i fiumi Isonzo a est, Judrio a ovest e il confine con la Slovenia a nord che danno vita ai pregiati vini del Collio, che solo qualche anno fa un ricercatore francese ha scoperto come già alla fine del 1700 una classificazione del territorio aveva selezionato aree e paesi, sia nell’area italiana che in quella slovena, indicando, sul modello francese, dal primo fino al settimo cru.
Come ha raccontato a Virtù Quotidiane Paolo Della Rovere, da decenni a servizio dell'azienda agricola Castello di Spessa, negli anni Ottanta il castello è stato acquistato da Loretto Pali, industriale del legno che ha riconvertito l'intera tenuta in lussuosa struttura di accoglienza con hotel, ristoranti, spa e campo da golf.
"Pali con pazienza ha portato a termine un sapiente intervento di ristutturazione", dice Della Rovere, "i venti ettari che circondano il castello sono stati completamente rivisti per ottenere delle uve che potessero darci dei vini di grande qualità. Oggi abbiamo circa 30 ettari vitati e una produzione di 100mila bottiglie, tra cui i cinque bianchi di riferimento - Ribolla gialla, Friuliano, Pinot bianco, Pinot grigio e Sauvignon - e attraverso le etichette abbiamo voluto ricordare la storia di questo maniero per cui ad ogni prodotto abbiamo associato il nome di una famiglia nobile che ne è stata proprietaria".
Visitare il castello significa immergersi nella storia della viticoltura friuliana, del Collio in particolare, e un po' dell'Italia e dell'Europa: da queste parti la produzione del vino era affermata già in epoca romana. La viticoltura moderna ha inizio nella seconda metà dell’800 quando si inizia via via a sperimentare dimostrando grande propensione alla ricerca e all’innovazione, a partire dalla sostituzione di alcuni vitigni locali considerati di scarsa qualità con pregiate varietà di uve francesi e tedesche.
Il caratteristico suolo in cui si alternano marna e arenaria, la cosiddetta ponka, rappresenta la caratteristica più importante e identitaria che conferisce ai vini la tipica impronta di mineralità e salinità. Ma c’è chi dice che anche la bora faccia la sua parte: Della Rovere racconta ad esempio come lo scorso anno il forte vento che spira da queste parti fu provvidenziale per la qualità delle uve, asciugandole rapidamente dopo alcuni giorni di pioggia incessante che aveva fatto stare i produttori col fiato sospeso.
Il castello, più volte passato di mano nel corso dei secoli e durante la seconda guerra mondiale abbandonato in fretta e furia dai proprietari dell'epoca di nazionalità ebrea, custodisce anche un bunker a quindici metri di profondità con temperatura costante e umidità controllata: "Fu costruito dagli italiani ma poi completamente utilizzato dai tedeschi - ricorda Della Rovere - che occuparono il castello dal 1941 al 1943. Per le sue caratteristiche lo abbiamo visto come ideale per l'affinamento delle nostre annate storiche. Il ritrovamento del bunker si è rivelata una ricchezza per l'azienda".